La sez. controllo Veneto della Corte dei Conti, con la deliberazione n. 322 del 7 novembre 2019, interviene per definire nel dettaglio le modalità operative per la celebrazione dei matrimoni, al di fuori della sede comunale (presso ristoranti o ville), attraverso il modello degli accordi, ex art. 43, comma 4, della Legge n. 449/1997 (c.d. finanziaria 1998).
L’art. 43 della Legge n. 449 del 1997 ammette la possibilità per le P.A., al fine di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, di stipulare «contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione» con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile, dirette al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata, con un conseguente risparmio di spesa rispetto agli stanziamenti disposti.
È previsto, altresì, al terzo comma del cit. art. 43, la facoltà di stipulare «convenzioni con soggetti pubblici o privati» dirette a fornire, a titolo oneroso, consulenze o servizi aggiuntivi rispetto a quelli ordinari, prevedendo che il 50 per cento dei ricavi netti, dedotti tutti i costi, ivi comprese le spese di personale, conseguiti dall’Amministrazione erogante il “servizio aggiuntivo” costituisca economia di bilancio.
Il comma quarto dispone che l’Amministrazione mediante una norma regolamentare possa individuare «le prestazioni, non rientranti tra i servizi pubblici essenziali o non espletate a garanzia di diritti fondamentali, per le quali richiedere un contributo da parte dell’utente, e l’ammontare del contributo richiesto»; in questo caso, gli introiti possono, in misura non superiore al 30 per cento, incrementare le risorse relative «all’incentivazione della produttività del personale e della retribuzione di risultato dei dirigenti assegnati ai centri di responsabilità che hanno effettuato la prestazione».
Il quinto comma dell’art. 43 prevede che i titolari dei centri di responsabilità amministrativa definiscano obiettivi di risparmi di gestione da conseguire in ciascun esercizio, da destinare ad economie, per incentivare la produttività del personale e della retribuzione di risultato dei dirigenti.
Il contenuto della disposizione è richiamato anche dall’art. 119 del D.Lgs. n. 267/2000 che, in adesione all’art. 43 della Legge 27 dicembre 1997, n. 449, le province e gli altri Enti locali possono stipulare «contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione» con soggetti pubblici o privati, riversando una quota delle economie da destinare al trattamento economico accessorio (con le limitazioni al processo di omogeneizzazione dei trattamenti retributivi dei dipendenti pubblici).
I «contratti di sponsorizzazione» e «gli accordi di collaborazione» sono strumenti negoziali sempre più usati per raccogliere risorse aggiuntive per la Pubblica Amministrazione, e per rendere effettiva la partecipazione del privato nella gestione della res pubblica, secondo il principio comunitario della sussidiarietà orizzontale e in piena aderenza agli scopi indicati dal Testo Unico degli Enti Locali secondo i quali “i Comuni e le Province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.
Per altri versi, tali istituti giuridici (atipici e onerosi) sono considerati sistemi alternativi per reperire risorse aggiuntive da inserire tra le entrate del bilancio corrente, quasi ad essere considerate come fonti di finanza derivata, necessarie per migliorare il raggiungimento dei risultati perché portano a realizzare maggiori economie di gestione e, quindi, risparmi effettivi sulla spesa preventivata e sul disavanzo pubblico, oltre ad aumentare la destinazione delle risorse per la produttività del personale dipendente.
Fatte queste premesse normative, si chiarisce che mediante «convenzioni e contributi» si possa svolgere attività o servizi aggiuntive che non rientrino tra i compiti istituzionali dell’Ente (servizi aggiuntivi), tipologie che vanno definite in sede regolamentare con definizione di tariffe e ricadute, in termini remunerativi, sulle prestazioni dei dipendenti incaricati ai servizi richiesti dal cittadino utente.
La strategicità dell’art. 43 della Legge n. 449/1997 permette l’acquisizione di “nuove” risorse finanziarie da destinare all’incentivazione del personale, senza gravare in alcun modo a carico dei bilanci degli enti.
Si tratta, annota la Corte, dell’unica disciplina che consente questo, innegabile, vantaggioso risultato, sfruttando il “mercato” al pari di una azienda privata perché:
- non sussistono limiti quantitativi all’entità delle risorse, nel senso che queste potrebbero assumere anche valori molto elevati, in relazione al numero e alla qualità delle iniziative;
- l’acquisizione delle risorse non è episodica e aleatoria, ma può avere anche carattere di ripetitività nel tempo, nella misura in cui anche le iniziative degli enti risultino ripetitive e standardizzate;
- consente alla Pubblica Amministrazione di risparmiare elevate quote del proprio bilancio, da destinare per ulteriori sostegni rivolti ad altre iniziative istituzionali.
Dopo queste premesse di contesto, si statuisce che la celebrazione dei matrimoni in luoghi e orari non abituali può essere ricondotta nella fattispecie di cui all’art. 43, comma 4 della Legge n. 449/1997, non essendo l’Ente obbligato a svolgere i matrimoni in luoghi differenti dalla casa comunale in orari diversi da quelli di servizio dei dipendenti, con entrate aggiuntive per le casse comunali.
Quando alla derogabilità dei limiti di cui all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017 vengono richiamati i seguenti orientamenti:
- un primo, che prevedeva la non derogabilità dell’art. 9, comma 2 bis, del D.L. n. 78/2010 (corrispondente all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017) per le spese di «sponsorizzazione»;
- la Corte Conti, Sez. Riunite, deliberazione n. 51/2011, ritenne che la disposizione di cui al citato art. 9, comma. 2 bis, fosse disposizione di stretta interpretazione, con esclusione di deroghe o esclusioni, con conseguenti limiti alla “crescita” dei fondi della contrattazione integrativa destinati alla generalità dei dipendenti dell’ente pubblico;
- le somme (tra cui le spese di sponsorizzazione, come richiamate dall’art. 15, co. 1, lett. k) del CCNL del 1’ aprile 1999) non rientranti la remunerazione di prestazioni professionali, quali incentivi alla progettazione e compensi per avvocati interni rientrano nel limite di cui all’art. 9, comma 2 bis, e devono essere computate ai fini della determinazione del tetto di spesa posto al fondo per la contrattazione integrativa;
- la Ragioneria Generale dello Stato, al contrario, ha fatto rientrare tra gli istituti esclusi dall’art. 9, comma 2 bis, del D.L. n. 78/2010 «gli incarichi aggiuntivi effettuati dal personale in regime del c.d. conto terzi esplicitato dalla circolare n. 12/2011, incarichi da intendersi come commissionati e remunerati dall’esterno dell’amministrazione», da far rientrare sia le risorse trasferite all’Amministrazione per gli incarichi nominativamente affidati a specifici dipendenti, sia i proventi per le nuove convenzioni per la quota conferita al fondo, ai sensi dell’art. 43, comma 3, della Legge n. 449/1997.
Su questo ultimo profilo, meno restrittivo, si allinea la Sezione della Corte dei conti per il Veneto, in linea con quanto deliberato dalle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte e, poi dalla Sezione delle Autonomie, «ritiene applicabile tale principio a tutte le fattispecie di cui all’art. 43 ove gli emolumenti, tuttavia, trovino copertura finanziaria in trasferimenti operati da soggetti privati in esecuzione di specifico contratto che permetta alle amministrazioni di conseguire un’entrata aggiuntiva rispetto a quelle ordinariamente spettanti».
I riferimenti sono riassunti:
- Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei conti, con la deliberazione n. 7/2011/CONTR, hanno ritenuto di escludere dalla sottoposizione al limite finanziario posto ai «contratti di consulenza» (avente fonte nell’art. 6, comma 7, del D.L. n. 78 del 2010) le spese coperte da «finanziamenti aggiuntivi e specifici da parte di soggetti pubblici e privati»;
- Sezione delle Autonomie, con la deliberazione n. 21/2014/QMIG, che ha escluso dal limite di finanza pubblica posto alla spesa complessiva per il personale degli Enti locali (avente fonte nell’art. 1, commi 557 e seguenti, della Legge n. 296 del 2006) le spese interamente gravanti su trasferimenti di soggetti privati;
- Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 26/2014/QMIG, che nello specifico caso dei tetti posti al salario accessorio, ammette la possibilità del superamento nel caso in cui le risorse affluiscano ai fondi per la contrattazione integrativa solo in modo figurativo, in quanto etero-finanziate e, pertanto, senza che impattino effettivamente sul bilancio dell’ente locale;
- Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 20/2017/QMIG che ha escluso dai limiti le attività finanziate dai trasferimenti dell’Unione Europea o da soggetti privati o ottenuti dalle Amministrazioni a seguito di processi di razionalizzazione;
- Sezione delle Autonomie, con la deliberazione n. 23/2017/QMIG, oltre i limiti quantitativi previsti dalla normativa in materia di trattamento accessorio per lo svolgimento di funzioni delegate e spesate da AGCOM.
La conclusione ammissibile, per la sez. controllo Veneto della Corte dei Conti, con la deliberazione n. 322 del 7 novembre 2019, è della possibilità di superare i limiti, di cui all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017, per la celebrazione di matrimoni in luoghi e in orari non usueti quando siamo in presenza:
- di un regolamento del servizio;
- della determinazione delle tariffe per l’utenza;
- della presenza di una convenzione con i soggetti interessati;
- della determinazione dei compensi accessori per le prestazioni effettivamente rese dal dipendente;
- degli stanziamenti a bilancio finanziati dai privati;
- dalla verifica della capienza a preventivo e consuntivo, con mantenimento dell’originario vincolo di destinazione.
Si potrà, quindi, con deliberazione di giunta comunale da trasmettere al Prefetto[1], istituire uno o più separati uffici di stato civile, presso ville o ristoranti, invocando lo strumento convenzionale, definendo i compensi per gli operatori comunali che renderanno possibili le celebrazioni matrimoniali, avendo cura di disciplinare in via regolamentare il servizio, tutto ad invarianza di spesa.
Riflessioni fuori tempo:
In una prospettiva di dematerializzazione e di spinta digitalizzazione (vedi SPID), quando tutto sarà on line (virtuale), tali limitazioni saranno un ricordo, si potrà fare a meno anche dell’ufficiale di stato civile e del personale dipendente (sostituito da avatar), tutto sarà intimamente connesso e registrato virtualmente da un click (a costo zero), l’iride e l’impronta risulteranno un patrimonio già nella disponibilità della P.A., ed allora come possiamo ancora affrontare tali tematiche con discipline normative che non rispondono più alle necessità della modernità (?).
Abbiamo sempre più bisogno di norme per affrontare l’evidenza, compilazione di questionari e domande su piattaforme informatiche (home banking), richieste pressanti di nuove pass word, investimenti massicci sulla sicurezza e sulla tutela dei dati, complicando le cose semplici: sarebbe più sensato semplificare e ridurre tutti gli adempimenti senza bisogno di regimentare ogni attività, ma la produzione normativa e linee guida delle autority potranno sopravvivere? (to be continued).
[1] M.I. Circ. 10/2014, Celebrazione del matrimonio civile presso siti diversi dalla casa comunale.