… già l’art. 10 della legge n. 765 del 1967 (che ha novellato in parte qua l’art. 31, comma 9, della legge n. 1150 del 1942), nel prevedere che i titoli edilizi possono essere impugnati da “chiunque”, non ha introdotto un’azione popolare (che consentirebbe a qualsiasi cittadino di impugnare il provvedimento che prevede la realizzazione di un’opera per far valere comunque l’osservanza delle prescrizioni che regolano l’edificazione), ma ha più semplicemente voluto riconoscere una posizione qualificata e differenziata in favore di chi si trovi in una specifica situazione giuridico-fattuale rispetto all’intervento edilizio assentito, per cui il provvedimento impugnato venga oggettivamente ad incidere la sua posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e attuale.
Può allora profilarsi (ed è questa la domanda) un’interpretazione orientata verso l’“accesso generalizzato” anche senza la presenza di una contiguità dei beni oggetto di intervento edilizio, anche senza la sussistenza di tutti i presupposti, di cui all’art. 24, comma 7, della n. 241/1990, considerato che in subiecta materia non può essere affermata l’esistenza di un diritto alla riservatezza in capo ai controinteressati: soprattutto, ove la richiesta sia funzionale alla necessità acclarare la presenza di eventuali abusi edilizi o altre similari evenienze che possano pregiudicare il corretto e armonico sviluppo del territorio, o più semplicemente per “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.
Il terzo confinante, come illustrato, può impugnare i titoli edilizi e accedere alla documentazione presentata dal privato al fine di sollecitare l’esercizio della funzione di controllo edilizio/urbanistico o per rilevare eventuali profili di illegittimità dei titoli edilizi, anche in fase di esecuzione lavori: lo sfondo di queste pretese è ancorato alla tutela di una propria posizione qualificata, ma questo potrebbe essere esteso oltre l’interesse qualificato (?).
Se, infatti, il diritto di “accesso generalizzato” consente “a chiunque” di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria (quella del comma 1 dell’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, e del citato comma 6, dell’art. 20 del T.U.), con l’unico limite relativo alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dal comma 2 dall’articolo 5 bis del cit. decreto “trasparenza” (rifiutato se è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di specifici interessi privati) può ammettersi, allora, efficacemente l’accesso alla documentazione qualora non si dimostri il pregiudizio arrecato al privato controinteressato.
La richiesta di accesso generalizzato alla documentazione edilizia esula, pertanto, da ragioni di tutela personale, non implica la conoscenza di dati sensibili, non insidia la sfera di riservatezza del titolare del permesso o dell’attività edilizia libera.
Le linee guida ANAC, sui limiti (esclusioni relative o qualificate) al diritto di accesso generalizzato derivanti dalla tutela di “interessi privati” tiene a precisare che l’Amministrazione deve adeguatamente motivare il diniego, dando riscontro delle circostanze in cui potrebbe essere pregiudicato l’interesse concreto non potendosi limitare a rigettare l’istanza senza elencare puntualmente tale interesse privato compromesso: la motivazione è necessaria anche in caso di accoglimento dell’istanza, specie nelle ipotesi in cui la richiesta lambisce diritti di soggetti terzi che, come controinteressati, sono stati coinvolti, ai sensi dell’art. 5, comma 5 del decreto “trasparenza”.
La ritenuta sussistenza di tale pregiudizio comporta il rigetto dell’istanza.
Anche in questo contesto, devono essere tenute in considerazione le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato, che deve essere obbligatoriamente interpellato dall’Amministrazione, rilevando che già la presenza del controinteressato costituisce un indice della sussistenza di un pregiudizio concreto, la cui valutazione però spetta all’Ente e va condotta anche in caso di silenzio del controinteressato, tenendo in considerazione tutti gli interessi coinvolti.
In attuazione ai principi dell’accessibilità totale (from need to right to know, c.d. FOIA) che trovano fondamento diverso rispetto all’accesso documentale della legge n. 241/1990, l’Amministrazione nel dare riscontro alla richiesta di accesso generalizzato, dovrebbe scegliere le modalità meno pregiudizievoli per i diritti dell’interessato, privilegiando l’ostensione di documenti con l’omissione dei «dati personali» in esso presenti, laddove l’esigenza informativa, alla base dell’accesso generalizzato, possa essere raggiunta senza implicare il trattamento dei dati personali, volendo significare che l’accesso generalizzato alla documentazione edilizia potrà contenere diversi dati, non necessariamente riferiti all’intervento.
Si comprende che i limiti del diritto di accesso generalizzato possono essere superati oscurando i dati personali, per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento – caso per caso – tra tali interessi: tale bilanciamento è ben diverso nel caso dell’accesso della legge n. 241/1990 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni.
La prefata relazione impedisce l’accesso generalizzato qualora sia dimostrato il pregiudizio concreto, prendendo in considerazione «le conseguenze – anche legate alla sfera morale, relazionale e sociale – che potrebbero derivare all’interessato (o ad altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo) dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato o del documento richiesto», con un evidente giudizio pronostico che dovrà comparire nelle determinazioni dell’Amministrazione a sostegno del diniego; diversamente, non si potrà anteporre alcuna limitazione e consentire l’accesso alla documentazione edilizia.
Nella linea guida l’Autorità Anticorruzione precisa che l’accesso generalizzato è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla P.A. «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (ex art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013), con il precipitato che, quando l’oggetto della richiesta di accesso riguarda documenti contenenti informazioni relative a persone fisiche (e in quanto tali «dati personali») non necessarie al raggiungimento del predetto scopo, oppure informazioni personali di dettaglio che risultino comunque sproporzionate, eccedenti e non pertinenti, l’Ente destinatario della richiesta dovrebbe accordare l’accesso parziale ai documenti, oscurando i dati personali ivi presenti.
Considerazioni analoghe vengono estese nei casi previsti dall’art. 5 bis, comma 2, lettere b) e c) del d.lgs. n. 33/2013, dovendo garantire un’adeguata tutela degli interessi privati, e allo stesso tempo enunciare in chiaro il pregiudizio arrecato a tali interessi, dato che l’istituto dell’accesso generalizzato assicura una più ampia tutela all’interesse conoscitivo, qualora non sia specificato un diverso titolo giuridico della domanda, adottando il criterio del minor aggravio possibile nell’esercizio del diritto.
Non va dimenticato che in caso di opposizione del controinteressato l’Amministrazione non può assumere come unico fondamento del rifiuto di accesso il mancato consenso del controinteressato, in considerazione che l’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 33/2013 espressamente prevede l’ipotesi di «accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato».
La conseguenza pratica dell’accoglimento o del rigetto è quella che il responsabile dell’accesso dovrà valutare, da un lato, la probabilità e serietà del danno agli interessi dei soggetti terzi che abbiano fatto opposizione e, dall’altro, la rilevanza dell’interesse conoscitivo della collettività (e, se esplicitato, del richiedente) che la richiesta mira a soddisfare, dovendo sempre evidenziare le motivazioni del rigetto fondate esclusivamente sui limiti normativi non potendo aggiungerne altri.
Il mainstream culturale della “trasparenza” porta ad allargare i confini del diritto di accesso in ambito edilizio ben oltre al “confinante”, a colui che possiede una legittimazione differenziata rispetto alla generalità dei consociati: esigenze di modernità, di condivisione e di partecipazione pretendono un “accesso generalizzato” a tutti gli atti depositati e istruttori indispensabili per esercitare un diritto, lo ius ad aedificandum, incidendo su tutti gli ambiti di sviluppo territoriale e più l’investimento è importante più vi è l’esigenza di allargare la consultazione pubblica (c.d. dibattito pubblico per le grandi opere) e il conseguente accesso (con la pubblicazione on line) agli atti procedimentali.
Sotto il profilo delle suggestioni e spingendosi nella futura digitalizzazione, il diritto di accesso in ambito edilizio, a ben vedere, se spinto ad un accesso generalizzato in nome di un allargamento del mercato concorrenziale, dove i dati personali vengono scambiati (comprati) e indicizzati (profilati), per assicurare la democrazia e la partecipazione alla gestione della res publica, non sfugge che il controllo diffuso e la troppa trasparenza mina la sicurezza individuale e si antepongono gli interessi generali (quelli delle corporate governance) a quelli naturali delle libertà personali, perdendo parte della sovranità che dovrebbe appartenere al popolo.
(Estratto, Prospettive del diritto di accesso documentale e generalizzato dei titoli edilizi, L’ufficio tecnico, 2018, n. 5)