Il diritto di accesso in materia ambientale è facilitato rispetto alla disciplina generale al fine di assicurare, per la rilevanza della materia, la maggiore trasparenza possibile dei relativi dati, con un regime di pubblicità tendenzialmente integrale delle informazioni, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, con un ampliamento dei soggetti legittimati all’accesso, e sia per il profilo oggettivo, prevedendosi un’area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti dettati, in via generale, dagli artt. 22 e segg. della Legge n. 241 del 1990.
In effetti, la disciplina dell’articolo 3 “Accesso all’informazione ambientale su richiesta” del D.Lgs. n. 195/2005, “Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale”, postula che “l’autorità pubblica rende disponibile… l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”, segnando una volontà di estendere indiscriminatamente la possibilità di un “controllo sociale” sui dati ambientali presenti nei documenti posseduti dalle P.A., un “accesso civico” che non necessita di motivazione: rectius della dimostrazione dell’interesse qualificato.
È doveroso chiarire che i dati ambientali concernono esclusivamente lo stato dell’ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali etc.) ed i fattori che possono incidere sullo stato dell’ambiente (sostanze, energie, rumore, radiazioni, emissioni), sulla salute e sulla sicurezza umana, con l’esclusione di tutti i fatti ed i documenti che non abbiano un rilievo ambientale.
Invero, l’esigenza di acquisire dati di matrice ambientale incontra delle limitazione, contenute nell’art. 5 del cit. D.Lgs. n. 195, nei casi di richieste manifestamente irragionevoli avuto riguardo alle finalità di garantire il diritto d’accesso all’informazione ambientale (lett. b del primo comma), ovvero espresse in termini eccessivamente generici.
Orbene, sebbene l’accesso all’informazione ambientale possa essere esercitato da chiunque, senza la necessità di dimostrare uno specifico interesse (che è da considerare in re ipsa per ciascun essere umano o ente che lo rappresenti o ne sia emanazione, ai sensi dell’art. 3 comma 1, del cit. decreto legislativo), questo non significa che la richiesta di accesso non possa essere formulata in termini eccessivamente generici e debba essere specificamente formulata con riferimento ai fattori o alle misure di cui ai numeri 2 e 3 del citato articolo 2 del D.Lgs. n. 195/2005.
Ciò posto, la prima sezione del T.A.R. Calabria – Catanzaro, con la sentenza n. 1747 del 19 novembre 2015, è intervenuta sul diniego formulato da una P.A. di accedere agli atti di un procedimento di autorizzazione al taglio di 55 alberi di alto fusto (in zona protetta) nei pressi dello storico “Albergo delle Fate”, ricorso proposta da un Comitato territoriale.
Pare giusto rilevare, che l’interesse fatto valere dalle associazioni (in generale) deve essere specifico e non generico, ad esempio per “evitare spese inutili” alla P.A., questo perché tale genere di interesse non si identifica con quello proprio delle categorie rappresentate dall’associazione – che non subiscono alcun pregiudizio particolare e specifico – bensì quello ad evitare un danno alle finanze pubbliche e la lesione all’interesse di cui è portatrice la generalità dei cittadini – contribuenti la cui tutela è attribuita ad organo di rilevanza costituzionale (la Corte dei Conti) – oltre che agli organi di vigilanza sull’attività degli enti interessati.
Infatti, la pretesa titolarità (o la pretesa rappresentatività) di interessi collettivi o diffusi non vale a costituire un potere – comunque privato e perciò estraneo ai circuiti pubblici di rappresentatività e responsabilità – di ispezione generalizzata sulla pubblica amministrazione, fatte salve le precisazioni di cui al Decreto Legislativo n. 33/2013 (cfr. il diritto di “accesso civico”) dove è direttamente la fonte primaria che stabilisce obblighi doverosi di informazione – pubblicazione.
Precisamente, è necessario appurare un collegamento diretto tra il richiedente e il documento: la posizione legittimante l’accesso è costituita da una situazione giuridicamente rilevante, comprensiva anche degli interessi diffusi e dal collegamento tra questa posizione qualificata e la specifica documentazione della quale si chiede l’esibizione il diritto di accesso può esercitarsi da parte di associazioni e/o comitati portatori di interessi collettivi o diffusi, i quali devono rappresentare un’organizzazione funzionalizzata alla protezione degli interessi di una categoria di soggetti (non di una singola parte), ed inoltre devono dimostrare una struttura in grado di soddisfare esigenze generali postulate all’interno degli atti costitutivi, in grado di motivare le richieste perché legittimati alla cura di un interesse qualificato dell’intera stabile organizzazione, non sovrapponibile rispetto all’interesse dei singoli soggetti appartenenti a tale organizzazione.
Tutte queste considerazioni, tuttavia recedono in presenza di un accesso ai dati ambientali, dove la legittimazione non è collegata alla dimostrazione dell’interesse qualificato ma si esprime ex se dalla qualificazione del dato, ovvero dall’individuazione dell’informazione ambientale nei parametri individuati dalla norma di riferimento.
Trattandosi di accesso ad informazioni ambientali, la legittimazione è del tutto svincolata da motivazioni precise e dalla dimostrazione dell’interesse del singolo o dell’associazione, consentendo, l’informazione ambientale, a chiunque ne faccia richiesta, di accedere ad atti o provvedimenti che possano incidere sull’ambiente, quale bene giuridico protetto dall’ordinamento, con l’unico limite delle richieste “estremamente generiche”, posto che esse devono essere specificamente individuate con riferimento alle matrici ambientali, ovvero ai fattori o alle misure di cui all’art. 2 punto 3, del D.Lgs. n. 195/2005.
L’Amministrazione resistente si costituiva chiedendo di rigettare il ricorso per i seguenti motivi:
a. la ricorrente era priva di legittimazione attiva;
b. la ricorrente era priva di un interesse specifico all’accesso;
c. si trattava di un’istanza di accesso preordinata a un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni (ex art. 24, comma 3 della Legge n. 241/1990).
Il giudice di prime cure, inquadra l’àctio ad exhibèndum in un’informazione ambientale attinente allo stato degli elementi ambientali, richiamando espressamente il dettame del D.Lgs. n. 195/2005 che estende la conoscenza delle informazioni relative all’ambiente a chiunque ne faccia richiesta senza che questi debba dimostrare il proprio interesse.
In particolare, la norma precettiva (sentenzia il Tribunale) intende:
a. garantire il diritto alla conoscenza, con lo scopo di assicurare la più ampia “trasparenza” dell’informazione ambientale sotto le diverse entità qualitative (sistematicità dei dati) e quantitative (diffusione massiva e in formato aperto, ex art. 7 del D.Lgs. n. 33/2013);
b. rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta senza che questi debba dichiarare e dimostrare il proprio interesse.
(estratto, L’interesse nel diritto di accesso (in materia ambientale), note a margine della sentenza T.A.R. Calabria – Catanzaro, sez. I, 19 novembre 2015, n. 1747, LexItalia, 2015, n. 11