La sez. II Milano del TAR Lombardia, con l’ordinanza 14 giugno 2024 n. 612, sovverte un orientamento sulla sufficienza del voto numerico nella valutazione delle prove d’esame di avvocato: serve qualcosa di più (c.d. quid pluris).
Fatto
Nello specifico veniva impugnato un verbale di seduta della correzione delle prove scritte dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato, nella parte in cui viene espressa la valutazione insufficiente (pari a 9/30) per l’elaborato della parte ricorrente, con preclusione all’accesso alla prova orale.
Rinvio al merito
Il Tribunale sospende l’efficacia dell’atto di esclusione e rinvia all’udienza di merito, imponendo la ricorrezione dell’elaborato in forma strettamente anonima.
L’interesse del pronunciamento risiede nel collegamento dell’onere motivazionale di valutazione della prova al numero di elaborati da correggere (aspetto quasi convincente), ritenendo che essendo, diminuiti il numero di partecipanti (scesi da 24.867 a 9.703), modificando l’orientamento precedente[1], il voto numerico non assolve appieno a tale onere, dovendo il candidato comprendere il risultato finale: l’esclusione.
In termini puntuali, venuto meno l’esigenza di «accelerare al massimo grado i tempi di correzione degli elaborati scritti… non appare più incompatibile con l’attuale struttura dell’esame una motivazione consistente nel solo voto numerico, senza alcuna ulteriore indicazione, sia pure mediante segni grafici apposti a margine del tema, delle ragioni ad esso sottese».
Non solo voto
Si comprende che il voto, pur corrispondente a criteri valutativi predeterminati a monte, non sia più capace di esprimere compiutamente la motivazione, che dovrà essere rinforzata da ulteriori elementi, «sia pure estremamente sintetici», tali da poter sostenere il giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice, aspetto che non esclude, tuttavia, l’esigenza di veloce correzione delle prove.
Una prassi, annota il Tribunale, già seguita dalle commissioni istituite preso altre Corti di appello, dove accanto al voto numerico vengono riportati apprezzamenti idonei a definire l’intensità della motivazione[2], utile strumento in grado di sorreggere l’esclusione (la bocciatura all’esito della prova).
La selezione per l’accesso ad una professione, similarmente ad un concorso per l’accesso ad un lavoro pubblico, richiederà un impegno supplettivo alle Commissioni esaminatrici, le quali non potranno limitarsi a stabilire le ragioni della scarsità di un elaborato con un punteggio, ma dovranno fornire al candidato i riferimenti ritenuti negativi, ossia i passaggi del tema (prova) privi di un qualche valore per raggiungere la sufficienza, segnando (in parole diverse) le lacune concettuali o gli errori invalidanti, potendosi fermare non solo a descrivere giudizi “corti” ma a tracciare segni o indizi di correzione, utili – anzi indispensabili – ausili motivazionali, il tutto nel rispetto della transizione digitale.
Nel merito si avrà modo di comprendere (dubitando) se l’orientamento troverà ingresso nella statuizione del giudice, e, in ogni caso, questo non esclude alle Commissioni d’esame di rafforzare la motivazione, recuperando margini di trasparenza, con indicazioni di correzioni, permettendo agli esclusi di prendere coscienza del grado di preparazione, facendo chiarezza[3].
[1] Cons. Stato, Ad. Plen., 20 settembre 2017, n. 7, ove si stabilisce che i «provvedimenti della commissione esaminatrice degli aspiranti avvocati, che rilevano l’inidoneità delle prove scritte e non li ammettono all’esame orale, vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione».
[2] Vedi, LUCCA, Valutazione (in forma numerica) e motivazione nelle prove d’esame (di avvocato), 2006, giustizia-amministrativa.it, ove si sosteneva l’obbligatorietà di una motivazione espressa non solo con il voto, assolvendo un principio generale e razionabile in ogni determinazione pubblica, dovendo, per evidenti ragioni di sostanza, dare una risultanza «più articolata se l’intensità dell’incisione colpisce negativamente il suo destinatario, risolvendo la questione nella non ponderabilità, trasparenza, garanzia delle scelte eseguite da decisione prive di valutazioni argomentative ed espresse sinteticamente in un numero, non in grado di rappresentare l’iter logico – giuridico seguito, anche se rapportabile in astratto a criteri prestabiliti di valutazioni (appunto in astratto, e non concretamente confutabili caso per caso)».
[3] Ne consegue che, qualora manchino criteri di massima, oltre a precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, la valutazione in forma numerica deve essere ritenuta illegittima, posto che, in difetto di specificazione dei criteri in voci e sotto voci, con relativi punteggi, idonei a delimitare adeguatamente il giudizio della Commissione ed a renderlo sufficientemente chiaro, analitico e articolato, risulta incomprensibile l’iter logico seguito dalla stessa nella valutazione delle prove, precludendo in radice la possibilità di operare un controllo di adeguatezza, logicità e congruità che pacificamente la giurisprudenza assegna al giudice amministrativo, TAR Puglia, Lecce, sez. II, 18 aprile 2024, n. 567.