Il pronunciamento
La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 2 settembre 2019 n. 6043, interviene per annullare un provvedimento di acquisizione gratuita al demanio marittimo di un chiosco – bar nell’errata convinzione dell’avvenuta scadenza della concessione, in realtà oggetto di richiesta di rinnovo (previsto nell’atto originario se presentato prima della scadenza, con effetti che si avrà modo di analizzare).
Le fonti di legge
In via di premessa, è noto che le concessioni demaniali marittime sono concessioni amministrative aventi ad oggetto l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni facenti parte del demanio necessario dello Stato (ex art. 822, comma 1, c.c.) e il rilascio delle stesse è disciplinato dal Codice della Navigazione che, all’art. 37, prevede che nel caso di più domande di concessione sia preferito (cd. diritto di insistenza)[1] il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico e, a tal fine, l’art. 18 del Regolamento di esecuzione al Codice della Navigazione prevede un iter procedimentale finalizzato alla pubblicazione delle istanze di rilascio di concessione[2].
È noto, altresì, che le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative hanno come oggetto un bene/servizio “limitato” nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali, rilevando che la spiaggia è un bene pubblico demaniale (ex art. 822 cc) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritto a favore di terzi (ex art. 823 c.c.), sicché proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione (e oggetto di proroga ex lege).
Alla scadenza del periodo concessionato, l’art. 49 «Devoluzione delle opere non amovibili» del Codice della navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327) prevede salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, «le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato. In quest’ultimo caso, l’amministrazione, ove il concessionario non esegua l’ordine di demolizione, può provvedervi d’ufficio».
La norma si rifà al generale principio dell’accessione, di cui all’art. 934 cod. civ. «Opere fatte sopra o sotto il suolo», derogando tuttavia il successivo art. 936 cod. civ. che riconosce il diritto all’indennizzo per il costruttore in caso di ritenzione delle opere da parte del proprietario), e va interpretato nel senso che tale accessione si verifica – ipso iure – al termine del periodo di concessione, derogando rispetto alla norma citata soltanto nella misura in cui sancisce un’inversione della regola secondo la quale la demolizione debba avvenire a richiesta dell’Amministrazione, prevedendo, invece, in via principale l’obbligo di demolizione delle opere da parte del privato, salva possibilità di richiesta di esonero all’Amministrazione, senza che tale inversione possa legittimamente spiegare influenza sulla ratio della norma, che resta quella di non riconoscere al privato, al termine della concessione (e salva l’ipotesi che questa venga rinnovata), alcun diritto sulle opere insistenti sul suolo demaniale[3].
Il rinnovo tacito
Va aggiunto che nella concessione non dovrebbe operare il rinnovo tacito, visto che nei contratti pubblici (come negli accordi, ex art. 11 della Legge n. 241/1990) la volontà di obbligarsi della P.A. deve sempre essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto “ad substantiam”, risultando quindi irrilevante “un mero comportamento concludente anche se protrattosi per anni”[4].
La competenza al rilascio
Inoltre, la disciplina concernente il rilascio di concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale sia regionale[5], rilevando che:
- le competenze amministrative inerenti al rilascio delle concessioni in uso di beni del demanio marittimo sono state conferite alle Regioni in virtù di quanto previsto dall’art. 105, comma 2, lettera l), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59);
- le funzioni relative sono esercitate, di regola, dai Comuni in forza dell’art. 42 del D.Lgs. 30 marzo 1999, n 96, rispetto ai quali le Regioni mantengono poteri di indirizzo (ex comma 6 dell’art. 11 della Legge 15 novembre 2011, n. 217).
I principi applicabili alle concessioni
Da ultimo, nel caso in cui sia disponibile un tratto di costa da adibire a spiaggia attrezzata, il Comune sarebbe obbligato, sulla scorta dei principi di derivazione comunitaria a tutela della concorrenza (imparzialità, trasparenza, parità di trattamento), a far precedere l’assegnazione della concessione da una procedura competitiva, non ostandovi l’art. 36 Cod. nav. in tema di “diritto di insistenza”, giacché anche tale norma va interpretata e applicata alla stregua dei principi enunciati non potendosi ritenere che il precedente concessionario alla luce dei principi comunitari (come poi vedremo) possa vantare alcun tipo di aspettativa alla conferma della concessione in essere[6].
Il tutto renderebbe indifferente (poiché non cogente con il sistema ordinamentale nazionale e comunitario) la presenza nell’atto concessorio del rinnovo automatico a seguito della richiesta prima della scadenza, con la sua disapplicazione (ovvero, nei termini sopra indicati).
I motivi dell’appello
Dopo questo breve inquadramento, il ricorrente impugnava il pronunciamento di prime cure ai fini della sua riforma e accertare l’insussistenza dei presupposti per l’incameramento al demanio marittimo statale della inamovibilità (“opera di difficile rimozione”, fatto questo contestato e privo di riscontro tecnico, con conseguente travisamento dei fatti) del manufatto (ad uso commerciale) in muratura adibito a chiosco – bar, poiché sussisteva una richiesta di rinnovo prima della scadenza (in ogni caso, con proroga ex lege sino al 2020)[7], con conseguente difetto di istruttoria, carenza partecipativa, manifesta ingiustizia, con allegazione documentale (si contestava, altresì, un verbale unilaterale di accertamento delle opere, anche questo privo contradditorio, lesivo dei diritti partecipativi e di fatto di espressione di un autoritativo discrezionale).
La decisione
Il giudice di secondo grado, dopo aver analizzato la documentazione annota che la concessione originaria «prevedrebbe espressamente il rinnovo a seguito di apposita istanza presentata prima della scadenza, adempimento rispettato dal ricorrente con la domanda di rinnovo presentata… e mai rigettata».
Ciò posto, la sez. VI del Consiglio di Stato, si pronuncia sulla fondatezza del ricorso e annota in motivazione:
- il principio dell’accessione gratuita, fortemente penalizzante per il diritto dei superficiari e per gli investimenti, dovrebbe ritenersi riferita all’effettiva cessazione e non alla mera scadenza del rapporto concessorio;
- solo al termine di durata della concessione si può dire avverata la condizione prevista dalla norma, in relazione all’esigenza di assicurare che le opere “non amovibili”, destinate a restare sul territorio o ad essere rimosse con inevitabile distruzione, siano nella piena disponibilità dell’Ente proprietario dell’area, ai fini di una sua corretta gestione per prevalenti finalità di interesse pubblico;
- in mancanza dell’avverarsi del termine (caso di specie) tale rimedio acquisitivo non risulta ancora attuale atteso che il titolo concessorio, anziché andare in scadenza o essere anzitempo revocato per l’utilizzo improprio dell’area, «sia al contrario rinnovato in modo automatico e senza soluzione di continuità rispetto alla data naturale di scadenza della concessione»[8].
Le considerazioni che precedono portano alla conclusione che, in assenza della scadenza del titolo concessorio, non sia possibile assumere compiuto il principio dell’accessione gratuita, proprio in relazione alla circostanza fattuale (e documentata) che la concessione «è stato oggetto di rinnovo automatico prima della data di naturale scadenza della concessione, tanto da configurare il rinnovo stesso, al di là del “nomen iuris”, come una piena proroga dell’originario rapporto e senza soluzione di continuità»[9].
La sentenza termina con l’accoglimento dell’appello censurando:
- l’interpretazione delle previsioni del Codice della navigazione, in costanza del termine di durata della concessione;
- della disciplina generale del procedimento amministrativo, di cui alla Legge n. 241/1990 (con l’annullamento anche dell’impugnato verbale), per la carenza istruttoria e la violazione delle regole di partecipazione al procedimento, ex 7 ss della cit. legge.
La sentenza entra nel merito di una tematica di forte impatto economico e di rilevanza sociale, visto che le spiagge date in concessione risultano assegnate da tempo, e si procede, sulla spinta di contrapposti interessi, con rinnovi automatici (o ex lege) in evidente violazione dei principi comunitari di concorrenza e apertura al mercato[10].
Le concessioni di beni demaniali
Al riguardo, è appena il caso di richiamare il più che consolidato orientamento secondo cui anche le concessioni di beni pubblici devono restare assoggettate all’applicabilità dei principi desumibili dal diritto europeo primario e, segnatamente, ai generali principi di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità – principi, questi, che rinvengono nell’obbligo di indizione di procedure trasparenti e competitive il loro primo corollario[11].
Mentre, per quanto riguarda il caso specifico, ovvero l’attribuzione in concessione di aree del demanio marittimo si è osservato che l’indifferenza manifestata dall’ordinamento eurounitario rispetto al nomen della fattispecie, e, quindi, alla sua riqualificazione interna in termini pubblicistici o privatistici, fa sì che la sottoposizione ai principi di evidenza trovi il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato; così da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione[12].
D’altra parte, la giurisprudenza della Corte Cost. ha più volte sottolineato che i criteri e le modalità di affidamento delle concessioni – su beni del demanio marittimo – devono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale, anche se non sono mancati tentativi da parte delle Regioni di disciplinare le proroghe mediante una riforma dell’intero comparto[13].
Le (ri)riforme che avanzano[14]
Il quadro delineato, al di là del caso assunto, porta una qualche riflessione (di “Stato di diritto”) che impone scelte definitive (o quasi) sulle sorti delle concessioni demaniali marittime (gli stabilimenti balneari o le spiagge), e anche di quelle autostradali (si potrebbe arguire, e altro ancora)[15]: “ce lo chiede l’Europa”[16].
In effetti, assistiamo da tempo al rinvio delle scadenze (normative, imposte dall’Unione Europea), i rinnovi dei rinnovi (o reiterate proroghe), le stabilizzazioni dei precari o dei dirigenti (senza concorso), con la produzione abnorme di norme e di codici dei contratti pubblici (per assegnazioni trasparenti e con gara, risultando limitati gli affidamenti diretti, compensati dalla rotazione), con il trattamento imposto in modo sproporzionato dei dati biometrici (impronte digitali e scanner oculare): il tutto in un constante sedime di semplificazione e di (ri)riforme, per un responsabile “nuovo umanesimo”, a costo zero (la c.d. invarianza della spesa pubblica, ex art. 81 e 97 Cost.).
[1] In ogni caso, vi deve essere un’idonea pubblicizzazione della procedura relativa al rinnovo, all’effettiva equipollenza delle condizioni offerte dal precedente concessionario rispetto agli altri aspiranti ed alla necessità di depurare la procedura dai fattori di vantaggio derivanti in capo al precedente concessionario dalla pregressa titolarità della concessione o di altro rapporto concessorio funzionalmente collegato al primo, Cons. Stato, sez. VI, 1 luglio 2008, n. 3326.
[2] T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 28 luglio 2017, n. 1329.
[3] Cass. Civ., sez. I, 5 maggio 1998, n. 4504, idem, sez. III, 24 marzo 2004, n. 5842.
[4] T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 8 giugno 2017, n. 6764.
[5] Corte Cost., sentenza n. 157 del 2017.
[6] T.A.R. Toscana, sez. I, 9 giugno 2016, n. 987.
[7] Cfr. l’art. 34 duodecies del D.L. n. 179/2012 che ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali rilasciate anteriormente al 30 dicembre 2009, nonché l’art. 24, comma 3 septies del D.L. n. 113/2016.
[8] Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 626.
[9] Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 729. Si rinvia, ad un contributo di chi scrive, L’illegittimo affidamento diretto di un terreno demaniale, Giustamm.it, 2019, n. 8.
[10] Si dovrebbe procedere all’assegnazione mediante una procedura ad “evidenza pubblica”, non potendosi più applicare una proroga automatica alle concessioni già esistenti, sia in relazione all’art. 12 della Direttiva 2006/123/CF del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva BOLKESTEIN), che della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione Europea, Quinta Sezione, Sentenza 14 luglio 2016, nelle cause riunite C 458/14 e C 67/15, 1), ove si dichiara «L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati. L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo». Vedi, anche, Corte Cost., 8 maggio – 7 giugno 2018, n. 118.
[11] Cons. Stato, sez. VI, 6 novembre 2015, n. 5063; sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362 e 25 gennaio 2005, n. 168; sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7616.
[12] Cons. Stato, sez. VI, sentenza 362 del 2007.
[13] Corte Cost., sentenze n. 157 del 2017 e n. 40 del 2017.
[14] Nel senso di «entrare troppo innanzi», dalla voce «Vanzar», Dizionario del Dialetto veneziano, BOERIO, Venezia, 1856.
[15] Si rinvia, Le concessioni autostradali e modelli di sviluppo, mauriziolucca.com, agosto 2018.
[16] Un “invito manifesto” che racchiude più di quanto afferma, «per il disavanzo per ora sappiamo che tutti gli Stati dell’eurozona hanno condiviso l’analisi della Commissione e hanno invitato l’Italia a prendere le misure necessarie per mettersi in regola», MONTI, Le opportunità perdute dell’Italia in Europa, corriere.it, 15 giugno 2019. Cfr. AMARI – LEONE – MARRAFFA, Ce lo chiede l’Europa. Le parole giornalistiche per discutere di Fiscal compact, Roma, 2016.