La prima sezione del T.A.R. Campania – Napoli, con la sentenza 19 giugno 2013, n. 3154 (1), interviene annullando la disposizione di servizio (e condannando l’amministrazione soccombente alle spese) con la quale un Sindaco ha ordinato ai responsabili dei servizi e uffici di staff nonché al Segretario Generale di consentire ai consiglieri comunali di permanere negli uffici comunali, per l’esercizio del diritto di accesso agli atti, nei giorni e in orari prestabiliti (accesso agli atti solo il lunedì dalle 9:00 alle 13:00 ed il mercoledì dalle 16:00 alle 18:00, fatta eccezione per gli argomenti all’ordine del giorno delle sedute del Consiglio comunale).
I consiglieri ricorrenti (2), censurano l’atto, deducendo la carenza di competenza del sindaco in materia, nonché la mancanza di congrua motivazione e la violazione delle norme che garantiscono il pieno diritto di accesso agli atti del comune (ex art. 43 t.u.e.l., violazione dello Statuto e del regolamento comunale).
Il Giudice di prime cure decide in forma semplificata, affermando la piena legittimazione dei consiglieri per l’oggetto di contestazione, in considerazione del contenuto precettivo dell’ordine che incide il modo di esercizio di una facoltà giuridicamente riconosciuta dall’ordinamento ai consiglieri e sulla sua fruibilità in concreto.
Nel merito, la censura di incompetenza del sindaco a regolamentare la materia si trova a volo d’uccello dal quadro delle fonti: in primis dalla legge sull’ordinamento degli enti locali (t.u.e.l.) e, a cascata, dallo Statuto comunale e dal relativo regolamento (caso di specie).
Si cesella nella sentenza il consolidato orientamento interpretativo dell’art. 43, comma 2, del t.u.e.l. che riconosce in capo ai consiglieri comunali un diritto di informazione pieno, di accedere e prendere visione degli atti del Comune, senza particolari limitazioni, anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza dell’organo consiliare, e per promuovere, anche nell’ambito dello tesso, le proprie iniziative, di talché, a differenza dei soggetti privati, il consigliere non è tenuto ad una particolare motivazione della richiesta, né l’amministrazione ha titolo per sindacare il rapporto tra la richiesta di accesso e l’esercizio del mandato, altrimenti gli organi dell’amministrazione sarebbero arbitri di stabilire essi stessi l’ambito del controllo sul proprio operato (3).
Al di là poi dell’analisi delle fonti secondarie previste nello Statuto e nel regolamento, si verga che la cornice normativa scandisce con precisione gli ambiti di competenza di ciascun organo del Comune, confermando che solo il consiglio comunale (mediante il potere regolamentare) ha competenza per la disciplina di carattere generale; ribadendo il ruolo centrale del consiglio nelle dinamiche della vita politico – amministrativa, espressione di tutte le parti politiche e in modo particolare in relazione al ruolo di controllo attribuito alla minoranza (dove il potere di informazione è uno dei tratti caratteristici e salienti).
Il Tribunale non può non concludere con il pronunciamento dell’illegittimità dell’atto sindacale che esorbita dalle funzioni attribuite, occupandosi – in linea generale – della materia (con una vera e propria compressione dell’esercizio del diritto di accesso al di fuori dei giorni in cui è consentito l’accesso agli uffici) di spettanza del consiglio comunale; un eccesso di potere posto oltre i limiti interni del ruolo di capo dell’amministrazione per ricoprire una funzione normativa di spettanza esclusiva del consiglio (4), un esercizio ultroneo a quello strettamente limitato alla verifica di funzionalità degli uffici ed alla introduzione di accorgimenti atti a scongiurare l’intralcio alla loro operatività.
A lume dei principi sopra enunciati, bisogna dunque sostenere l’impossibilità giuridica di selezionare le modalità del diritto di accesso del consigliere comunale con norme di carattere organizzativo interno, peraltro quest’ultime di stretta competenza degli organi gestionali non potendo l’organo elettivo (il sindaco) pretendere di organizzare puntualmente un servizio se non attraverso criteri di carattere generale e non puntuali; nella fattispecie, le modalità organizzative (alias le modalità per l’esercizio di una funzione) sono ex lege di competenza dell’organo consiliare in relazione proprio all’importanza cogente del diritto ex se. Inoltre, anche le modalità organizzative disciplinate dalla fonte regolamentare non possono incidere sull’esercizio del diritto se non nei limiti della “ragionevolezza” e della “proporzionalità”: l’accesso agli atti e alle informazione da assolversi in poche ore alla settimana compromette inesorabilmente un diritto non sopprimibile e si pone in evidente contrasto con i citati principi (di portata costituzionale).
L’esito di tale scrutinio non può che invadere la sfera di autonomia (e libertà) riconosciuta dall’ordinamento giuridico al consigliere comunale e lacera il rapporto di equilibrio tra organi chiamati a gestire concretamente l’amministrazione (la dirigenza) e organi elettivi chiamati a definire la politica amministrativa dell’ente, alterando le garanzie partecipative con restrizioni atipiche non coerenti con i modelli delle democrazie contemporanee, dove la minoranza controlla la maggioranza (anche) attraverso l’acquisizione di informazione e documenti (5), e dove i meccanismi politici sono effettivamente capaci di emancipare i soggetti dalla struttura del potere nella società civile (6).
(ESTRATTO, LexItalia, 2013, n.9)
1 Il T.A.R. Campania- Napoli, sez. I, 17 novembre 2008, n.19672, si pronunciò su un caso similare annullando un provvedimento sindacale per incompetenza dell’organo a disciplinare le modalità del diritto di accesso riservato ai consiglieri comunali.
2 La legittimazione ad agire dei consiglieri comunali o provinciali deriva dalla compressione di una prerogativa del loro ufficio protetta dall’ordinamento generale, Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2013, n. 2213, idem T.A.R. Veneto, sez. II, 24 febbraio 2010, n. 528.
3 Idem Cons. Stato sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829 e 17 settembre 2010, n. 6963.
4 La competenza attribuita dall’articolo 42 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ai consigli comunali deve intendersi circoscritta agli atti fondamentali dell’Ente, di natura programmatoria o aventi un elevato contenuto di indirizzo politico, Cons. Stato, sez. V, 20 agosto 2013, n. 4192.
5 Cfr. LIJPHART, Le democrazie contemporanee, Bologna, 1988.
6 Cfr. GRAZIANO, Clientelismo e sistema politico. Il caso dell’Italia, Milano, 1984, pag.64.