La sez. giurisdizionale Campania della Corte dei conti, con la sentenza 24 marzo 2023, n. 187, interviene per delineare le responsabilità del RUP sulla mancata riscossione degli oneri concessori (oneri di urbanizzazione e contributo di costruzione)[1] dovuti dai privati a seguito del rilascio di titoli edilizi, in considerazione del fatto che l’azione di recupero del predetto importo, comprensivo della sanzione, risultava preclusa in seguito al decorso del temine decennale di prescrizione (dell’azione di recupero)[2].
In effetti, la riscossione risulta un atto dovuto[3], privando il RUP (ossia, il soggetto investito della competenza) da un suo potere/facoltà di esenzione[4], risultando da una parte, una prestazione patrimoniale imposta, dall’altra parte, un obbligo di servizio, sia la quantificazione degli stessi che la verifica (controllo o monitoraggio) effettiva sui pagamenti effettuati dai soggetti obbligati[5], la cui omissione (mancato introito) è imputabile a titolo di responsabilità amministrativa: grave (colpa) negligenza.
È noto, infatti, il principio generale vigente nel nostro ordinamento è quello della onerosità del permesso di costruire, introdotto dall’art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, esso è stato successivamente trasfuso nell’art. 11, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, sicché le ipotesi di riduzione o di esonero sono da ritenere tassative e di stretta interpretazione, proprio in quanto derogatorie rispetto a tale regola generale[6].
Ne deriva il dovere di definire correttamente l’importo, dovendo, altresì, procedere in “autotutela”[7] quando la sua quantificazione risulti erronea con una nuova rideterminazione[8], costituendo l’esercizio di una legittima facoltà nell’ambito di un rapporto paritetico tra la Pubblica Amministrazione e il privato[9], in applicazione dei rigidi e prestabiliti parametri regolamentari e tabellari, donde – in funzione della natura cogente – è esclusa qualsivoglia discrezionalità applicativa[10].
In termini diversi, il pagamento, esclusa pacificamente la sua natura tributaria, non può che costituire l’oggetto di un ordinario rapporto obbligatorio, disciplinato dalle norme di diritto privato, come prescrive l’art. 1, comma 1 bis, della legge n. 241 del 1990, salvo che la legge disponga diversamente, con la correlata doverosità della rideterminazione quante volte il RUP si accorga che l’iniziale determinazione degli oneri di urbanizzazione sia dipesa da un’inesatta applicazione delle tabelle o anche da un semplice errore di calcolo, facendone una applicazione vincolata alla predeterminazione di coefficienti, che il privato deve conoscere e ben può verificare usando l’ordinaria diligenza (ex artt. 1175 e 1375 c.c.)[11].
Dal quadro probatorio, presentato dalla procura erariale (anche in esecuzione di un’ordinanza istruttoria), viene attestata la sussistenza della condotta antidoverosa, nonché il nesso causale tra la condotta omissiva e il danno corrispondente al mancato introito monetario sofferto dal Comune (la determinazione di importo inferiore a quello dovuto), essendosi nel frattempo il credito contributivo prescritto per decorso del termine decennale con l’avverarsi oggettivamente del danno erariale (obbligo di evitare l’evento: inutile decorso prescrizionale).
La diligenza minima
Viene affrontato, in questa valutazione dell’assenza di quel minimo di diligenza richiesta per il caso concreto (all’interno del periodo di servizio svolto, visto che l’incolpato risponde del suo operato limitatamente al periodo temporale per il quale egli ha male amministrato la cosa pubblica), il requisito soggettivo con riferimento:
- alla capacità tecnica di definire il calcolo degli oneri di urbanizzazione e di costruzione in relazione all’entità del carico urbanistico rispetto alla zona oggetto del rilascio del permesso di costruire;
- osservando che tale qualità (professionale) deve essere patrimonio dell’operatore di settore (quello tecnico), il quale ha l’obbligo d’ufficio di possederla come normale bagaglio di pratica ed esperienza operativa;
- mancando, altresì, il prudente apprezzamento del dovere d’agire (modus operandi) con il disinteressamento all’esito delle pratiche edilizie dopo il rilascio (verifica del pagamento del dovuto), nonché in occasione del passaggio di consegne con i successivi responsabili del settore tecnico, non avendo rappresentato agli stessi la problematica connessa al recupero (doveroso) dei predetti oneri (non versati nel quantum e nel quando).
In altra circostanza, la sez. giurisdizionale Puglia della Corte dei conti, con la sentenza 2 novembre 2018, n. 727, ha condannato per colpa grave il RUP (responsabile dell’ufficio tecnico, assegnatario di tutte le attività gestorie dell’area di competenza, compresa l’istruzione delle deliberazioni di Giunta e di Consiglio) in relazione al mancato aggiornamento dei valori connessi alla determinazione del costo di costruzione per il rilascio di permessi di costruire di fabbricati residenziali, trattandosi di tipico compito gestionale vincolato ed automatico.
Un obbligo di agire
Emerge, in questa ultima fattispecie, che il responsabile avrebbe dovuto definire gli aggiornamenti (un obbligo di servizio), ovvero, in ogni caso, qualora dovesse ritenersi che la competenza in ordine a tale adempimento attribuibile al Consiglio comunale[12], era parimenti demandata allo stesso l’iniziativa tesa a proporre all’Organo di governo dell’Ente comunale l’adozione dei provvedimenti necessari a far conseguire maggiori entrate a favore del Comune[13].
Il danno erariale superficialmente inteso come differenza tra quanto avrebbe dovuto essere incamerato, in esito ad una corretta commisurazione del dovuto, e quanto invece entrato nella disponibilità del Comune, assurge a componente della fattispecie della responsabilità amministrativa in presenza della concretezza e dell’attualità nei termini descritti (ossia, quando è venuta meno l’azione di recupero della pretesa creditoria poiché prescritta)[14].
Giova ribadire in funzione di una misura di buona amministrazione che il termine di prescrizione applicabile al credito vantato dal comune, a titolo di oneri di concessione, è quello decennale, ciò alla stregua del principio secondo cui l’art. 2948, n. 4, c.c., che prevede la prescrizione quinquennale per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, riferito alle obbligazioni periodiche e di durata, le quali sono caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo e che, pertanto, esclude la quinquennalità del termine prescrizionale in presenza della diversa ipotesi di un unico debito che semplicemente sia stato rateizzato in più versamenti, consentendo al responsabile del procedimento di eseguire un’attività di recupero, scongiurando l’esposizione ad una sua colpa (danno erariale)[15].
Quest’ultimo, inteso come effettiva e concreta deminutio del patrimonio dell’Amministrazione, che può materializzarsi tanto in un esborso quanto in una mancata entrata, purché assumano carattere di definitività[16]: «il danno erariale da mancata entrata si realizza al momento in cui viene a scadenza il termine decennale del diritto alla riscossione del contributo da parte dell’Ente locale ovvero, anche anteriormente, quando sia accertata l’inesigibilità del credito o l’impossibilità di riscossione”»[17].
L’insieme porta a ritenere che l’errata determinazione (o l’omesso aggiornamento) esige l’azione di recupero che incide, invero, solo per l’eventuale eliminazione delle conseguenze della condotta posta in essere dal soggetto tenuto a quantificare (rectius: il responsabile del procedimento, ovvero il titolare della competenza alla sottoscrizione del titolo) in misura esatta il dovuto, aspetto già lesivo delle finanze comunali.
Controversie sulla determinazione
Pare giusto riferire che in ipotesi di decadenza del titolo edilizio (o di parziale realizzazione)[18], ai fini della decorrenza dell’ordinario termine di prescrizione decennale relativo alla restituzione di somme pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, il dies a quo deve essere individuato nel momento in cui il diritto al rimborso può essere effettivamente esercitato dal privato, ossia nella data di scadenza del termine di decadenza[19].
Stesse considerazioni con riferimento al contributo di costruzione che, essendo strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di costruire, non è dovuto in caso di rinuncia o di mancato utilizzo del titolo edificatorio[20].
La conseguenza di tali azioni assunte dal privato impone alla Pubblica Amministrazione, anche ai sensi dell’art. 2033 o dell’art. 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione e, conseguentemente, il diritto del privato a pretenderne la restituzione venendo meno la causa dell’originaria obbligazione di dare, cosicché l’importo versato va restituito[21].
Unica eccezione ai principi sopra richiamati è costituita dall’ipotesi in cui la partecipazione agli oneri di urbanizzazione costituisce oggetto di un’obbligazione non già imposta ex lege, ma assunta con un accordo nell’ambito di un rapporto di natura pubblicistica correlato alla pianificazione territoriale[22].
La controversia sulla determinazione della spettanza e della liquidazione del contributo per gli oneri di urbanizzazione e costo di costruzione è riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm.[23]: essa ha ad oggetto l’accertamento di un rapporto di credito a prescindere dall’esistenza di atti della Pubblica Amministrazione e non è soggetta alle regole delle azioni impugnatorie – annullatorie degli atti amministrativi e ai rispettivi termini di decadenza[24].
(lentepubblica.it, 8 maggio 2023)
[1] Il comma 1, dell’art. 16, Contributo per il rilascio del permesso di costruire, del DPR n. 380/2001, prevede che «salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione»: trattasi di norma primaria rispetto a quella regolamentare comunale. Sono contributi compensativi dell’ulteriore carico urbanistico riversato sulla collettività e di compartecipazione all’incremento di valore della proprietà immobiliare, concetti di remota acquisizione legislativa risalente nel tempo alla legge n. 10/1977, ex artt. 1 e 3: una prestazione patrimoniale imposta ex lege (ma non tributaria) a titolo di compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione (sul piano eziologico il c.d. surplus), TAR Campania, Salerno, sez. II, 26 settembre 2022, n. 2459.
[2] Cons. Stato, sez. IV, 19 gennaio 2023, n. 659, soggiace, per ius receptum, all’ordinario termine di prescrizione decennale, ex art. 2946 cod. civ., decorrente dal suo fatto costitutivo, ossia dal rilascio del titolo edilizio, Cons. Stato, Ad. plen., n. 12/2018. Il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione coincidente con la formazione del titolo edilizio in sanatoria (in difetto, ovviamente, dell’antecedente rilascio del provvedimento espresso), in quanto solo da tale momento il diritto al contributo può essere fatto valere, Cons. Stato, sez. II, 6 marzo 2023, n. 2320 e sez. VI, 10 gennaio 2020, n. 252.
[3] Gli oneri si qualificano come entrate in conto capitale, rilevando che per la genericità del vincolo contabile, infatti, molti interventi normativi hanno consentito, negli anni, l’uso degli oneri di urbanizzazione per finanziare spesa corrente, Corte conti, sez. contr. Lombardia, deliberazione n. 38/2016/PAR, successivamente, segnatamente, con l’art. 1, comma 460, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, modificato dall’art. 1 bis, comma 1, del D.L. n. 148/2017, è stato disposto che, dal 1° gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali ad una serie di interventi: «dal 1° gennaio 2018 i proventi da oneri di urbanizzazione hanno cessato di essere entrate con destinazione generica a spese di investimento per divenire vincolate a tutti gli effetti. L’elenco di legge, del resto, riguarda destinazioni, anche a carattere corrente, limitate agli interventi di manutenzione ordinaria sulle opere di urbanizzazione primaria e secondaria», Corte conti, sez. contr. Lazio, 23 maggio 2022, n. 61.
[4] Va rammentato che l’esenzione può essere riferita ad un’opera di interesse generale realizzata da un privato per conto di un ente pubblico: l’esenzione spetta soltanto qualora, come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie, lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato, Cons. Stato, sentenza n. 595/2016. Altra ipotesi di esenzione attiene alle opere di urbanizzazione eseguite da privati in esecuzione di strumenti urbanistici, rilevando che l’opera non deve essere solo conforme al piano urbanistico ma è necessario che l’infrastruttura sia attuativa di una specifica previsione di piano, Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2016, n. 2011.
[5] L’Amministrazione comunale, allo scadere del termine originario di pagamento della rata, ha solo la facoltà di escutere immediatamente il fideiussore onde ottenere il soddisfacimento del suo credito; ma ove ciò non accada, conserva intatto il dovere/potere di sanzionare il ritardo nel pagamento con la maggiorazione del contributo a percentuali crescenti all’aumentare del ritardo, TAR Marche, Ancona, sez. I, 17 ottobre 2022, n. 595.
[6] Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2023, n. 3556 e 11 febbraio 2016, n. 595.
[7] Non siamo in presenza dell’esercizio dell’autotutela pubblicistica, quale potere di secondo grado che viene a incidere, secondo determinati presupposti e limiti, su un primigenio episodio di esercizio del potere autoritativo, che qui non sussiste ab origine, quanto di una attività che deve corrispondere a parametri prestabiliti, non osservando pedissequamente le regole procedimentali, Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2017, n. 2821 e 27 settembre 2017, n. 4515.
[8] Risolvendosi nella rideterminazione della somma effettivamente spettante per legge (o per contratto), in luogo di quella erroneamente corrisposta, onde, una volta affermata la doverosità della sua adozione, esso non può che partecipare della stessa natura paritetica dell’atto che va a rimuovere, concretandosi in null’altro che in un diverso accertamento dell’entità del debito retributivo della PA e del correlato credito, Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2004, n. 2203.
[9] La PA può rideterminare il quantum sia in bonam che in malam partem per il privato senza incorrere in alcuna decadenza, Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2023, n. 1320, idem TAR Campania, Napoli, sez. IV, 4 dicembre 2020, n. 5792.
[10] Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6033.
[11] Cons. Stato, Ad. plen., 30 agosto 2018, n. 12, dove si ammette che il credito si prescrive nell’ordinario termine decennale, decorrente dal rilascio del titolo edilizio: la rideterminazione è possibile «quante volte la Pubblica Amministrazione si accorga che l’originaria liquidazione di questo sia dipesa dall’applicazione inesatta o incoerente di parametri e coefficienti determinativi, vigenti al momento in cui il titolo fu rilasciato, o da un semplice errore di calcolo, con l’ovvia esclusione della possibilità di applicare retroattivamente coefficienti successivamente introdotti, non vigenti al momento in cui il titolo fu rilasciato».
[12] L’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni, TAR Campania, Salerno, sez. II, 21 dicembre 2022, n. 3561.
[13] Vedi, Corte conti, sez. giur. Puglia, 19 maggio 2017, n. 229, ove si osserva che «il comprovato sollecito (sebbene meramente verbale), reiteratamente e vanamente indirizzato dal prevenuto ai vertici politici dell’ente locale, in ordine alla necessità di provvedere ad una attualizzazione monetaria del costo di costruzione, pur testimoniando una più attenuata forma di trascuratezza nell’adempimento dei doveri di servizio, non è circostanza tale da confinare la colpa nel perimetro di quella lieve: tuttavia, essa va senz’altro valorizzata in sede di applicazione del potere riduttivo dell’addebito».
[14] Corte Conti, sez. II App., 11 marzo 2021, n. 80, che richiamato l’arresto dell’Adunanza Plenaria (con la sentenza n. 12 del 30 agosto 2018), ha rivisto l’opzione ermeneutica ritenendo ammissibile la rideterminazione del contributo, con i relativi aggiornamenti, entro il termine di prescrizione decennale e della sua recuperabilità ed esigibilità, presso i beneficiari dei permessi di costruire, entro il medesimo termine di legge. Vedi, anche, Corte conti, sez. giur. Molise, 7 aprile 2022, n. 16, che annota come la voluntas legis è «nel senso di rimettere ai comuni sia un onere di adeguamento alle variazioni stabilite dalle regioni – sempre che si riscontrino in concreto modifiche tali da impattare sui costi delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria – sia un potere “sostitutivo”, esercitabile soltanto in caso di inerzia degli organi regionali… sulla base della variazione dei parametri che la stessa legge fissa come rilevanti…, cioè “in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale”», escludendo un automatismo tra mancato aggiramento e danno erariale.
[15] TAR Sicilia, Catania, sez. I, 22 aprile 2022, n. 1158.
[16] Corte conti, sez. giur. Molise, 31 agosto 2021, n. 53.
[17] Corte conti, sez. giur. Riunite, 29 dicembre 2021, n. 27.
[18] L’avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie comporta il sorgere, in capo al titolare, del diritto alla rideterminazione del contributo ed alla restituzione della quota di esso che è stata calcolata con riferimento alla porzione non realizzata, Cons. Stato, sez. II, 15 giugno 2021, n. 4633 e sez. IV, 15 ottobre 2019, n. 7020.
[19] TAR Abruzzo, L’Aquila, 29 dicembre 2017, n. 610.
[20] TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 3 giugno 2022, n. 219, che conferma l’orientamento secondo il quale quando il privato rinunci o non utilizzi il titolo edilizio o lo stesso sia decaduto, sorge in capo alla Pubblica Amministrazione, anche ai sensi dell’art. 2033 c.c. o, comunque, dell’art. 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, oltre interessi legali e senza rivalutazione monetaria e, conseguentemente: vi è il diritto del privato a pretenderne la restituzione.
[21] TAR Umbria, sez. I, 22 agosto 2022, n. 648.
[22] Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 2018, n. 6339.
[23] Costituisce ius receptum il principio della predetta giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistica ed edilizia che comprende anche la riscossione mediante cartella di pagamento, ovvero tramite ordinanza-ingiunzione, ex art. 2 r.d. n. 639 del 1910, degli oneri di urbanizzazione con applicazione delle relative sanzioni, restando esclusa dall’ambito di cognizione di tale giudice la sola procedura esecutiva in senso stretto, che ha inizio con il pignoramento – o, quanto ai beni mobili registrati, con l’eventuale provvedimento di fermo – che appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 28 maggio 2022, n. 250.
[24] Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5096 e sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2294.