La V sez. Napoli del TAR Campania, con la sentenza 16 giugno 2021 n. 4127, interviene su un tema di attualità (e vitale) per la popolazione nazionale (altri direbbero, mondiale), sia in termini di “sanità pubblica” che di “libertà”, in un’epoca dove la riservatezza della persona (la c.d. privacy) non trovano grande affluenza (o prosperità), limitando gli spostamenti “mascherati”, con restrizioni incomprensibili, frutto di una corsa alla politica dei primi (posti), del PNRR, e di altro ancora, in funzione siderale di una evidente dittatura del COVID-19, in grado di affrancare il “diritto” in nome della “salute”, e di tutti gli interessi economici e transazionali conseguenti (correlati), con conseguente perdita di sovranità monetaria.
Il ricorso da parte di alcuni dirigenti scolastici, personale docente e collaboratori impiegati presso istituzioni scolastiche verte sull’annullamento di un’ordinanza avente ad oggetto «Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n.833 in materia di igiene e sanità pubblica e dell’art. 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19. Misure di prevenzione dei contagi in vista dell’avvio dell’anno scolastico» nella parte in cui il Presidente della Regione «ha disposto l’obbligatorietà della sottoposizione a test sierologico e/o tampone per il personale scolastico, quale indefettibile misura di prevenzione sanitaria, finalizzata alla individuazione di eventuali casi di positività al virus in capo a soggetti asintomatici»[1].
Un trattamento sanitario obbligatorio da parte dell’Autorità amministrativa con scopi non di prevenzione ma di ricerca della propagazione del virus (dei contagiati) e, dunque, senza una finalità di cura preventiva degli interessati: una schedatura di persone da sottoporre a screening, nonché di verifica antecedente all’avvio dell’anno scolastico, comminando, in caso di violazione, l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 19/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 35/2020, salvo che il fatto costituisse reato diverso da quello di cui all’art. 650 del codice penale.
I ricorrenti affidavano il gravame a diversi profili di illegittimità, quali il difetto assoluto di attribuzione, la violazione degli artt. 3 e 32 della Costituzione, l’assenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza, il fatto che i test sierologici non sarebbero risolutivi per la diagnosi della patologia, mancano dati scientifici sull’aggravamento del contagio (ergo, difetto di istruttoria e di riscontri probatori).
In via preliminare viene ritenuto sussistere ancora l’interesse al ricorso attesa la vigenza dell’ordinanza, pur in presenza di un quadro normativo differente, e per gli effetti prodotti a carico degli inadempienti (alias procedimento disciplinare): effetti pregiudizievoli, laddove la sua richiesta rimozione eliminerebbe in radice la contestata illegittimità.
Il Tribunale dichiara il ricorso fondato, atteso che dall’analisi della disciplina emergenziale la Regione non è titolare di tale potere, mancando i presupposti di legge per il suo esercizio in chiave “precauzionale”: è escluso tale genere di misure tra quelle di competenza regionale (ad es. limitazione circolazione persone, chiusura strade, interventi su eventi e manifestazioni culturali, sportive e religiose, trasporti, sospensione dei servizi scolastici e della presenza negli uffici pubblici, regolazione di attività commerciali, imprenditoriali e professionali, etc.) ed, inoltre, manca la sussistenza (non vi è traccia istruttoria) di «specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso».
Il quadro delineato porta a ritenere che i vizi elencati inficiano la legittimità dell’ordinanza, «nonostante l’applicazione del principio di precauzione che, in teoria, potrebbe essere invocato per la necessità di una scelta maggiormente cautelativa in grado di “prevenire e limitare eventuali focolai in ambiente scolastico, che avrebbero gravissime ripercussioni sulla salute pubblica e sulle attività formative e scolastiche”»[2].
L’attuazione del principio di precauzione (che deve coesistere con altro principio di proporzionalità e non discriminazione) comporta che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche: una verifica rigorosa tra identificazione degli effetti potenziali negativi ed evenienze scientifiche serie, oggettive e riscontrabili[3] che portano ad esprimere un giudizio di stretta necessità della misura (mancano tali profili nell’ordinanza impugnata)[4].
Accanto a questi difetti di istruttoria, si rilevano altre condizioni di cui la Regione è sprovvista:
- il difetto di competenza in ambito sanitario che appartiene allo Stato (competenze legislative dello Stato, con specifico riferimento ai principi fondamentali in materia di tutela della salute (ex 117, comma 3, della Costituzione), ai livelli essenziali di assistenza (ex art. 117, comma 2, lett. ‘m’), alla profilassi internazionale (ex art. 117, comma 2, lett. ‘q’) e alle norme generali sull’istruzione (ex art. 117, comma 2, lett. ‘n’)[5];
- di conseguenza le scelte dirette a limitare o a vietare determinate terapie o trattamenti sanitari, investe direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia[6], a maggior ragione, e anche per ragioni di eguaglianza, riservato allo Stato (il quale è titolare del compito di qualificare come obbligatorio un determinato accertamento o trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili);
- la profilassi per la prevenzione della diffusione delle malattie infettive richiede necessariamente l’adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale non potendo rimanere di competenza di ogni singola Regione (scelte sull’obbligatorietà dello screening)[7], compresa la “profilassi internazionale”, di cui all’art. 117, comma 2 lett. q), della Costituzione[8];
- l’organizzazione scolastica, ovvero quello di garantire che la frequenza scolastica avvenga in condizioni sicure per la salute degli alunni e del personale docente e non docente, è una materia rientrante tra le “norme generali sull’istruzione” (ex 117, secondo comma, lett. ‘n’ della Costituzione), venendo ad incidere sul complessivo assetto organizzativo del sistema scolastico di competenza dello Stato[9];
- in materia di accertamenti e trattamenti sanitari non è sostenibile una imposizione con regolamentazione affidata a provvedimenti amministrativi, ostandovi la riserva di legge (ex 1 della legge n. 180/1978, secondo cui «Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari. Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura»; ex art. 33 della legge n. 833/1978, a tenore del quale «Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari. Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, secondo l’articolo 32 della Costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura»; ex art. 32 della Costituzione, «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»).
In ogni caso, conclude il G.A., in assenza di contrarie previsioni legislative, resta subordinato al libero consenso dell’interessato l’accertamento sanitario tramite tampone o test sierologico.
Ancora una volta, assistiamo all’esercizio del potere di imporre trattamenti sanitari al di fuori da ogni regola e contesto sulla base di elementi non rilevanti, nel senso dell’assenza di riscontri oggettivi sull’utilità della misura, se non quella di sollevare la tensione in un momento che richiederebbe moderazione e maggior attenzione verso coloro che operano a contatto con i minori.
Sorprende, ancora una volta, il pensare che attraverso il potere amministrativo di ordinanza si possa continuare a comprimere le libertà fondamentali che quanto meno richiederebbe un intervento di una fonte normativa primaria e non un atto amministrativo[10].
Questo modo di agire non giova alla fiducia, accelera la crisi della società liquida, mina i rapporti interpersonali, aumenta l’intolleranza verso coloro che pretendono di governare con provvedimenti extra ordinem, diffondendo incertezza e diffidenza, una perdita di credibilità e in parte di speranza.
[1] Cfr. un personale contributo, Riflessioni brevi sugli spostamenti di residenza e poteri di ordinanza, ai tempi del COVID-19, mauriziolucca.com, 22 marzo 2020.
[2] Il principio comunitario di precauzione è stato riconosciuto nel diritto amministrativo italiano dall’art. 1, della legge n. 241/1990 per il tramite del rinvio ai principi dell’ordinamento comunitario, Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 6655/2019.
[3] Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 5525/2014; sez. V, sentenza n. 2495/2015.
[4] Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 6655/2019; sez. IV, sentenza n. 1240/2018; Cons. Giust. Amm. Sicilia, sentenza n. 581/2015.
[5] Cfr. Corte Cost., sentenza n. 5/2018, dove si è chiarito che il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica, di essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica (Corte Cost., sentenze n. 282/2002 e n. 338/2003) è una prerogativa che deve essere garantita sull’intero territorio nazionale (vedi i c.d. LEA).
[6] Corte Cost., sentenza n. 169/2017.
[7] Corte Cost., sentenze n. 192/2017, n. 301/2013, n. 79/2012, n. 108/2010.
[8] Corte Cost., sentenza n. 5/2018, in materia di vaccinazione obbligatoria.
[9] Corte Cost., sentenze n. 284/2016, n. 62/2013, n. 279/2012.
[10] Cfr. un personale contributo, Illegittimità del potere di ordinanza sindacale di chiusura delle scuole per emergenza Covid-19: una questione etica, mauriziolucca.com, 19 dicembre 2020.