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Articolo Pubblicato il 23 Agosto, 2024

Effetti sugli organi del Comune delle variazioni demografiche

Effetti sugli organi del Comune delle variazioni demografiche

La fonte

L’art. 156, Classi demografiche e popolazione residente, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) stabilisce al comma 1 che «Ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:

  1. a) comuni con meno di 500 abitanti;
  2. b) comuni da 500 a 999 abitanti;
  3. c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti;
  4. d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti;
  5. e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;
  6. f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;
  7. g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;
  8. h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;
  9. i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;
  10. l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;
  11. m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;
  12. n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre».

Dirimente sotto l’aspetto interpretativo, in claris non fit interpretatio, il secondo comma del cit. art., chiarisce che le disposizioni del:

  • Testo Unico Enti Locali;
  • di altre leggi;
  • dei regolamenti relative all’attribuzione di contributi erariali di qualsiasi natura;
  • nonché all’inclusione nel sistema di tesoreria unica, di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720,
  • alla disciplina del dissesto finanziario;
  • alla disciplina dei revisori dei conti;

«che facciano riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica, ovvero secondo i dati dell’Uncem per le comunità montane. Per le comunità montane e i comuni di nuova istituzione si utilizza l’ultima popolazione disponibile».

Invero, il comma 4, dell’art. 38 del TUEL individua un criterio per calcolare la popolazione «determinata in base ai risultati dell’ultimo censimento ufficiale»; tuttavia, dato da utilizzare con riferimento al numero dei Consiglieri, peraltro oggetto di frequente rivisitazione dal legislatore (in principio, in relazione all’intento di riduzione della spesa pubblica, poi in aumento, in funzione “incentivante”), quale criterio “statico[1].

Il criterio “statico” viene, altresì, richiamato dal comma 583, dell’art. 1, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, dove si dispone che «a decorrere dall’anno 2024, l’indennità di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci dei comuni ubicati nelle regioni a statuto ordinario è parametrata al trattamento economico complessivo dei presidenti delle regioni… in relazione alla popolazione risultante dall’ultimo censimento ufficiale»[2].

Inoltre, per quanto di interesse, la lettera b), comma 8, dell’art. 82, Indennità, del d.lgs. n. 267/2000, stabilisce che «la misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza… è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica…, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri: … b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente»: un evidente criterio “dinamico”.

Prima esegesi

La norma, nella sua dimensione precettiva individua la classe del Comune con un’associazione diretta con il numero della popolazione residente, ed effettuato tale primo criterio interpretativo[3], specifica (secondo criterio), collocando l’applicazione della fonte ad un momento temporale preciso, con lo scopo di stabilizzare eventuali modifiche (in un più o in meno) che possono essere fisiologiche di un periodo, con una data riferita al 31 dicembre del «penultimo anno precedente»: la classe del Comune si calcola adottando un sistema che rinvia rispetto all’anno di calcolo, ad esempio 2024, al penultimo anno preso a misura 31 dicembre del 2022 (l’ultimo sarebbe l’anno il 31 dicembre 2023).

Ne consegue che la collocazione della classe/fascia del Comune è correlata alla popolazione residente (iscritti all’anagrafe) al 31 dicembre del penultimo anno preso a riferimento per il calcolo.

Fatta questa operazione, che non può che essere vincolata, ovvero non accetta altro criterio interpretativo, si associano una serie di norme, quelle indicate, stabilendo, salvo espressa previsione di legge (ossia, una norma speciale che operi una diversa determinazione, riferita ad altre materie non comprese nel catalogo generale, ovvero al numero di abitanti)[4], la classe del Comune.

Classi demografiche dei comuni

Il Decreto del Ministero dell’Interno 4 aprile 2000, n. 119, Regolamento recante norme per la determinazione della misura dell’indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, a norma dell’articolo 23 della L. 3 agosto 1999, n. 265, indica il presupposto per l’adeguamento delle indennità spettanti agli amministratori locali: la classificazione demografica, viene indicata espressamente nei diversi casi, indicando le “fasce” dei Comuni per numero di abitanti, da un minimo ad un massimo per scale/classi, che a volte (norma speciale) si discostano da quelle indicate nel secondo comma dell’art. 156 TUEL (norma generale)[5].

Le allegate Tabelle individuano le “classi” dei Comuni, cui corrisponde l’indennità degli amministratori (sindaci, assessori e consiglieri comunali.

Orientamenti

Si passa in rassegna una serie di orientamenti riferiti al parametro preso in considerazione per la determinazione delle indennità degli amministratori, o di altri soggetti[6].

Per l’Ente locale, l’art. 156 TUEL costituisce il costante riferimento per la determinazione delle misure dell’indennità di funzione per gli amministratori locali, che possono incrementare, a seguito di aumento della popolazione accertata dall’Istat alla data del 31 dicembre del penultimo anno di riferimento, con contestuale passaggio dell’ente ad una classe demografica superiore, ovvero diminuire, in caso di riduzione della popolazione, accertata alla stessa data e con le medesime modalità, con conseguente declassamento demografico dell’Ente; l’eventuale attribuzione da parte dell’Ente locale dell’indennità di funzione agli amministratori locali, di cui all’art. 82, del d.lgs. n. 267/2000, prima che l’Istat abbia ufficialmente accertato il dato di cui all’art. 156 TUEL, non può che avere natura di provvisorietà, essendo necessario, ai fini dell’esatta quantificazione dell’importo, la correlazione con il dato della popolazione residente alla fine del penultimo anno di riferimento, così come accertato dall’Istat[7].

Occorre, in termini diversi, ancorare la classificazione demografica dell’Ente al criterio “dinamico indicato dall’art. 156, comma 2, TUEL, dovendosi tener conto, cioè, della popolazione residente al 31 dicembre del penultimo anno precedente a quello in corso, come risultante dai dati ISTAT.

Questa linea interpretativa, anche in considerazione della volontà legislativa, ispiratrice della norma richiamata, diretta ad attualizzare il più possibile il parametro indennitario da corrispondere per l’assolvimento delle relative funzioni degli amministratori locali al volume della popolazione residente in un dato momento storico, comportante l’incremento delle indennità a seguito di un aumento di popolazione, con il coevo passaggio dell’Ente ad una classe demografica superiore, e la diminuzione delle indennità per effetto di una riduzione della popolazione con il declassamento demografico dell’Ente locale[8].

In questa prospettiva di stabilità e certezza del dato, per l’individuazione del criterio di calcolo della misura delle indennità, non si potrà che fare riferimento al criterio della popolazione residente, secondo gli indici ISTAT, calcolato sulla base delle risultanze del penultimo esercizio antecedente quello in corso, ex art. 156, comma 2, TUEL: detto “criterio dinamico” appare preferibile rispetto a quello “statico” delle risultanze dell’ultimo censimento (ex art. 37, comma 4, TUEL) in quanto, conformemente all’indirizzo della giurisprudenza contabile, si tratta di scelta che rapporta le indennità di funzione a una popolazione intesa in senso dinamico che tiene anche conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, individuata in base agli aggiornamenti statistici più recenti e non semplicemente a un dato limitato e statico, così come quello espresso dall’ultimo censimento[9].

Il criterio della «popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente», ex art. 156, comma 2, del TUEL, rappresenta il riferimento per la corretta modalità di rilevazione delle “variazioni demografiche” degli Enti locali, che secondo quanto previsto dagli scaglioni indicati nel D.M. n. 119 del 2000, costituiscono il presupposto per l’adeguamento delle indennità spettanti agli amministratori: l’adeguamento è dovuto e va determinato sulla scorta dei dati demografici di recente acquisizione (popolazione residente alla fine del penultimo anno precedente, così come accertata dall’ISTAT), in rapporto alla popolazione dell’Ente intesa in senso “dinamico[10].

Dalla lettura del D.M. n. 119/2000, il quale nella determinazione delle indennità tiene come paramento anche le «fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente», rapportando le indennità di funzione ad una popolazione intesa “dinamicamente” e non ad un dato “limitato e statico, così come espresso dal censimento, si può ragionevolmente dedursi che la rilevazione delle dimensioni demografiche dell’ente, utile per operare gli allineamenti delle indennità, deve essere operata in base al criterio fissato dall’articolo 156, comma 2 del decreto legislativo n. 267/2000: detto criterio, in quanto riferito a dati concreti ed attuali, prevale su quelli più astratti e risalenti al (lontano) ultimo censimento: «il criterio della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente», di cui alla disciplina citata «rappresenta la normativa di riferimento per una corretta modalità di rilevazione delle variazioni demografiche degli enti locali, che, secondo quanto previsto dagli scaglioni indicati nel D.M. 4 aprile 2000 n. 119, costituiscono il presupposto per l’adeguamento delle indennità spettanti agli Amministratori»[11].

Si comprende, dagli orientamenti giurisprudenziali, che il criterio di riferimento per la determinazione della classe del Comune è quello “dinamico”, di cui al comma 2, dell’art. 156 del d.lgs. n. 267/2000, aspetto che viene confermato anche nel caso di fusione di Comuni, secondo le indicazioni ministeriali[12].

Il numero degli assessori

Seguendo i criteri sopra elencati, alla luce dell’esegesi, si può giungere alla determinazione del numero degli assessori comunali.

Il TUEL stabilisce:

  • 37, Composizione dei consigli, comma 1, individua il numero dei consiglieri comunali/provinciali in relazione al numero di abitanti residenti per comune, diminuito a seguito del comma 17, dell’art. 16, Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito (con sostituzione dell’intero art.) in legge n. 145/2011[13].
  • 47, Composizione delle giunte, comma 5, stabilisce un numero di assessori fino all’adozione delle norme statutarie, che possono estenderne il numero «che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità».

Il numero degli amministratori viene modificato – per classe demografica dei Comuni – dal comma 135, dell’art. 1, della legge n, 56/2014, dove:

  • «per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da dieci consiglieri e il numero massimo degli assessori è stabilito in due;
  • per i comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 10.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da dodici consiglieri e il numero massimo di assessori è stabilito in quattro»[14].

Se nel corso del corrente anno 2024 vi fosse una variazione del numero dei residenti nel Comune, il dato di riferimento per la “classe demografica”, e, quindi, per il numero di assessori, non può che riferirsi al penultimo anno – 31 dicembre 2022 – così a seguire per gli anni successivi.

Sintesi

Alla luce del quadro sopra descritto, si può ritenere che il criterio ai fini della determinazione delle indennità, ovvero del numero degli assessori (salvo diversa norma statutaria) e dei consiglieri comunali, sia il criterio “dinamico” della «popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente», ai sensi del comma 2, dell’art. 156 del d.lgs. n. 267/2000, riferibile alle modalità di rilevazione delle classi (variazioni) demografiche dei Comuni.

[1] Vedi, Corte conti, sez. contr. Puglia, delibera 3 dicembre 2020, n. 110, nonché, sull’evoluzione della disciplina, sez. contr. Marche, delibera 3 ottobre 2019, n. 42.

[2] Vedi, LUCCA, Le nuove indennità di carica degli amministratori locali: prime valutazioni, Comuni d’Italia, 2022, n. 1 – 2. Vedi, anche, Corte conti, sez. contr. Lombardia, 2 dicembre 2022, n. 203.

[3] Le norme in tema di rappresentanza politica devono essere interpretate in senso restrittivo, Corte Conti, sez. contr. Lombardia, delibera, 14 maggio 2020, n. 67.

[4] Cfr. il comma 33, dell’art. 1, della legge n. 56/2014.

[5] In tema di indennità di funzione spettanti al sindaco, i parametri di riferimento di cui all’art. 1, D.M. 4 aprile 2000, n. 119 e all’art. 1, comma 54, della legge n. 266 del 2005, non possono essere modificati da temporanee e soggettive situazioni preesistenti, Corte Conti, sez. contr. Lombardia, delibera 17 luglio 2019, n. 297.

[6] In relazione agli adeguamenti, dei compensi dei revisori dei conti, dovuti al declassamento demografico del Comune, nel periodo considerato, viene confermato il criterio della fascia demografica di appartenenza al momento della nomina, ai sensi dell’articolo 156, comma 2 del TUEL, Ministero Interno, parere 27 febbraio 2020: Compenso revisori. Maggiorazioni, decurtazioni e fascia demografica.

[7] Corte conti, sez. contr. Emilia-Romagna, delibera, 23 aprile 2021, n. 58.

[8] Corte conti, sez. contr. Basilicata, delibera, 29 marzo 2019, n. 16.

[9] Corte conti, sez. contr. Piemonte, delibera, 12 settembre 2018, n. 94.

[10] Corte conti, sez. contr. Veneto, delibera 5 novembre 2013, n. 320.

[11] Corte conti, sez. Autonomie, 21 gennaio 2010, n. 7.

[12] Ministero Interno, parere 18 marzo 2021: Determinazione dell’indennità di funzione spettante al sindaco di un Comune nato da una fusione. Nel parere si richiama la giurisprudenza contabile che ha inteso rapportare le indennità di funzione ad una popolazione in senso dinamico, rappresentata dai dati di più recente acquisizione – la popolazione residente alla fine del penultimo anno precedente, così come accertata dall’ISTAT- e non ad un dato statico, così come espresso dal censimento, Corte conti, sez. contr. Campania, deliberazione n. 7/2015/PA e sez. contr. Puglia, deliberazione n. 141/2016/PAR. Da cui si ricava che la determinazione delle indennità di funzione degli amministratori locali andrà effettuata prendendo come popolazione di riferimento, ai fini dell’individuazione della classe demografica di appartenenza, quella residente al 31 dicembre del penultimo anno precedente a quello in corso, chiarendo che l’eccezione, indicata dall’articolo 156, per gli Enti di nuova istituzione, – utilizzo del dato dell’ultima popolazione residente disponibile – trova evidentemente luogo laddove non vi sia un penultimo anno di riferimento per il calcolo della popolazione residente.

[13] Cfr. Ministero dell’interno, Circolare 16 febbraio 2012, n. 23791, Articolo 16, comma 17, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, concernente la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori comunali per i comuni fino a 10.000 abitanti. Cfr., anche, i commi 184 e 185, dell’art. 2 della legge n. 191/2002.

[14] In ordine all’individuazione del numero degli assessori occorre far riferimento all’ art. 1, comma 135, della legge n. 56/2014, che ha modificato l’art. 16, comma 17, del decreto legge n. 138 del 2011, convertito con legge n. 148 del 2011, il quale, alla lettera b), consente, per i comuni con popolazione compresa tra 3.000 e 10.000 abitanti, la nomina di massimo quattro assessori, rilevando che a tale numero occorrerà aggiungere il Sindaco che, come osservato nella Circolare ministeriale n. 6508 del 24 aprile 2014, dovrà essere computato al fine della determinazione delle quote di genere previste per la composizione della giunta, Ministero Interno, parere 3 gennaio 2018: Composizione giunta comunale. Numero massimo di assessori.