In linea generale, qualora un soggetto percepisca indebitamente un’utilità (ad es. contributi) il termine di prescrizione, ex art. 2935 c.c., decorre dalla data in cui il diritto poteva essere fatto valere, ovverosia dalla data in cui la non debenza (ripetizione) è stata accertata inconfutabilmente.
In effetti, merita rammentare che, sul tema della decorrenza del termine prescrizionale, l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l’esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto.
Recupero
Si comprende, per entrare nel tema, che l’erogazione di un emolumento (o un’indennità) riconosciuta dalla normativa vigente in materia a un pubblico dipendente rende ingiustificata e grave la sua percezione in mancanza dei presupposti; mancando i presupposti, il dipendente si è illegittimamente e illecitamente avvantaggiato con palese e grave violazione delle disposizioni materia, rendendo doveroso il loro recupero, al fine di evitare il depauperamento delle casse dell’Erario dell’Amministrazione di appartenenza (con effetti di responsabilità amministrativa).
Infatti, la restituzione delle somme indebite erogate al dipendente costituisce operazione doverosa, oggetto, dunque, di attività vincolata: la natura doverosa della ripetizione è correlata alla percezione di emolumenti non dovuti, imponendo all’Amministrazione l’esercizio del diritto-dovere di ripetere le relative somme in applicazione dell’art. 2033 c.c. anche nei rapporti di lavoro non privatizzati.
Il pronunciamento
La sez. I Napoli, del TAR Campania, con la sentenza 18 marzo 2025, n. 2266 (Est. Esposito), conferma l’orientamento sulla doverosità del recupero degli emolumenti erroneamente versati dalla PA nel termine di prescrizione decennale.
La controversia è attratta nella giurisdizione esclusiva del GA, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. i), c.p.a. («controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico»).
Il giudice di prime cure nel ritenere il ricorso del tutto infondato, annota:
- l’inconferenza della giustificazione di aver percepito il compenso in modo del tutto inconsapevole per la parte di quota non spettante;
- a fronte di somme indebitamente percepite la Pubblica Amministrazione è tenuta doverosamente a effettuarne il recupero, entro il termine di prescrizione decennale;
- neppure il recupero può essere considerato una reformatio in peius del trattamento, vertendosi sulla sua corretta riconduzione alla misura stabilita dalla norma (relativamente al posto ricoperto);
- la maggior somma percepita (per un errore di calcolo del sistema) configura un indebito oggettivo, che dà luogo all’obbligatorio esercizio dell’attività per la ripetizione degli emolumenti non dovuti, esperibile il termine di prescrizione decennale;
- non vi è stata alcuna omissione dell’avviso di avvio del procedimento, avendo l’interessato contestato la pretesa restitutoria;
- non è possibile invocare la buona fede e neppure il legittimo affidamento sulla spettanza delle somme, quando il pagamento risulta manifestamente privo di titolo o basato su semplici errori di calcolo (tali errori possono essere rilevati dal beneficiario, eventualmente ricorrendo ad un esperto).
(estratto pubblicato in gruppodelfino.it, 19 marzo 2025)