Il pronunciamento
Il TAR Veneto, con l’ordinanza n. 22 del 15 gennaio 2021, interviene per affermare la legittimità del diniego al subappalto manifestata dal RUP della Stazione Appaltante ad un’impresa appartenente ad un Consorzio stabile, ex art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, il quale necessariamente si caratterizza in ragione della strutturale alterità rispetto alle singole imprese che in esso, per ragioni essenzialmente mutualistiche[1], si sono aggregate: il subappalto diretto ad una consorziata svilirebbe l’essenza stessa del soggetto (unico) appaltatore, ben potendo demandare nei limiti consentiti alle consorziate solo quando interviene l’autorizzazione preventiva della P.A., acclarando una sostanziale e formale distinzione tra Consorzio stabile (parte negoziale del contratto di appalto) e sue consorziate (estranee al contratto principale con la S.A.)[2].
Il consorzio
In via generale, nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica il consorzio è il soggetto che domanda di essere ammesso alla procedura e va a stipulare il contratto con l’Amministrazione appaltante in nome proprio, anche se per conto delle consorziate cui affida i lavori, essendo lo stesso responsabile dell’esecuzione delle prestazioni anche quando per la loro esecuzione si avvale delle imprese consorziate[3].
Soggettività e parte negoziale
In effetti, pur in presenza della designazione di un’impresa consorziata quale esecutrice (non essendo invero escluso che il consorzio, dotato di una propria autonoma azienda intesa come complesso di beni organizzati, possa, nell’esecuzione, avvalersi delle prestazioni delle consorziate, sia pure nei limiti previsti, senza che per ciò solo venga meno la sua alterità), è connotata da un elemento teleologico[4], riconducibile all’astratta idoneità del consorzio ad eseguire il contratto di appalto, fungendo anche nelle fasi precedenti all’esecuzione da tramite tra la P.A. e le consorziate, che abbiano scelto e previsto nel proprio statuto di operare congiuntamente nel settore dei contratti pubblici, per un determinato arco temporale[5].
Si comprende, allora, che il consorzio stabile si qualifica dalla comune struttura di impresa che induce ad approdare verso lidi ermeneutici diversi ed opposti rispetto a quanto previsto per i consorzi ordinari, di cui agli artt. 2602 e ss. c.c.: i partecipanti in questo caso danno vita ad una struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto[6].
In questo senso, anche l’individuazione della consorziata esecutrice non produrrebbe effetti liberatori a favore del consorzio, atteso che in linea teorica potrebbe anche essere ammessa alla contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile se non fosse stata designata per l’esecuzione del contratto, neppure allorquando tale designazione fosse ricondotta allo schema civilistico della delegazione, poiché, entro siffatta cornice giuridica, essa andrebbe pur sempre qualificata, in assenza del consenso del creditore alla liberazione del consorzio contraente, come delegazione meramente cumulativa, da cui potrebbe derivare il solo beneficium excussionis ma non anche la sostanziale novazione soggettiva sul lato passivo (ex art. 1269, commi 1 e 2, c.c.).
La decisione risulta importante per aver ulteriormente chiarito che una volta aggiudicato i lavori al consorzio stabile questi, con la sottoscrizione del contratto, risulta unico responsabile e “parte negoziale” con la P.A., possiede una propria qualificazione, diversa ed autonoma dalle imprese consorziate assumendo su di sé, e con le qualificazioni possedute, l’onere della esecuzione delle prestazioni contrattuali, escludendo che possa essere traslata, in una sorta di novazione (ovvero, sostituzione del contraente), l’obbligazione contrattuale ad un’impresa del consorzio, anche qualora designata esecutrice: in dipendenza di tale circostanza, l’attività compiuta dall’impresa consorziata si imputa al consorzio stesso, il quale esprime una forma giuridica di soggetto giuridico autonomo che opera in base ad uno stabile rapporto organico con le imprese (distinguendosi da esse).
La qualifica di parte negoziale impone una responsabilità diretta del consorzio stabile in caso di inadempimento degli obblighi contrattuali nei confronti della Stazione appaltante, senza poter invocare una sua esclusione a favore dell’impresa incaricata dell’esecuzione dei lavori previsti dal contratto, neppure è possibile invocare una sorta di “solidarietà” dell’esecutrice[7]: la presenza di un’autonoma struttura di impresa, distinta da quella delle consorziate e che sia in grado di eseguire anche in proprio le prestazioni previste nel contratto, rende imputabile l’attività compiuta al solo consorzio stabile[8].
L’autorizzazione preventiva al subappalto
Definito il quadro soggettivo e la qualifica di parte negoziale del consorzio stabile è conseguenza logica che il subappalto, ai sensi dell’art. 105, comma 4, del D.Lgs. n. 50 del 2016, anche in presenza della designazione dell’impresa consorziata esecutrice, deve essere autorizzato dalla S.A., restando inoltre onerato della sottoscrizione del relativo contratto.
Il subappalto, quale contratto derivato dal contratto principale, esige una manifestazione espressa da parte dell’appaltatore (S.A.) di affidare a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto (ex art. 105, comma 2, del D.Lgs. n. 50 del 2016): la consorziata esecutrice non è legittimata a richiedere l’autorizzazione al subappalto e a sottoscrivere il relativo contratto, dovendo tali adempimenti essere eseguiti dal consorzio stabile d’imprese, essendo parte del contratto principale.
[1] TAR Campania, Salerno, sez. I, 15 maggio 2020, n. 508.
[2] TAR Sicilia, Palermo, sez. I, sentenza n. 640/2020. Una volta fatta la designazione in sede di offerta, il Consorzio stabile non può individuare ad libitum un’ulteriore impresa anche se questa è una sua associata, dovendo ritenersi del tutto preclusa – fatti salvi gli altri casi specificamente individuati dal codice – ogni possibilità di far luogo ad un meccanismo di ulteriori designazioni di soggetti, non previamente indicati in sede di gara dal Consorzio, TAR Lazio, Roma, sez. II, 3 agosto 2016, n. 9036.
[3] Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2021, n. 964. Il consorzio stabile è un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base a uno stabile rapporto organico con le imprese associate, il quale può giovarsi, senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del cumulo alla rinfusa. Sotto questo ultimo aspetto, il principio del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili, di cui all’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, sebbene ammesso in via generale nella legislazione in materia di contratti pubblici, non possa essere applicato per le qualificazioni nelle gare per lavori relativi ai beni culturali, per i quali vi è una chiara disposizione derogatoria costituita in particolare dall’art. 146 comma 2 del d.lgs., n. 50 del 2016, Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2018, n. 6114.
[4] Il c.d. elemento teleologico, consente al consorzio stabile di operare con un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire senza l’ausilio necessario delle imprese consorziate, le prestazioni previste nel contratto: espressione di una propria qualificazione, diversa ed autonoma dalle imprese consorziate, che consente ai medesimi di partecipare alle gare pubbliche, con la conseguenza che essi assumono su di sé, e con le qualificazioni possedute, l’onere della esecuzione delle prestazioni contrattuali, CGA, sez. giurisdizionale, 22 gennaio 2021, n. 49.
[5] Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 6165/2020.
[6] Cons. Stato, Ad. Plen., 18 marzo 2021, n. 5. Il consorzio ordinario, pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti, diversamente dal consorzio stabile: il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine; esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate: non è così per i consorzi stabili.
[7] TAR Campania, Salerno, sez. II, sentenza n. 785/2015.
[8] Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 276/2018.