La sentenza n. 7776 del 16 aprile 2015, della sezione Lavoro della Suprema Corte, ripropone il delicato tema del pagamento della tassa di iscrizione all’“Albo degli Avvocati”, arrivando alla conclusione che la P.A. debba rimborsare al proprio dipendente “avvocato” il contributo di iscrizione annuale all’albo.
Ciò sulla base del vincolo di “esclusività” e della “funzionalità” dell’iscrizione allo svolgimento dell’attività professionale nell’ambito di una prestazione di lavoro dipendente: visto che la singola P.A. è l’unico beneficiario dell’attività professionale, su tale ente ricade il pagamento della tassa di iscrizione, ovvero il relativo rimborso qualora il pagamento sia stato anticipato dal dipendente “professionista”.
I giudici hanno anche fatto espresso riferimento alla figura del mandato, la cui disciplina codicistica (ex art. 1719 c.c.) impone che il mandante deve tenere indenne il mandatario delle diminuzioni patrimoniale scaturite dall’incarico svolto.
Quest’ultimo orientamento della Suprema Corte – che era già stato anticipato con il parere n. 3673 del 26 novembre 2014 – risulta di segno opposto ai prevalenti orientamenti della magistratura contabile che, in passato, si erano espressi affermando che non poteva essere addossato all’Ente locale il pagamento dell’iscrizione all’albo dei “professionisti” dipendenti, in assenza di una esplicita previsione di legge o contrattuale: il tutto motivato alla luce del principio generale che vieta di porre a carico di enti pubblici oneri non previsti che possano aggravare la situazione finanziaria degli enti medesimi e anche sulla considerazione che la tassa di iscrizione doveva considerarsi strettamente personale.
Dalla sentenza in esame, emerge il generale principio che se l’esercizio della professione è svolto nell’interesse esclusivo dell’ente datore di lavoro, il pagamento della tassa di iscrizione all’albo del dipendente ivi iscritto è a carico di quest’ultimo (rientra tra i costi per lo svolgimento di attività che deve gravare sull’ente) e, se tale pagamento viene anticipato dal dipendente, deve essere rimborsato allo stesso.
Si tenga conto, tuttavia, che non tutte le attività “professionali” del pubblico dipendente, testé citate, comportano obbligatoriamente l’iscrizione all’albo, non trattandosi di esercizio di “libera professione”.
La legge, infatti, con riguardo ai progetti di opere pubbliche redatti dai soggetti di cui all’art. 90, comma 1, lett. a), b) e c), del D.Lgs. n. 163/2006 – ossia i tecnici interni alla P.A. – prevede che i progetti siano “firmati da dipendenti delle amministrazioni abilitati all’esercizio della professione” (ex comma 4, cit. art.).
Altri profili o categorie professionali impongono, invece, la concomitanza dei presupposti per l’esercizio dell’attività: appartenenza all’ordine e l’iscrizione all’albo.
In questa direzione interpretativa, si è pronunciato anche il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, con il parere n. 57191 del 15 luglio 2015, ad oggetto “Rimborso tassa di iscrizione all’albo degli avvocati”.
Il Dipartimento della Ragioneria Generale entra nel merito delle diverse “professioni” operanti nell’ambito della P.A.: “come ad es. ingegneri, architetti, geometri, assistenti sociali”, ed in modo ancor più esplicito, evidenzia quale spartiacque del thema decidendum, l’oggettiva verifica che l’attività sia rivolta esclusivamente al datore di lavoro (ente pubblico), unico beneficiario dell’attività svolta.
In altri termini, nel caso dell’attività di avvocato, deve esistere carattere obbligatorio dell’iscrizione nell’elenco speciale annesso all’albo ai fini dell’espletamento dell’attività e vi deve essere il carattere esclusivo dell’esercizio dell’attività professionale in regime di subordinazione, nel quale l’ente pubblico è l’unico soggetto beneficiario dei risultati della suddetta attività.
Per quanto riguarda, invece, gli ingegneri, gli architetti, i geometri, e gli assistenti sociali, sempre l’Autorità ministeriale precisa che in tali casi l’iscrizione all’albo non assume carattere obbligatorio ai fini dell’espletamento delle attività da parte dei lavoratori dipendenti pubblici, non esistendo, inoltre, “albi speciali”, come accade invece per gli avvocati.
Ne consegue che mancando la prima condizione, a parere del Dipartimento della Ragioneria Generale, il Comune (caso di specie) non può rimborsare la tassa di iscrizione all’albo professionale.
A chiosa viene ribadito che nello specifico dei tecnici comunali che redigono progetti a favore dell’Ente locale (datore di lavoro), l’iscrizione all’albo non necessita, in quanto è sufficiente il rapporto di servizio esistente, ai sensi dell’art. 90, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006.
È stato anche osservato che “il possesso di una particolare abilitazione per lo svolgimento di un’attività di assistente sociale costituisce requisito caratterizzante e strettamente personale, in mancanza del quale non è consentito l’esercizio dell’attività” e in assenza di “una espressa previsione normativa”, deve “ricadere sui soggetti interessati allo svolgimento di una particolare attività l’onere conseguente l’acquisizione, prima, ed il mantenimento nel tempo, poi, dello speciale documento, sia nel caso di tratti di assunzione ex novo, oppure di nuovo affidamento di mansione, o infine, di conferma di attività precedentemente svolta” (Corte Conti, sez. contr. Emilia – Romagna, Deliberazione n. 284 del 17 dicembre 2013).
Considerazioni analoghe possono essere intraprese per l’iscrizione all’“Albo dei Giornalisti”, ove la tassa viene considerata “un’obbligazione professionale di natura personale che grava esclusivamente sulla persona fisica che richiede l’iscrizione” (Corte Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 362 del 28 ottobre 2015).
A margine e a chiusura del parere (del Dipartimento della Ragioneria Generale), si annota che “l’applicazione estensiva della citata sentenza n. 7776 trova un limite, ai sensi dell’articolo 1, comma 132, della legge 311/2004, nel divieto di adottare provvedimenti per l’estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute esecutive, in materia di personale delle amministrazioni pubbliche”: il rinvio alla norma positiva, coerente con la regola generale posta dall’art. 2909 c.c., comporta come conseguenza pratica l’impossibilità di traslare ex plano ad altri soggetti e/o categorie gli effetti del pronunciamento.
(Estratto, Pubblici dipendenti e Albi professionali: la querelle sui costi di iscrizione, LexItalia, 2015)