L’articolo 45, Incentivi alle funzioni tecniche, del d.lgs. n. 36/2023 (con rinvio all’allegato I.10) disciplina il compenso per le prestazioni rese dal personale dipendente[1] per una serie di attività complesse attinenti agli affidamenti, norma ampliativa delle funzioni (elenco tassativo) esigibili rispetto al catalogo delle attività già previste dall’art. 113, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, costituendo una deroga al principio di onnicomprensività del trattamento economico: la finalità è quella di stimolare, attraverso l’erogazione degli incentivi, l’incremento delle professionalità interne all’Amministrazione e il conseguente risparmio di spesa per mancato ricorso a professionisti esterni[2].
Ne consegue che l’incentivo deve trovare riscontro nel quadro economico, può essere erogato al gruppo di lavoro a fronte delle attività svolte, accertamento concreto che compete al responsabile della spesa, il quale assume piena responsabilità su quanto liquidato, dando atto che una liquidazione non corrispondente ai presupposti di legge (anche con modalità/percentuali di calcolo diverse), ovvero per prestazioni inesistenti, configurerebbe il reato di peculato[3].
Indebite erogazioni
La sez. giurisdizionale Abruzzo, della Corte dei conti, con la sentenza n. 111 del 8 ottobre 2024, condanna alcuni dipendenti dell’ufficio tecnico al risarcimento del danno per una pluralità di fattispecie dannose, relative all’erogazione indebita di incentivi tecnici (ex art. 113 del Codice dei contratti pubblici): una diminuzione patrimoniale sofferta dalle Amministrazioni danneggiate.
Nello specifico, a seguito di un procedimento penale, si segnalava la liquidazione dell’incentivo tecnico:
- a favore di loro stessi (in pieno conflitto di interessi) o di terzi (con incarichi sommari di attività non giustificate o generiche di supporto);
- in violazione delle condizioni di legge (affidamenti diretti a seguito di dichiarazione di somma urgenza o in assenza di procedure comparative, ovvero omettendo di indicare le funzioni svolte o di compiere le verifiche propedeutiche alla liquidazione del compenso);
- con irregolarità nella quantificazione delle somme spettanti (in eccedenza rispetto alle percentuali di legge o non comprese tra le attività incentivabili o al di fuori dei quadri economici, oppure oltre i limiti percentuali del trattamento economico), anche in termini di maturato[4];
- con conseguente danno erariale (per le casse comunali), escludendo quello da disservizio (tale danno si riferisce al pregiudizio ulteriore, rispetto a quello patrimoniale, recato dalla condotta illecita del dipendente al corretto funzionamento dell’apparato pubblico e non può considerarsi sussistente quale mera conseguenza dell’accertamento di una condotta idonea a cagionare un danno all’Amministrazione).
Profili di inquadramento
Il Collegio giudicante individua il quadro normativo di riferimento:
- l’incentivo viene stabilito in misura pari a una percentuale degli importi posti a base di gara, dove la gara è una condizione non ritraibile[5];
- la liquidazione deve sostenersi su una base documentale, non potendo liquidare le somme senza giustificazione o per attività non comprese tra quelle individuate dal legislatore[6];
- la norma derogatoria al principio di onnicomprensività del trattamento accessorio, in conformità ai principi di cui all’art. 14 disp. prel. c.c., non può essere oggetto di interpretazione estensiva né analogica;
- ne consegue l’impossibilità di riconoscere l’incentivo al di fuori dei casi espressamente e tassativamente previsti, ovvero oltre i limiti percentuali, sia della retribuzione riscossa che del quadro economico (viene rigettato l’errore nel calcolo, sostenuto dalla difesa).
Condotte dolose
Dal quadro di riferimento e dalle condotte assunte dai convenuti sussiste il danno erariale nel riconoscimento degli incentivi in caso di affidamento diretto, alias espletamento di gara: costituisce una spesa indebita per l’Amministrazione[7], a nulla rilevando eventuali diverse norme sopravvenute prive di effetto retroattivo (come richiamato dalla difesa).
Viene precisato che:
- il danno è pari all’indebita erogazione (la perdita, c.d. quantum risarcitorio, pari alla somma erogata): l’esborso, con ogni evidenza, comprende anche gli importi dovuti per ottemperare agli obblighi tributari e contributivi: questi ultimi concorrono, al pari delle altre causali, a gravare sul bilancio come componente negativa;
- la responsabilità è solo a carico di coloro che hanno determinato la somma da liquidare, non invece coloro che hanno dato corso al mandato di pagamento dell’incentivo, non implicante – la liquidazione – un nuovo accertamento della sussistenza dei presupposti di erogabilità degli incentivi;
- la presenza del dolo (elemento soggettivo) risiede nella consapevolezza di applicare la disciplina oltre il dato normativo, non potendo invocare esimenti dalla non chiara e univoca interpretazione, visto che in presenza di dubbi interpretativi la condotta attendibile avrebbe imposto di operare un doveroso approfondimento, rilevando, altresì, l’omessa verifica di tutte le condizioni propedeutiche alla liquidazione del compenso incentivante, tra cui l’effettivo svolgimento delle specifiche attività assegnate ai dipendenti.
Proiezioni
(diritto di critica) Siamo (forse) in presenza di un brodo di volute irregolarità, di mancati doverosi controlli e riscontri, di istruttorie malsane (?).
È stata persa la visione del c.d. minimo etico, ammettendo l’ingresso nell’ignoto della illegalità, dove (si stima) da un iniziale non dovuto esborso si espande il disvalore privandosi da ogni ritegno (di decenza), in antitetica misura con l’art. 54 Cost., dove il chiamato ad una funzione pubblica la esercita con «disciplina ed onore».
Un destino fatale contrapposto con un dovere (dai primi Stoici), avendo bandito (nel caso di specie) inesorabilmente la rettitudine al buon andamento (ex art. 97 Cost., la finalizzazione dell’interesse pubblico) e il dovere di fedeltà (ex art. 98 Cost.), nuocendo al prestigio della PA e all’aspettativa di integrità.
La sentenza, nella sua estesa analisi delle condotte e degli atti di liquidazione, non lascia timori nel disvelare la piena consapevolezza e volontà di quanto posto in essere, alterando il tenore precettivo della norma e percettivo dei fatti, e delle sue conseguenze, concretizzatesi in un indebito arricchimento, in massima parte a vantaggio dei convenuti stessi: un danno erariale nella piena totalità delle somme erogate.
[1] Ai fini dell’attribuzione dell’incentivo tecnico non rileva il profilo professionale “tecnico” (anche se di regola presente) bensì la concreta esplicazione di attività tecniche legate alla procedura contrattuale (anche se esplicata da collaboratori amministrativi), Corte conti, sez. contr. Toscana, 29 gennaio 2024, n. 3.
[2] Corte conti, sez. contr. Veneto, delibera 6 settembre 2024, n. 297, dove conclude affermando l’esclusione dell’incentivabilità di funzioni o attività diverse da quelle considerate dall’art. 113, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 (ora all’art. 45, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023), il cui elenco è da considerarsi tassativo, di stretta interpretazione e, pertanto, non suscettibile di estensione analogica.
[3] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 2 novembre 2018, n. 49922.
[4] Occorre fare riferimento al momento della corresponsione dell’incentivo e quindi del suo pagamento, senza attribuire rilevanza al momento in cui è stata svolta la connessa attività, cfr. Corte conti, sez. contr. Toscana, delibera n. 490/2015/PAR; sez. contr. Abruzzo, delibera n. 280/2021/PAR; sez. contr. Lombardia, delibera. n. 98/2016/PAR.
[5] In mancanza della gara, infatti, la norma non prevede l’accantonamento delle risorse nel fondo e, conseguentemente, è da escludere la relativa distribuzione, Corte conti, sez. Autonomie, delibera n. 2/2019/QMIG; sez. contr. Lombardia, delibera n. 185/2017 e n. 190/2017; Toscana, delibera n. 19/2018; Veneto, delibera n. 455/2018, 72/2019 e 121/2020; Liguria, delibera n. 136/2018; Lazio, delibera. n. 47/2018; Emilia – Romagna, delibera n. 33/2020; Puglia, delibera n. 103/2021.
[6] Lo svolgimento di tali specifici compiti non consente la liquidazione degli incentivi tecnici, di cui all’art. 113, d.lgs. n. 50/2016, a favore di attività non rientranti nelle funzioni tassativamente indicate dalla norma stessa, Corte conti, sez. contr. Piemonte, delibera n. 44/2014; sez. contr. Umbria, delibera. n. 26/2021.
[7] Cfr. Corte conti, sez. I Appello, sentenza n. 600/2022; sez. giur. Abruzzo, sentenza. n. 49/2023.