La sentenza n. 281, della prima sezione del T.A.R. Sardegna, Cagliari, pubblicata il tre maggio 2017, segna un orientamento consolidato in materia di “conflitto di interessi” e risolve il quesito se l’amicizia e la condivisione di interessi in Facebook può o meno incidere sulla posizione di “imparzialità” dell’agere pubblico, e di conseguenza sulla violazione dell’obbligo di astensione.
Giova osservare che, in presenza di legami idonei a radicare il sospetto di parzialità, non è necessario comprovare che questi si possano concretizzare in un effettivo favore verso il candidato, essendo sufficiente a radicare l’incompatibilità anche il “solo pericolo” di una compromissione dell’imparzialità di giudizio: la posizione rivestita del valutatore della selezione (caso, “assunzioni RAI”) deve essere di terzietà rispetto ai concorrenti e non di mera imparzialità.
In questo ultimo caso, tale posizione, viene segnalato dall’A.N.AC., potrebbe essere incisa dall’esistenza di rapporti di vicinanza tra la società di selezione e il candidato selezionato: è emersa l’esistenza di un’ipotesi di conflitto di interessi tra la persona selezionata e quella che ha curato la selezione, in quanto la società incaricata della selezione ha proposto la candidatura del figlio di uno dei propri soci.
Il Giudice di prime cure, passa ad analizzare il primo motivo del ricorso, circa la sussistenza di una situazione di incompatibilità tale da imporre l’obbligo di astensione, rilevando che tale condizione deve essere valutata ex ante, in relazione agli effetti potenzialmente distorsivi che il sospetto difetto di imparzialità è idoneo a determinare in relazione alla situazione specifica, ma anche con estrema cautela in relazione alla sua portata soggettiva, onde evitare che la sussistenza dell’obbligo di astensione possa essere estesa a casi e fattispecie in alcun modo contemplate dalla normativa di riferimento.
Valutando le cause di incompatibilità tra esaminatore e concorrente si segnano i seguenti punti in presenza dei quali sussiste la condizione di astensione:
- esistenza di una comunanza di interessi economici o di vita tra i due soggetti di “intensità” tale da far ingenerare il sospetto che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con l’esaminatore;
- l’intensità del rapporto è la condizione sine qua non per far insorgere il sospetto consistente di violazione dei principi di imparzialità, di trasparenza e di parità di trattamento, inquadrabile nell’art. 51, comma 2, del c.p.c.;
- la sussistenza di un potenziale conflitto di interessi per l’esistenza di una causa pendente tra le parti, o la sussistenza di grave inimicizia tra di esse.
Definito il perimetro normativo e il consolidato orientamento giurisprudenziale, il T.A.R. intende soffermarsi sui cd. rapporti di “colleganza” che devono essere intesi come quei rapporti personali di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati ammessi alla prova orale che non sono sufficienti ex se a configurare un vizio della composizione della commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dall’art. 51 c.p.c. (tra le quali non rientra l’appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza) essere oggetto di estensione analogica, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare “intensità e sistematicità”, tale da dar luogo ad un vero e proprio “sodalizio professionale”.
Dopo tutte queste valutazioni, il Tribunale ritiene giusto analizzare “all’ultimo singolare profilo contestato dai ricorrenti e cioè “l’amicizia sul social network Facebook”, ritenendo che in assenza di ulteriori e solide prove, non può essere positivamente apprezzata alcuna ragione di “incompatibilità”.
Questo genere di cd. “amicizie” sono del tutto irrilevanti poiché lo stesso funzionamento del social network consente di entrare in contatto con persone che nella vita quotidiana sono del tutto sconosciute; né si può pretendere che gli utenti (escluso un utilizzo sconveniente del mezzo) debbano controllare ogni possibile controindicazione del social network.
L’indifferenza del “contatto virtuale” prescinde da un “reale contatto fisico” (cd. one to one), essendo una modalità di socializzazione che non prevede alcuna forma di effettivo incontro fisico o conoscenza personale, posto tale sistema di comunicazione, per come si è evoluto, è difficilmente classificabile “(ognuno ne fa l’utilizzo che ritiene più appropriato ma per lo più si tratta di attività ludica e ricreativa), con la conseguenza che non è certo Facebook in sé che può concretizzare una delle cause di incompatibilità previste dall’art. 51 c.p.c.”.
In ogni caso, la sostanza della questione deve condurre, per far sorgere l’obbligo di astensione, alla dimostrazione concreta che tra le parti vi sia una frequenza di contatti e di rapporti di tale continuità da far dubitare della sua imparzialità e serenità di giudizio: il riferimento alla “abitualità” della commensalità esclude per l’appunto, per pura e semplice logica, l’occasionalità della stessa.
Circostanze e ragioni pratiche richiedono la dimostrazione effettiva dell’abitualità fornendo una prova che non può essere rinvenuta mediante Facebook.
Tale sistema di conoscenza “amicizia”, nell’odierno modo di comunicare, così come qualunque occasione conviviale anche del tutto episodica, può essere “catturata” con il telefono cellulare e repentinamente pubblicata sul social network, ma questo fatto non può essere considerato indice di una commensalità abituale: l’art. 51 c.p.c. se correttamente interpretato, non può condurre a tale illogico risultato.
In questa dimensione giuridica e nella sua essenzialità sociale, si comprende che l’amicitia al tempo di Facebook ha perso il suo virtuoso contenuto (“affetto vivo e reciproco tra due o più persone”), allontanandosi da ogni riferimento reale e privato (nel senso, di intimo): si è perso il significato valoriale (un nonsenso).
(estratto, Conflitto di interessi al tempo di facebook, LexItalia, 11 maggio 2017, n. 5)