L’art. 193 del d.lgs. n. 36/2023, individua la procedura di affidamento del project financing o finanza di progetto, dove un promotore (operatore economico proponente) presenta alla PA «proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori o servizi», corredata da «un progetto di fattibilità, una bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione»[1].
La proposta, e i documenti ad esse allegati, definiscono nel concreto l’essenza dell’affidamento, il cui rischio imprenditoriale dell’investimento e della sua remunerazione deve rimanere in capo al proponente.
La procedura
L’ente concedente, il quale potrà (anche) aver inserito nella propria programmazione tale esigenza (un ricerca sul mercato), dovrà valutare entro novanta giorni dalla presentazione della proposta la sua fattibilità, anche richiedendo modifiche finalizzate ad adeguare la proposta con le esigenze dell’Amministrazione, specie ove manchi una previsione dettagliata del bisogno pubblico (in effetti, una volta ritenuto meritevole verrà inserito negli atti di programmazione), dovendo rilevare che il mancato adeguamento corrisponde al diniego della proposta (che inevitabilmente si intende respinta nel silenzio del proponente, ovvero mancato recepimento delle osservazioni), anche se è comunque necessario un provvedimento espresso[2].
Il meccanismo del project financing consente (nella sostanza) di derogare all’evidenza pubblica[3], avendo ex lege un diritto di prelazione[4] in mancanza di aggiudicazione se il proponente dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario, una volta posto in gara la proposta[5].
Va chiarito, altresì, che l’Amministrazione, anche una volta dichiarata di pubblico interesse la proposta del privato[6] e individuato il promotore, non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della concessione[7], non creandosi alcun vincolo per l’Amministrazione e, corrispondentemente, enucleandosi una mera aspettativa (non giuridicamente tutelata) in capo al privato, condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell’Amministrazione in ordine alla opportunità di contrattare sulla base della proposta[8].
Donde, la procedura si caratterizza per distinte e autonome fasi procedimentali, ciascuna separata dall’altra[9].
In generale, al di là delle celebrazioni di questa forma di aggiudicazione per il perseguimento dell’interesse pubblico, l’utilizzo di questo strumento si presenta quando l’Amministrazione non ha le risorse per determinanti interventi, sicché lo strumento impatta favorevolmente nel bilancio dell’Ente, senza considerare che nel periodo di vita del project i costi dell’investimento iniziali vengono ampiamenti recuperati (da parte dell’investitore), con evidenti impatti negativi sull’esposizione finanziaria dell’Ente (ossia, il rapporto costi/benefici), senza considerare la sua gestione, ove la struttura organizzativa interna non presenti professionalità adeguate (formate) per i dovuti controlli sul servizio, rischiando di pagare un’opera/servizio al di sopra di ogni parametro di convenienza, con un rischio zero per l’operatore economico.
L’azzeramento del rischio
La sez. I Catania, del TAR Sicilia, con la sentenza 22 novembre 2024, n. 3886, censura l’aggiudicazione di un project dal quale si può desumere (leggendo i documenti finanziari) l’assenza del rischio, minando in radice la stessa natura di questa modalità di affidamento, dove il privato non assume alcuna responsabilità sulla futura gestione (caso di specie ristorazione/mensa), azzerandone il rischio.
La parte ricorrente contestava all’Amministrazione la natura (mascherata) dell’affidamento, dove in assenza di rischio operativo (il c.d. elemento imponderabile) non può avverarsi una concessione (c.d. finanza di progetto) quanto un appalto:
- il mancato trasferimento al prestatario dei rischi legati alla prestazione dei servizi indica che l’operazione promossa costituisce un appalto pubblico di servizi e non una concessione di servizi pubblici;
- la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato selezionato è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso l’intervento;
- la concessione di lavori/servizi pubblici, quale strumento per l’attuazione della “finanza di progetto”, debbono avere una chiara natura imprenditoriale, nel senso che si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni, con la conseguenza che il rischio assunto dal promotore o concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni/servizi, poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa;
- attraverso la previsione in netto contrasto con lo schema normativo tipico di una remunerazione degli investimenti dei privati concessionari si posta interamente a carico dell’Amministrazione aggiudicatrice, senza che si verifichi quella traslazione in capo ai privati del rischio economico e gestionale: elemento essenziale dello schema contrattuale del project financing, collegato alla svolgimento dei servizi erogati attraverso la concessione di servizi, in modo tale che il rientro e l’adeguata remunerazione dei capitali investiti siano assicurati dalla redditività dell’iniziativa economica intrapresa[10].
All’esito di una richiesta di chiarimenti, onde evitare l’ipotesi di nullità del contratto, ex art. 1344 c.c., o per impossibilità giuridica dell’oggetto o per contrasto con norma imperativa, ex art. 1418 c.c., il Tribunale, dopo una serie di rimandi all’evoluzione della disciplina, giunge alle seguenti conclusioni:
- ogni rapporto di concessione previsto sia dal secondo sia dal terzo Codice dei contratti pubblici presuppone il trasferimento del rischio operativo dalla PA al concessionario;
- l’unico diritto del promotore a titolo di corrispettivo risiede nel diritto di gestire le opere oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione delle opere, ovvero a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi;
- in modo espresso l’art. 177, del d.lgs. n. 36/2023, rubricato «contratto di concessione e traslazione del rischio operativo» riconferma i precedenti normativi: «l’aggiudicazione di una concessione comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi e comprende un rischio dal lato della domanda dal lato dell’offerta o da entrambi. Per rischio dal lato della domanda si intende il rischio associato alla domanda effettiva di lavori o servizi che sono oggetto del contratto. Per rischio dal lato dell’offerta si intende il rischio associato all’offerta dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non corrisponda al livello qualitativo e quantitativo dedotto in contratto».
Il carattere della concessione
Nel rischio di non recuperare l’investimento effettuato o i costi sostenuti in condizioni operative normali risiede la natura – causa del negozio sottoscritto: la convenzione con il relativo PEF, dimostrando un vero spartiacque tra concessione e appalto, giacché quest’ultimo si caratterizza per il rapporto sinallagmatico intercorrente tra appaltante ed appaltatore ed il compenso di quest’ultimo grava interamente sull’appaltante; nella concessione (diversamente), connotata da una dimensione trilaterale, il concessionario ha rapporti negoziali diretti con l’utenza finale, dalla cui richiesta di servizi trae la propria remunerazione.
L’approdo di questa modalità di realizzazione mediata dell’interesse pubblico alberga nel meccanismo causale della concessione dove l’alea del rischio, dovuta alle fluttuazioni del mercato della domanda del servizio, corrisponde all’insolvenza dell’utenza: un rischio traslato in capo al concessionario, integrando il rischio principale assunto dal concessionario assieme al rischio d’impresa[11].
La finanza di progetto
La finanza di progetto, da ricondurre ad una modalità di finanziamento della concessione, si caratterizza in modo formale e sostanziale per il trasferimento del rischio – nelle sue varie tipologie – in capo all’operatore economico privato, che assume, quindi, un rilievo fondamentale ai fini della qualificazione di un accordo fra un soggetto privato ed un soggetto pubblico, quale partenariato pubblico privato/concessione, oppure quale appalto di servizi.
Se dunque viene meno la componente del rischio nella gestione del servizio per la sua traslazione alla PA possiamo affermare che il contratto esula dalla tipologia della finanza di progetto e può essere inquadrato in quello legittimo dell’appalto[12], con evidenti elusioni della procedura di gara e della concorrenza, avendo utilizzato una procedura elusiva rispetto a quello effettivamente voluta: il promotore viene vantaggiato rispetto agli altri operatori economici.
L’indebito utilizzo della finanza di progetto
Il Tribunale, dopo una minuziosa analisi dell’approccio civilistico e amministrativo della nullità, termina nel considerare appurata la violazione di legge, e, applicando il nuovo Codice dei contratti pubblici, espone in chiaro l’assenza del “rischio operativo” e della configurabilità dei requisiti minimi della concessione, giacché anche traslandone una parte alla PA questo rischio non può essere totalmente assunto in capo alla parte pubblica, perché ciò farebbe venir meno la stessa ragion d’essere di una tipologia contrattuale che resta differenziata dall’appalto.
La conseguenza diretta comporta che il contratto è affetto da nullità per illiceità della causa, ai sensi dell’art. 1344 c.c., il contratto di concessione eventualmente stipulato tra l’operatore privato e l’Amministrazione, che si ponga in contrasto con lo schema negoziale del project financing e, più in generale, con le regole in materia di concessioni[13].
Per gli atti presupposti (antecedenti al contratto, ovvero la fase della proposta e accettazione), siamo in presenza di un progetto che realizza, o si prefigge di realizzare, l’azzeramento del rischio operativo a carico del futuro aggiudicatario, facendo conseguire al privato un risultato economico contrario alle logiche concorrenziali specifiche proprie di tale modello di affidamento di lavori e servizi e, pertanto, precluso dall’ordinamento giuridico: tale difformità si caratterizza, invero, per la sua manifesta evidenza, tenuto conto che il corrispettivo del servizio è posto a carico dell’Amministrazione concedente e non grava, invece, neppure parzialmente sull’utenza.
Al di fuori della prescritta e sopraindicata area di immediata lesività degli esiti della prima fase, i vizi di legittimità si riflettono anche sulla successiva fase e, infine sul contratto stipulato, giacché l’interesse (ossia, la lesività degli atti incorporanti tali vizi) si declina in base all’effettiva pretesa vantata dal ricorrente, che si trova immediatamente leso dal vantaggio del proponente, incidendo così sulla par condicio.
Al termine di una complessa vicenda e articolata sentenza, il ricorso viene accolto in toto, non avendo inteso ricorrere sugli esiti del project financing, quanto in radice la possibilità di ricorrere al project financing per carenza dei requisiti sostanziali.
Considerazioni
Il giudicato non lascia traccia (dubbio) sulla non corretta impostazione della gara, sul fatto di non aver rigettato una proposta che accetta silente il rischio operativo, senza margini di incertezze per il proponente, sia sui costi del servizio, e i relativi ricavi, che sull’aggiudicazione.
Serviva un giudice per affermarlo.
[1] La scelta di ricorrere a questa soluzione è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, tale da non potere essere resa coercibile nel giudizio amministrativo di legittimità, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore, Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2023, n. 1065.
[2] Nella procedura di project financing occorre distinguere tre fasi: la prima fase, ancorché in qualche misura procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici predeterminati, ma all’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore inerente alla presentazione della proposta di finanza di progetto, in cui si esprime la valutazione dell’interesse pubblico, di competenza dell’organo di governo; la seconda fase è caratterizzata dall’inserimento dell’opera dichiarata di pubblico interesse nella programmazione triennale, con sottoposizione ad approvazione del progetto preliminare, rimessa alla competenza del consiglio; la terza fase prevede l’indizione di una gara sul progetto approvato, rimessa alla competenza della dirigenza e soggetta, come tale, ai principi comunitari e nazionali in materia di evidenza pubblica, Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2023, n. 9298.
[3] Infatti, la finanza di progetto non è un modulo di confronto concorrenziale sottoposto al principio delle procedure di evidenza pubblica, quanto piuttosto uno strumento tramite il quale l’Amministrazione definisce, di concerto con il privato, un obiettivo di interesse pubblico da realizzare, TAR Lombardia, Milano, sez. I, 23 ottobre 2023, n. 2418.
[4] La logica della prelazione non è affatto incompatibile con quella della gara pubblica, come previsto in tema di finanza di progetto, che attribuisce un diritto di prelazione al promotore in danno dell’aggiudicatario. Istituto quest’ultimo, che, anche nelle sue precedenti versioni, ha sempre resistito ai test di illegittimità costituzionale ed unionale ai quali è stato sottoposto. Al contrario prelazione e gara previste insieme consentono all’Amministrazione di esigere dal prelazionario, il prezzo “fatto” dal mercato, quindi, limitano il beneficio di quest’ultimo e tutelano di converso l’interesse pubblico e le casse erariali, Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2024, n. 5381.
[5] La procedura si sviluppa in due serie procedimentali strutturalmente autonome ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale: la prima di selezione del progetto di pubblico interesse e la seconda di gara ad evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità; la seconda serie è distinta nelle subfasi di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e di eventuale esercizio da parte del promotore del diritto di prelazione, Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9210.
[6] La dichiarazione di pubblico interesse del progetto presentato dal promotore, avendo il carattere essenzialmente prodromico al modulo attivato con la presentazione del project financing, non attribuisce in maniera definitiva un vantaggio, ma una mera aspettativa eventualmente alla successiva indizione della gara (manca l’effetto durevole che non è stato raggiunto): è esclusa la fase partecipativa, LUCCA, Finanza di progetto e discrezionalità della PA, public-utilities.it, 26 settembre 2022. In materia di project financing l’Amministrazione – una volta individuato il promotore e ritenuto di pubblico interesse il progetto dallo stesso presentato – non è comunque tenuta a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili in sede giurisdizionale, se, per la tutela dell’interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione, ovvero, rinviare la sua realizzazione, ovvero, non procedere affatto, TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 1° agosto 2024, n. 2809, idem TAR Sicilia, Catania, sez. I, 29 aprile 2024, n. 1557.
[7] Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2018, n. 6633.
[8] Cons. Stato, sez. V, 4 febbraio 2019, n. 820.
[9] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 maggio 2018, n. 2883.
[10] TAR Sardegna, sez. I, 10 marzo 2011, n. 213.
[11] Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021, n. 2426.
[12] Si avrà concessione quando l’operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza, mentre si avrà appalto quando l’onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull’Amministrazione, Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2012, n. 4682.
[13] Cfr. TAR Liguria, sez. I, 3 gennaio 2023, n. 8; TAR Sardegna, sez. I, 10 marzo 2011, n. 213.