La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 518 del 21 gennaio 2019, interviene per riaffermare l’esigenza indifferibile di garantire la trasparenza mediante la pubblicazione on line di un avviso per l’individuazione di un responsabile per la protezione dei dati (caso di specie, affidamento del servizio di data protection officer).
Un’Amministrazione sanitaria affidava, con procedura negoziata (ex art. 36, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 50/2016), il servizio di DPO (RDP, ex art. 37 del Regolamento UE 679/2016, GDPR) per un anno prorogabile di un altro anno ad un determinato operatore economico.
Un professionista impugnava in primo grado gli atti di gara, rilevando che la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, cit. e delle Linee Guida ANAC n. 4 (approvate con deliberazione n. 206/2018) ha omesso di pubblicare l’avviso per individuare i cinque soggetti da consultare nella procedura negoziata, non sussistendo neppure i presupposti per dare corso all’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 63 «Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara», del D.Lgs. 50/2016: il ricorso risultava fondato con conseguente annullamento degli atti di gara.
La P.A., soccombente in prime cure, rilevava – in fatto – di aver pubblicato sul sito internet istituzionale il decreto di indizione della gara, e che la lettera di invito era stata trasmessa a cinque operatori, ritenendo inammissibile il ricorso:
- per difetto di interesse, in quanto non era stata superata la c.d. prova di resistenza, non avendo il ricorrente dimostrato che, qualora fosse stato invitato a presentare domanda, sarebbe potuto risultare vincitore;
- nonché, il possesso di titoli consistente nell’aver svolto “attività di consulenza e/o verifica e controllo in materia di privacy in ambito sanitario di almeno tre anni, con puntuale indicazione dell’oggetto dell’attività svolta, delle date (inizio e fine) e dei destinatari”[1].
Nel merito l’appellante sosteneva:
- assolto l’obbligo di pubblicità, in quanto la deliberazione di indizione della gara era stata pubblicata per ben sette giorni, fino alla data di scadenza della presentazione delle offerte indicata nella lettera di invito;
- rilevando di aver svolto le “indagini di mercato” richieste dalle Linee Guida ANAC, mediante l’esame degli atti di analoga procedura effettuata da altra P.A.;
- facendo riferimento a ditte esperte nel settore;
- giustificava la procedura negoziata – senza previa pubblicazione di un bando di gara – in relazione all’urgenza legato alla necessità di completare l’affidamento entro il 25 maggio 2018 (termine ultimo per la nomina del DPO, coincidente con la decorrenza dell’efficacia del GDPR).
L’appellato, costituito in giudizio, riproponeva i motivi del primo ricorso assorbito in primo grado, soffermandosi sull’omissione della pubblicazione e sull’utilizzazione dell’appalto in luogo di un incarico ex art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001 (che avrebbe consentito di ottenere il servizio di un soggetto di “comprovata specializzazione universitaria”), oltre che sulla previsione di requisiti di partecipazione eccessivamente bassi, o illogici.
Il Collegio nel respingere il ricorso, per la sua infondatezza, osserva da principio che non si può negare la legittimazione a chi, pur non avendo presentato domanda e addirittura non essendo stato invitato, lamenta che sia stata omessa la pubblicità necessaria ad individuare gli operatori da invitare e, prima ancora, a permettere agli interessati di manifestare il proprio interesse.
In termini più espliciti, l’assenza di pubblicità «equivale a quella in cui venga contestata la mancanza di una gara viceversa doverosa per legge».
Al di là dei diversi motivi dell’appello, che dimostrano ampiamente il superamento della c.d. prova di resistenza, quello che emerge è la violazione di una regola generale imposta per gli appalti semplificati (pari o superiore ad euro 40.000,00 e inferiore a 150.000,00): la pubblicità: dove la consultazione del mercato postula un avviso sui risultati della procedura di affidamento, con l’indicazione anche dei soggetti invitati con lo scopo di acclarare concretamente l’asserita trasparenza.
Vengono richiamate, anche le indicazioni presenti nelle Linee Guida ANAC n. 4, donde la necessità di espletare una procedura comparativa mediante apposito avviso, imponendo alla stazione appaltante la sua pubblicazione sul profilo di committente, nella sezione «Amministrazione trasparente» sotto la sezione «bandi e contratti», o viceversa ricorre ad altre forme di pubblicità.
Inoltre, per garantire una certa validità o efficacia della pubblicità (adeguata) si impone una durata correlata alla rilevanza del contratto, con una soglia minima identificabile in quindici giorni, salva la riduzione del suddetto termine per motivate ragioni di urgenza a non meno di cinque giorni (punto 5.1.4, della cit. Linee Guida).
Tutte queste considerazioni di diritto sfumano dall’analisi fattuale, dove viene dimostrata l’assenza di ogni pubblicazione o di forme analoghe di pubblicità.
La pubblicazione della deliberazione di indizione della procedura, annota il Consiglio di Stato, «è evidentemente irrilevante, posto che riguarda una fase successiva, nella quale erano già state individuati i cinque operatori da invitare», individuazione che non ha trovato ragione in alcuna fase preselettiva di esplorazione di mercato.
Si rafforza la tesi dell’essenzialità di un avviso preliminare autonomo per l’individuazione di coloro da invitare alla procedura di gara quando viene affermato «quel che è certo è che la novità della normativa da applicare e la correlata esiguità degli operatori specializzati presenti sul mercato, non costituiscono esimenti, rispetto all’onere di previa pubblicità dell’avviso finalizzato all’individuazione dei concorrenti».
Va detto a tal proposito, che anche quando la stazione appaltante è obbligata a scegliere operatori economici presenti sul mercato elettronico, essa non è esonerata dall’obbligo di esperire una indagine esplorativa o, almeno, di indicare i criterî utilizzati per la scelta degli operatori, non potendosi distinguere tale ipotesi, da quella nella quale il ricorso al mercato elettronico e alla procedura interamente telematica gestita da Consip sia facoltativo per la stazione appaltante.
In entrambe le ipotesi, in assenza di criterî di scelta predeterminati non vi è nessuna garanzia di imparzialità della scelta medesima, ben potendo la singola stazione appaltante invitare alla gara solo alcuni operatori perché, in ipotesi, più graditi e non invece quelli in grado di fornire le migliori garanzie nell’esecuzione della commessa nell’interesse pubblico: l’invito a presentare offerta a seguito di indagine di mercato o attingendo all’elenco degli operatori economici propri o da quelli presenti nel mercato elettronico delle P.A. o altri strumenti similari gestiti dalle centrali di committenza di riferimento, esige in ogni caso idonea e preventiva pubblicità.
La trasparenza, ovvero l’indicazione dei criteri di scelta di chi invitare risponde all’esigenza di evitare che il ricorso al mercato elettronico, sia esso facoltativo o obbligatorio per le stazioni appaltanti, si presti comunque a facili elusioni della concorrenza, poiché la stazione appaltante deve selezionare, in modo non discriminatorio, gli operatori da invitare, in numero proporzionato all’importo e alla rilevanza del contratto e, comunque, in numero almeno pari a cinque, sulla base dei criterî definiti nella determina a contrarre ovvero nell’atto equivalente.
Lo scopo, in questo caso, è quello di evitare che anche il ricorso a cataloghi del mercato elettronico o standardizzati, in uso presso le stazioni appaltanti, presti il fianco all’aggiramento dei principî atti ad assicurare imparzialità, trasparenza, e par condicio tra gli operatori economici, quando pure qualificati e iscritti in detti elenchi, con la scelta di eventuali operatori “graditi” da invitare finanche in tali elenchi[2].
Inoltre, conclude la terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 518 del 21 gennaio 2019, «il riferimento ad una gara espletata da diversa Azienda non può ritenersi sufficiente a soddisfare detto onere, poiché le finalità di trasparenza e di garanzia della partecipazione più adeguata in relazione alle caratteristiche del singolo affidamento, ad esso sottese, non possono prescindere da una pubblicità attuale e specificamente riferita all’incarico da svolgere (senza contare la non piena corrispondenza tra i soggetti partecipanti alle due procedure)».
L’intera vicenda non asseconda i profili di giustificazione, ribadendo che l’utilizzo di procedure negoziate semplificate deve avere una fase preinformativa di acquisizione delle candidature – con la pubblicazione di un avviso nella sez. “Amministrazione Trasparente” – sott. sez. “Bandi e Contratti”: una reale esplorazione del mercato, non essendo sufficiente rapportarsi ad altre procedure di gara quando non vi è assimilazione di contenuti, e nemmeno può invocarsi ragioni di urgenza quando mancano i stringenti presupposti di legge, o quando l’urgenza è dipesa da propri ritardi.
[1] Per i requisiti del DPO vedi, Garante Privacy, Newsletter del 15 settembre 2017, Regolamento privacy, come scegliere il responsabile protezione dati (RPD).
[2] Cons. Stato, sez. III, 10 ottobre 2018, n. 5833.