«Libero Pensatore» (sempre)

La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 2 agosto 2019, n. 5501 (estensore Urso) delinea la procedura della “finanza di progetto” (ex artt. 180 ss. del D.Lgs. n. 50/2016)[1] e la posizione “privilegiata” del promotore rispetto ai partecipanti alla gara, in relazione ad una procedura governata dal D.Lgs. n. 163/2006 (ex art. 153, procedura a gara unica).

I fatti nella loro essenzialità:

  • un Comune con delibera di Giunta Comunale approvava uno studio di fattibilità per l’intervento di ampliamento del cimitero comunale, inserito nel Programma triennale delle opere pubbliche[2], con successivo bando indiceva corrispondente procedura di project financing finalizzata a individuare il soggetto promotore[3] e affidare in concessione i lavori e la gestione del complesso cimiteriale, inclusi i connessi servizi;
  • l’aggiudicatario “provvisorio” veniva nominato promotore del project, poi individuato anche come aggiudicatario definitivo;
  • il secondo classificato proponeva ricorso all’aggiudicazione definitiva, accolto a suo favore, donde l’appello dell’aggiudicatario (promotore).

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Il promotore del project financing (partenariato pubblico privato)

Il promotore del project financing (partenariato pubblico privato)

La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 2 agosto 2019, n. 5501 (estensore Urso) delinea la procedura della “finanza di progetto” (ex artt. 180 ss. del D.Lgs. n. 50/2016)[1] e la posizione “privilegiata” del promotore rispetto ai partecipanti alla gara, in relazione ad una procedura governata dal D.Lgs. n. 163/2006 (ex art. 153, procedura a gara unica).

I fatti nella loro essenzialità:

  • un Comune con delibera di Giunta Comunale approvava uno studio di fattibilità per l’intervento di ampliamento del cimitero comunale, inserito nel Programma triennale delle opere pubbliche[2], con successivo bando indiceva corrispondente procedura di project financing finalizzata a individuare il soggetto promotore[3] e affidare in concessione i lavori e la gestione del complesso cimiteriale, inclusi i connessi servizi;
  • l’aggiudicatario “provvisorio” veniva nominato promotore del project, poi individuato anche come aggiudicatario definitivo;
  • il secondo classificato proponeva ricorso all’aggiudicazione definitiva, accolto a suo favore, donde l’appello dell’aggiudicatario (promotore).

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La prima sez. Pescara del T.A.R. Abruzzo, con la sentenza 22 luglio 2019 n. 193, legittima l’accesso ai messaggi di posta elettronica scambiati dai commissari di un concorso pubblico, ritenendo pienamente legittima l’ostensione delle comunicazioni quando sono riferite all’attività istruttoria della predisposizione delle domande d’esame, a fronte di un diniego tacito sull’istanza di accesso agli atti del procedimento amministrativo.

La ricorrente richiedeva l’accesso integrale ai «messaggi di posta elettronica circolati tra i membri della Commissione» in determinati giorni e di una «e – mail menzionata a pagina 26, terz’ultimo capoverso, del Verbale» di concorso.

L’Amministrazione resistente, pur riconoscendo i diritti di partecipazione (alias accesso) stabiliti dalla Legge n. 241/1990, nega il possesso della cit. documentazione, rilevando che «le e – mail reclamate sono intercorse esclusivamente tra i membri della Commissione i quali hanno fatto uso di computer privati né le mail in parola sono pervenute o acquisite dall’Ateneo agli atti della procedura».

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Diritto di accesso alle conversazioni e – mail tra commissari d’esame

Diritto di accesso alle conversazioni e – mail tra commissari d’esame

La prima sez. Pescara del T.A.R. Abruzzo, con la sentenza 22 luglio 2019 n. 193, legittima l’accesso ai messaggi di posta elettronica scambiati dai commissari di un concorso pubblico, ritenendo pienamente legittima l’ostensione delle comunicazioni quando sono riferite all’attività istruttoria della predisposizione delle domande d’esame, a fronte di un diniego tacito sull’istanza di accesso agli atti del procedimento amministrativo.

La ricorrente richiedeva l’accesso integrale ai «messaggi di posta elettronica circolati tra i membri della Commissione» in determinati giorni e di una «e – mail menzionata a pagina 26, terz’ultimo capoverso, del Verbale» di concorso.

L’Amministrazione resistente, pur riconoscendo i diritti di partecipazione (alias accesso) stabiliti dalla Legge n. 241/1990, nega il possesso della cit. documentazione, rilevando che «le e – mail reclamate sono intercorse esclusivamente tra i membri della Commissione i quali hanno fatto uso di computer privati né le mail in parola sono pervenute o acquisite dall’Ateneo agli atti della procedura».

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La quinta sez. del Cons. Stato, con la sentenza n. 4068 del 17 giugno 2019, interviene per confermare che gli standard ad uso pubblico non possono essere sottratti dalla loro destinazione a uso collettivo, salvo l’ipotesi che tali aree risultano in eccedenza rispetto ai minimi previsti dalla legge (D.M. n. 1444 del 1968) e si provveda con una rigorosa valutazione da parte dell’Amministrazione (e non del privato) in un corretto bilanciamento di interessi pubblici (anche di natura economica) e di legittime aspettative dei terzi, sempre e comunque rispettando il corretto assetto del territorio (qualità della vita).

La vicenda complessa nella sua essenzialità prevedeva (all’interno di una convenzione urbanistica per la realizzazione di un comparto produttivo) la cessione di una determinata area a titolo di standard sulla quale l’Amministrazione ha realizzato un magazzino comunale (quale standard di qualità aggiuntivo connesso alla esecuzione di altra e diversa convenzione di lottizzazione, piano attuativo).

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Alienazione dello standard ad uso pubblico

Alienazione dello standard ad uso pubblico

La quinta sez. del Cons. Stato, con la sentenza n. 4068 del 17 giugno 2019, interviene per confermare che gli standard ad uso pubblico non possono essere sottratti dalla loro destinazione a uso collettivo, salvo l’ipotesi che tali aree risultano in eccedenza rispetto ai minimi previsti dalla legge (D.M. n. 1444 del 1968) e si provveda con una rigorosa valutazione da parte dell’Amministrazione (e non del privato) in un corretto bilanciamento di interessi pubblici (anche di natura economica) e di legittime aspettative dei terzi, sempre e comunque rispettando il corretto assetto del territorio (qualità della vita).

La vicenda complessa nella sua essenzialità prevedeva (all’interno di una convenzione urbanistica per la realizzazione di un comparto produttivo) la cessione di una determinata area a titolo di standard sulla quale l’Amministrazione ha realizzato un magazzino comunale (quale standard di qualità aggiuntivo connesso alla esecuzione di altra e diversa convenzione di lottizzazione, piano attuativo).

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La sez. quarta del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3819 del 6 giugno 2019, interviene sul potere sindacale di ordinare la pulizia e disinfestazione di alcune aree urbane.

Il soggetto destinatario dell’ordinanza, gestore e concessionario di un canale demaniale (c.d. Consorzio di bonifica), impugna l’atto sindacale con il quale si intima «la pulizia, la disinfezione e la disinfestazione delle cunette laterali e del solaio sovrastante tale canale, nonché la rimozione dei tubi di attingimento delle acque ivi installati abusivamente da ignoti», censurando il merito che non sarebbe riferito alla tutela della sicurezza idraulica, quanto all’abbandono incontrollato dei rifiuti, senza tralasciare che l’area interessata non è di proprietà, né sulla stessa vi è una qualche titolarità di diritti reali o custodia.

Inoltre, l’ordinanza comunale sarebbe erroneamente emessa nel perseguimento degli obiettivi di tutela sanitaria riconducibili ai poteri regolati dall’art. 50, comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL).

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Ordinanza ingiunzione di pulire e disinfestare i canali demaniali

Ordinanza ingiunzione di pulire e disinfestare i canali demaniali

La sez. quarta del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3819 del 6 giugno 2019, interviene sul potere sindacale di ordinare la pulizia e disinfestazione di alcune aree urbane.

Il soggetto destinatario dell’ordinanza, gestore e concessionario di un canale demaniale (c.d. Consorzio di bonifica), impugna l’atto sindacale con il quale si intima «la pulizia, la disinfezione e la disinfestazione delle cunette laterali e del solaio sovrastante tale canale, nonché la rimozione dei tubi di attingimento delle acque ivi installati abusivamente da ignoti», censurando il merito che non sarebbe riferito alla tutela della sicurezza idraulica, quanto all’abbandono incontrollato dei rifiuti, senza tralasciare che l’area interessata non è di proprietà, né sulla stessa vi è una qualche titolarità di diritti reali o custodia.

Inoltre, l’ordinanza comunale sarebbe erroneamente emessa nel perseguimento degli obiettivi di tutela sanitaria riconducibili ai poteri regolati dall’art. 50, comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL).

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La seconda sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 22 luglio 2019 n. 5150 (estensore Manzione), interviene per definire la legittimità di un’ordinanza sindacale, ex artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (c.d. TUEL), di sgombero di un immobile occupato, pur in presenza di una situazione di pericolo già presente da tempo.

Le novità emerse dalla sentenza incidono significativamente sul potere di ordinanza, espressamente previsto dalla legge, quale forma straordinaria di intervento extra ordinem finalizzato a salvaguardare interessi primari dei singoli o della collettività a fronte di situazioni di urgente necessità ma anche a fronte di situazioni consolidate (come nel caso di specie) qualora si accerti che gli strumenti ordinari posti dall’ordinamento risultino insufficienti[1], e vi sia la contestuale esigenza di rispristinare lo stato di sicurezza urbana (rectius pericolo segnalato dal Comando VV.FF.), nelle sue late accezioni.

Il fatto nella sua essenzialità verte sull’efficacia di un’ordinanza sindacale con la quale veniva ingiunto al proprietario di un immobile il mancato utilizzo, anche tramite cessione a terzi, con contestuale intimazione al rilascio da parte degli attuali occupanti onde non metterne a repentaglio la loro incolumità (il provvedimento di rilascio del bene era stato già emesso negli anni, con lo scopo di eliminare il pericolo statico esistente mediante l’esecuzione di lavori di ristrutturazione e/o di restauro).

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Riedizione del potere di ordinanza sindacale di sgombero di immobile occupato

Riedizione del potere di ordinanza sindacale di sgombero di immobile occupato

La seconda sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 22 luglio 2019 n. 5150 (estensore Manzione), interviene per definire la legittimità di un’ordinanza sindacale, ex artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (c.d. TUEL), di sgombero di un immobile occupato, pur in presenza di una situazione di pericolo già presente da tempo.

Le novità emerse dalla sentenza incidono significativamente sul potere di ordinanza, espressamente previsto dalla legge, quale forma straordinaria di intervento extra ordinem finalizzato a salvaguardare interessi primari dei singoli o della collettività a fronte di situazioni di urgente necessità ma anche a fronte di situazioni consolidate (come nel caso di specie) qualora si accerti che gli strumenti ordinari posti dall’ordinamento risultino insufficienti[1], e vi sia la contestuale esigenza di rispristinare lo stato di sicurezza urbana (rectius pericolo segnalato dal Comando VV.FF.), nelle sue late accezioni.

Il fatto nella sua essenzialità verte sull’efficacia di un’ordinanza sindacale con la quale veniva ingiunto al proprietario di un immobile il mancato utilizzo, anche tramite cessione a terzi, con contestuale intimazione al rilascio da parte degli attuali occupanti onde non metterne a repentaglio la loro incolumità (il provvedimento di rilascio del bene era stato già emesso negli anni, con lo scopo di eliminare il pericolo statico esistente mediante l’esecuzione di lavori di ristrutturazione e/o di restauro).

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È noto che le attività promozionali, anche culturali e musicali, vanno assegnate con una procedura concorsuale, nei limiti delle procedure sotto soglia, ex art. 36, comma 2, lettera a) e successive lettere previa consultazione del D.Lgs. n. 50/2016, rilevando (al di là della possibilità di affidamenti diretti) che la consultazione di più operatori economici costituisce una regola di “buona amministrazione” (c.d. best practice), poiché oltre ad evitare arbitrarietà dell’affidamento (sia pure contemperato dalla rotazione) permette un confronto tra più proposte/soluzioni e prezzi, in funzione di un principio di economicità, ex art. 1 della Legge n. 241/1990.

Già la terza sezione Lecce del T.A.R. Puglia, con la sentenza 6 dicembre 2018, n. 1834, affermò la piena legittimità di un affidamento diretto a seguito di una manifestazione di interesse (avviso pubblico), indetta da un’Amministrazione locale per individuare un soggetto organizzatore di eventi estivi, indicando la bontà della decisione a seguito di un’effettiva – reale fase di pubblicità (alias concorrenza e principio del favor partecipationis).

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Eventi o manifestazioni culturali, museali, musicali, estive e concorrenza

Eventi o manifestazioni culturali, museali, musicali, estive e concorrenza

È noto che le attività promozionali, anche culturali e musicali, vanno assegnate con una procedura concorsuale, nei limiti delle procedure sotto soglia, ex art. 36, comma 2, lettera a) e successive lettere previa consultazione del D.Lgs. n. 50/2016, rilevando (al di là della possibilità di affidamenti diretti) che la consultazione di più operatori economici costituisce una regola di “buona amministrazione” (c.d. best practice), poiché oltre ad evitare arbitrarietà dell’affidamento (sia pure contemperato dalla rotazione) permette un confronto tra più proposte/soluzioni e prezzi, in funzione di un principio di economicità, ex art. 1 della Legge n. 241/1990.

Già la terza sezione Lecce del T.A.R. Puglia, con la sentenza 6 dicembre 2018, n. 1834, affermò la piena legittimità di un affidamento diretto a seguito di una manifestazione di interesse (avviso pubblico), indetta da un’Amministrazione locale per individuare un soggetto organizzatore di eventi estivi, indicando la bontà della decisione a seguito di un’effettiva – reale fase di pubblicità (alias concorrenza e principio del favor partecipationis).

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