La sez. II bis Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 17 giugno 2020, n. 6642 (Est. Fratamico), interviene per delineare i poteri dell’Amministrazione nel correggere o rettificare gli errori delle offerte, senza stravolgere gli esiti del procedimento di individuazione del contraente.
La questione di interesse coinvolge un concorrente di una procedura telematica per l’affidamento del servizio di gestione del procedimento sanzionatorio (violazioni Codice della Strada e altri illeciti amministrativi), dove si duole delle valutazioni compiute e delle condotte dalla Commissione giudicatrice sull’offerta tecnica che non coglieva l’errore materiale, “facilmente percettibile da chiunque”, nella stesura della stessa (caso di specie erronea determinazione del costo della manodopera riferibile alla singola annualità contrattuale, anziché all’intero quinquennio).In effetti, la stazione appaltante doveva percepire il paradosso dell’offerta in presenza di un costo della manodopera ampiamente superiore allo stesso valore dell’appalto, sicché «tale semplice confronto avrebbe reso il refuso “assolutamente conclamato ed evidente”, nonché “assolutamente irrilevante nella ricostruzione della relativa e reale volontà negoziale, da ritenersi unico reale parametro di riferimento rispetto alle valutazioni di pertinenza della stazione appaltante”».
Concludeva il ricorso con richiesta di:
- annullamento dell’aggiudicazione disposta;
- la declaratoria del proprio diritto al conseguimento dell’aggiudicazione e del contratto;
- in ogni caso l’inefficacia del contratto eventualmente stipulato dal controinteressato ed il proprio subentro nello stesso.
La sentenza merita un’attenta analisi sui profili riferiti all’emendabilità dell’offerta a cura della commissione di gara (non avvenuta), in mancanza della quale si è disposta l’esclusione e l’aggiudicazione a favore del concorrente.
Giova rammentare che nella materia degli appalti pubblici vige il principio generale della immodificabilità dell’offerta, a tutela della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori economici, nonché dell’imparzialità e trasparenza dell’agire dell’amministrazione, con il precipitato che le offerte sono suscettibili di essere interpretate al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità.
In questo senso, la stazione appaltante può procedere alla rettifica di errori materiali e di calcolo solo a condizione che gli stessi siano percepibili ictu oculi, senza necessità di attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima o a dichiarazioni integrative dell’offerente, che implicherebbero un’inammissibile operazione manipolativa, in violazione della par condicio e delle esigenze di certezza e trasparenza delle regole di gara[1].
Il Tribunale dopo aver chiarito che l’Amministrazione dispone di una discrezionalità quanto mai ampia in ordine alla scelta se procedere a verifica facoltativa della congruità dell’offerta, il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto[2], si sofferma sui poteri della commissione in relazione agli errori materiali o semplici refusi dell’offerta (rilevanti ove le correzioni fossero in grado di incidere sulla volontà negoziale non cristallizzata nell’offerta).
A questo punto, vengono richiamati i principi della consolidata in giurisprudenza:
- le offerte, intese come atto negoziale, devono essere interpretate al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale assunto[3];
- l’attività interpretativa della commissione può consistere anche nell’individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione e di calcolo, ma sempre a condizione che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza, e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima o a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente[4];
- risulta legittimo il potere di rettifica di errori materiali o refusi, ma soltanto se circoscritto alle ipotesi in cui l’effettiva volontà negoziale sia stata comunque espressa nell’offerta e risulti palese che la dichiarazione discordante non è voluta, ma è frutto di un errore ostativo, da rettificare in applicazione dei principi civilistici contenuti negli artt. 1430 – 1433, c.c.[5];
- l’indicazione di un costo del personale – difforme rispetto alla reale volontà del ricorrente – può essere rettificato da quest’ultimo proprio in sede di giustificazioni, a seguito di rilievo dell’anomalia dell’offerta, in quanto il principio dell’immodificabilità dell’offerta economica è salvaguardato a pieno quando non si va ad integrare l’offerta stessa con fonti esterne, ma se ne ricostruisce il completo ed esatto significato in base agli elementi intrinseci già presenti, correggendone semplicemente gli errori formali del tutto evidenti[6].
Sulle altre questioni poste:
- emergono delle incongruità sul processo di valutazione dell’anomalia che rappresentano fattori di palese illogicità e manifesto errore da permettere al Giudice Amministrativo di sindacare il giudizio effettuato dall’Amministrazione e di affermarne l’illegittimità;
- di converso non si è ritenuta la presenza del conflitto di interessi (ex 42 del Codice dei contratti pubblici) per le presunte “cointeressenze” tra società mista e Comune, desumibili dall’elevata base d’asta prevista dalla gara o il modesto ribasso percentuale offerto dal RTI controinteressato, non essendo in via di principio precluso ad una società mista anche maggioritaria di un Ente locale (non in house) prendere parte alla gara indetta da quest’ultimo per l’affidamento di un servizio[7].
Dunque, il ricorso viene accolto e dichiarata l’inefficacia del contratto, con decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza (con condanna alla spese della soccombente Amministrazione locale), comportando conseguentemente l’annullamento degli atti impugnati, la prosecuzione della procedura di gara con l’aggiudicazione dell’appalto alla ricorrente, salvo l’esito dei riscontri e degli adempimenti a ciò preordinati ed ancora da svolgersi (a cura della stazione appaltante).
Con riferimento alla quota del contratto eventualmente già eseguita, il Giudice di prime cure rigetta la richiesta di risarcimento dei danni «per equivalente monetario» in mancanza dell’allegazione di prove: spetta all’impresa danneggiata offrire, senza poter ricorrere a criteri forfettari, la prova rigorosa dell’utile che in concreto avrebbe conseguito (nel caso specifico proporzionato alla quota di appalto già eseguita), qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza, non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento ex art. 64 c.p.a. e la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull’ammontare del danno[8].
La sentenza conferma che l’errore materiale può essere rettificato d’ufficio dall’Amministrazione qualora riconoscibile a mezzo di una valutazione ex ante, in presenza in una svista palese (c.d. riconoscibile) in cui sia incorso l’offerente, e sia effettiva la volontà negoziale che lo stesso ha inteso manifestare.
In ogni caso, la “svista riconoscibile” non può da sola valere a rendere ammissibile l’offerta perché, in tal caso, per comprenderne il contenuto, la stazione appaltante dovrebbe attivare l’istituto del soccorso istruttorio e chiedere chiarimenti all’impresa che l’ha formulata, rilevando, tuttavia, che l’istituto del soccorso istruttorio, ai sensi del comma 9 dell’art. 83 del d.lgs. n. 50/2016, non può essere attivato per sanare irregolarità anche formali della offerta economica[9]: l’errore materiale della offerta deve essere tale da poter essere rettificato d’ufficio senza ausili esterni[10].
[1] T.A.R. Liguria, sez. I, 22 maggio 2020, n. 319, ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2020, n. 1998; 24 febbraio 2020, n. 1347; 13 febbraio 2020, n. 1132; 17 giugno 2016, n. 2684; sez. V, 15 febbraio 2016, n. 627.
[2] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2018, n. 604; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter, 15 ottobre 2018, n. 9992.
[3] Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n. 2082 e sez. III, 22 ottobre 2014, n. 5196.
[4] Cons. Stato, sez. III, 28 maggio 2014, n. 1487.
[5] Cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 14 febbraio 2019, n. 1965.
[6] Cfr. ANAC, delibera 30 ottobre 2018, n. 1039, idem T.A.R. Toscana, sez. I, 6 settembre 2018, n. 1171.
[7] Cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, 28 febbraio 2018 n. 328.
[8] Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 5803/2019; Adunanza Plenaria, n. 2/2017; T.A.R. Sicilia, sentenza n. 2326/2019.
[9] Cfr., un personale contributo, Immodificabilità dell’offerta: niente soccorso istruttorio, mauriziolucca.com, febbraio 2020.
[10] T.A.R. Toscana, sez. I, 16 gennaio 2020, n. 35, idem Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113.