La questione che si intende trattare concerne l’ostensibilità o meno dell’esposto/denuncia che viene inoltrato all’Amministrazione Comunale, da parte di cittadini sia in forma singola che associata, per verificare lo stato di conservazione di manufatti contenenti amianto (MCA).
Da copiosa e recente giurisprudenza anche di secondo grado, l’ostensibilità o meno di un esposto dipende dal tipo di attività che compete in capo all’ente interessato.
Per essere più chiari, i giudici amministrativi ritengono che se da un esposto trae origine un’attività amministrativa che si traduce, prima, in verifiche ispettive e poi in verbali di accertamento di illeciti amministrativi e successivamente in ordinanze, esso non può essere oggetto di accesso agli atti in quanto non sussiste il requisito della stretta connessione e del rapporto di strumentalità tra la c.d. denuncia scaturente dalla segnalazione e l’atto finale adottato dalla pubblica amministrazione (P.A.), ad es. un’ordinanza di demolizione o rimozione di manufatti.
In questi casi, il ruolo svolto dall’esposto è meramente sollecitatorio rispetto ad una funzione amministrativa già in capo alla P.A. e che la stessa deve comunque esercitare, indipendentemente da segnalazioni private, in attuazione del canone di buon andamento dell’attività amministrativa (ex art. 97 Cost.) e del dovere di vigilare.
Diversamente accade quando l’esposto contiene dichiarazioni diffamanti ed ingiuriose nei confronti di persone, associazioni ed altri soggetti giuridici a seguito del quale vengono attivati controlli che non rientrano nelle competenze attivabili ex ufficio dall’ente: in questo caso, colui che subisce un procedimento di controllo vanta un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l’esercizio del potere, e, quindi, anche gli esposti e le denunce che hanno attivato l’azione dell’autorità.
Con riferimento ai profili segnalati si comprende che l’accesso documentale collegato ad una verifica sul momento propulsivo dell’avvio del procedimento (su segnalazione), ossia sull’esigenza di comprendere se l’atto d’impulso provenga dall’interno della P.A. (c.d. d’ufficio) o dal suo esterno (mediante un esposto), incontra due distinte visioni di “trasparenza”: una finalizzata ad un accountability in grado di tracciare l’intero iter procedimentale (e il suo processo), senza oscurare alcun dato (sia esso interno o esterno), l’altra, più selettiva che individua l’aspetto sostanziale dell’attività che legittima l’accertamento o il controllo conseguente alla segnalazione.
La segnalazione, in questo secondo caso, assurge ad elemento fattuale esterno al procedimento, privilegiando gli effetti compositi presenti nella denuncia; denuncia che assume una portata autonoma distinta dalle attività che vengono successivamente svolte, risultando del tutto irrilevante conoscere la sua esistenza, al punto da considerare la segnalazione del privato un elemento che non entra nell’istruttoria, e per questo non soggetta ad alcuna forma di accesso.
In effetti, se l’attività posta in essere dalla segnalazione si limita ad evidenziare un fatto o una condotta illecita degna dell’attivazione di un procedimento amministrativo sanzionatorio, si comprende che, indipendentemente dalle modalità di conoscenza del fatto, la P.A. ha il dovere di agire a tutela dell’interesse pubblico qualora si presenta una situazione che viola le norme precettive e si pone in contrasto con i principi di legalità.
Risulta, in questa prospettiva, che l’esposto esaurisce il suo scopo di denuncia e ciò che prevale è l’attività di verifica operata dagli organi della P.A., non avendo alcuna funzione istruttoria né portando alcun elemento di interesse ulteriore la segnalazione pervenuta.
Allora, in questo habitat selettivo deve essere valutato il significato da dare all’esposto in termini di accessibilità documentale (sia ai sensi della Legge n. 241/1990, c.d. accesso documentale, che dell’art. 5 comma 2 del D.Lgs. n. 33/2013, c.d. accesso generalizzato), giacché per il destinatario dell’attività accertativa/ispettiva la conoscenza dell’autore (dato personale) dell’esposto è priva di lesività, ovvero non compone o aggiunge alcun apporto motivazionale, se non di interesse emulativo (mera curiosità): manca in verità il particolare contenuto probatorio capace di concorrere all’accertamento di fatti pregiudizievoli per il denunciato.
Se, quindi, la denuncia viene considerata ai soli effetti di un atto di mero impulso istruttorio, priva di ulteriori effetti, appare evidente che la sua conoscenza o ostensibilità non trova alcuna ragione d’essere, e si pone, invece l’attenzione all’esigenza di garantire la tutela del dato personale (nominativo) del soggetto che sottoscrive l’esposto.
In questa chiave di lettura, il trattamento dell’esposto (e del suo autore) deve trovare una giusta tutela, anche alla luce del Regolamento (UE) 2016/679 (“Regolamento generale sulla protezione dei dati”), capace di garantire la riservatezza del dato personale (il nome) rispetto ad un trattamento (illecito) connesso con la richiesta di accesso all’esposto (rischio di diffusione non autorizzata o priva del consenso al trattamento del dato personale).
Le considerazioni che precedono richiedono la massima cautela prima di consentire la diffusione del dato personale, ammettendo che il bilanciamento tra il diritto di accesso ai documenti amministrativi e la tutela dei terzi, i cui dati personali siano contenuti nella documentazione richiesta, possa essere garantita mediante la mascheratura del nominativo, assicurando le esigenze di tutela della riservatezza del firmatario dell’esposto nei confronti di un soggetto che ne chieda l’ostensione.
In modo similare, la Delibera ANAC n. 1309 del 28 dicembre 2016, sui limiti del diritto di accesso generalizzato, invita l’ente destinatario dell’istanza a valutare, prima di procedere con l’ostensione, se la conoscenza da parte di chiunque del dato personale richiesto arreca (o possa arrecare) un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali e ove sussista tale pregiudizio rigettare l’istanza, salvo l’accoglimento, «oscurando i dati personali eventualmente presenti e le altre informazioni che possono consentire l’identificazione, anche indiretta, del soggetto interessato».
L’Autorità di regolamentazione, ai fini della valutazione del pregiudizio, prende in considerazione le conseguenze legate alla sfera morale, relazionale e sociale che potrebbero derivare all’interessato (o ad altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo) dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato o del documento richiesto; l’autore dell’esposto potrebbe subire, da parte di terzi, atti di estromissione o discriminazione, oppure altri svantaggi personali e/o sociali, oppure essere esposto a minacce, intimidazioni, ritorsioni o turbative, citando testualmente in tale casistica gli “autori di segnalazioni ed esposti”.
Qualora, pertanto, vi sia l’effettiva necessità di tutelare la posizione di coloro che hanno sottoscritto l’esposto da eventuali azioni ritorsive, e in relazione al fatto di non minare gli aspetti collaborativi della segnalazione, si potrà omettere e/o oscurare i nomi dei denuncianti nell’ambito di un adeguato contemperamento degli opposti interessi per consentire al richiedente «la visione ed estrazione di copia di tutta la documentazione proveniente da fonte privata, con la sola omissione – operazione quest’ultima di cui l’amministrazione si farà carico con i mezzi più opportuni ed idonei – dell’indicazione dei nomi degli autori dell’esposto».
Sotto questo profilo sistematico e a riprova delle argomentazioni, deriva che non vi è alcuna esigenza di salvaguardare l’autore dell’esposto da discriminazioni o ritorsioni, dovendo espandersi pienamente il diritto all’integrale conoscenza dell’atto, al fine di poter compiutamente tutelare i propri interessi in sede giudiziaria, quando il richiedente abbia manifestato la disponibilità ad esercitare il diritto di accesso anche previo oscuramento dei nomi presenti.
A completamento, va annotato che l’eventuale richiesta di copia di denunce anonime volte a sollecitare il controllo ispettivo dell’Amministrazione, radica in capo all’istante un interesse giuridicamente rilevante e differenziato, non emulativo, nè riducibile a mera curiosità, ma collegato da uno specifico nesso con le esigenze di tutela e di esercizio del diritto di difesa.
Il rigore del quadro normativo e delle interpretazioni giurisprudenziali devono ricomporsi inevitabilmente alle esigenze pratiche di tutela della riservatezza, che sempre più viene meno in presenza di una massiccia proliferazione di dati on line e in ragione della dematerializzazione dei documenti e delle informazioni.
Gli esposti (e i loro autori) se rientranti nei limiti della pertinenza e della continenza, limitandosi a descrivere la verità dei fatti senza aggiungere oltre nella contenutezza del linguaggio, qualora fondati e non frutto di delazioni, calunnie o rivalse dovrebbe la P.A. mantenere riservata la fonte, essere considerati meri apporti istruttori in grado di attivare i poteri di controllo istituzionale, garantendo una tutela effettiva del whistleblower, senza che quest’ultimo subisca gli effetti dei fatti esposti (e gli esempi non mancano).
(estratto, LUCCA – ZANON, Brevi considerazioni sull’accessibilità agli esposti tra trasparenza e tutela dei dati, LexItalia, n. 4)