A distanza di alcuni giorni due TAR promuovono l’alunno riconoscendone il “merito”, da una parte, a fronte di una serie di insufficienze (TAR Lazio), dall’altra parte, la bocciatura all’esame di maturità (TAR Veneto): la giustizia “insegna”.
La sez. III Bis del TAR Lazio, Roma, con la sentenza n. 12042 del 3 agosto 2023, promuove un minore “disapplicando” (censurando) i criteri determinati per l’ammissione alla classe successiva che prevedevano un massimo di un’insufficienza grave e di alcune insufficienze lievi, operando quel bilanciamento imposto dalle norme di legge e da circolari ministeriali che esigono – nella scuola dell’obbligo – la promozione, dove la bocciatura costituisce una remota eccezione in presenza dell’impossibilità (tutta da dimostrare) di recupero nell’anno scolastico e quello d’avvenire, sempre con una motivazione che calibri l’attività dell’alunno e della scuola.
Il giudizio del contendere
Il ricorso, proposto dai genitori, per l’annullamento della valutazione negativa, espressa all’unanimità dal Consiglio di classe al termine del primo anno di Scuola secondaria di I grado, verteva sui seguenti profili di natura omissiva (nel senso di indifferenza rispetto alla capacità di apprendimento), ovvero di mancata considerazione:
- dell’intero percorso di studi durante l’anno scolastico dove si poteva constatare l’incremento delle proprie conoscenze con un miglioramento dei voti insufficienti;
- il miglioramento del comportamento (in termini di condotta) rispettoso sia dei coetanei sia degli adulti;
- frequenza costante alle lezioni, con un solo giorno di assenza;
- predisposizione da parte dell’Istituto scolastico di meccanismi di recupero delle insufficienze.
I criteri di valutazione per la bocciatura
Il ricorso viene accolto con le seguenti motivazioni, valutato il percorso globale di apprendimento e miglioramento nell’anno scolastico del minore:
- nella scuola media inferiore la bocciatura deve essere considerata un’eccezione, atteso che anche in presenza di insufficienze in diverse materie «la non ammissione non è automatica ma “può” essere deliberata con adeguata motivazione», serve rinforzare l’istruttoria per impedire la promozione[1];
- in presenza di un quadro di valutazioni finali e intermedie non sufficienti è doveroso attivare «specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento»[2];
- le indicazioni ministeriali chiariscono che la promozione (nella scuola secondaria di primo grado) può avvenire – in via generale – anche in presenza di insufficienze (ovvero «di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento di una o più discipline»), ponendo la bocciatura un’eccezione che si realizza solo all’esito negativo «dell’esame predittivo e ragionato delle possibilità di recupero in più ampio periodo scolastico»[3];
- l’esame complessivo deve essere svolto, dunque, tenendo conto del livello di apprendimento raggiunto anche nei periodi immediatamente precedenti a quello nel quale si sono registrate le carenze eventualmente da recuperare.
La promozione come regola
La ratio legislatore, in questo definito percorso scolastico, ha elevato (si legge nella sentenza) «a regola la promozione per “le alunne e gli alunni della scuola secondaria di primo grado”», relegando la bocciatura (non ammissione alla classe successiva) solo a circostanziate ipotesi da motivare ardentemente, giacché anche a fronte di un quadro sull’andamento scolastico critico la non ammissione è esclusa, nel senso che non si può impedire l’avanzamento scolastico.
In altre parole, non è sufficiente motivare la carenza di apprendimento («parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline»), ma è necessario analizzare complessivamente l’anno scolastico, comparando non solo le capacità nel concreto ma anche gli esiti degli interventi di sostegno, non potendo limitarsi alla mera costatazione di livelli insufficienti, essendo una condizione ex se non determinante.
Chiarendo, ancor più il concetto, a fronte di insufficienze (c.d. carenze di apprendimento), la scuola deve attivare un sostegno aggiuntivo, dimostrando di aver adottato tutte le misure per assicurare l’esito della promozione, promozione che costituisce una regola ordinaria dove l’eccezione (non ammissione alla classe superiore) esige una approfondita istruttoria di carattere globale e indicare espressamente le ragioni per le quali ciò nonostante gli sforzi profusi (e da dimostrare) si ritenesse di adottare la decisione “eccezionale” di non ammissione in luogo di quella di ammissione (sia pure con la riserva del recupero nell’anno successivo) che le disposizioni Ministeriali indicano come modalità ordinaria.
La motivazione rafforzata
La decisione di non ammettere il minore alla classe successiva risulta carente di adeguata motivazione, secondo le previsioni di legge e interpretazioni ministeriali: la bocciatura operata «omette di formulare, in maniera espressa e intellegibile, il giudizio prognostico sulla sussistenza o meno di concrete possibilità per il minore di recuperare il deficit di apprendimento riscontrato, colmandolo eventualmente nel corso del successivo anno scolastico».
In breve, bisogna considerare l’intero anno scolastico (nella scuola dell’obbligo), i progressi di apprendimento, le misure adottate a fronte delle criticità segnalate, e le chance di miglioramento sempre possibile nel successivo anno scolastico, solo allora, a fronte di un giudizio pronostico di incapacità di recupero sarebbe ammissibile (legittimo sul piano amministrativo), dopo una comparazione di valutazioni, concludere per la non ammissione, avendo, nel caso di specie, operato un processo istruttorio meramente formale senza evidenziare il cit. iter argomentativo (onere motivazionale rafforzato): la bocciatura non regge da alcuna valutazione concreta sull’impossibilità di recupero e, quindi, di ripetizione dell’anno scolastico, allo scopo di promuovere e consolidare gli apprendimenti ancora insufficienti.
Ad esprimere questi concetti giuridici, che trovano fonte nella norma, è la dimostrazione che la scuola non ha compreso il significato di questo meccanismo virtuoso di insegnamento (in claris non fit interpretatio), se la motivazione della non ammissione è stata congegnata (redatta) senza tali osservazioni: il rilevato difetto motivazionale «rivela in realtà un’erronea comprensione dei criteri normativi di riferimento», aspetto poi confermato anche dalla lettura degli atti a difesa dell’Amministrazione resistente, dove i criteri di non ammissione non sono coerenti con il dato normativo.
Si evidenzia, altresì, che se il giudizio di non ammissione alla classe successiva «non debba essere considerato quale provvedimento afflittivo o sanzionatorio, rappresentando piuttosto un atto con finalità educative e formative, che si sostanzia nell’accertamento della necessità di rafforzare le proprie competenze ed abilità per affrontare»[4] l’anno successivo in modo proficuo con piena maturità culturale di studio, questo giudizio, tuttavia, non può essere esente da uno scrutinio sull’esercizio della c.d. discrezionalità tecnica.
Il giudizio di non ammissione, che spetta al solo Consiglio di classe, diviene censurabile in sede di legittimità dal giudice amministrativo nei limiti del difetto di motivazione, della carenza d’istruttoria e dell’illogicità manifesta: è mancata «quella valutazione complessiva dell’andamento scolastico… che, anche tenuto conto della condotta mostrata, dei progressi registrati e delle azioni di recupero poste in essere, sulla base di una corretta interpretazione delle norme, deve caratterizzare la scuola dell’obbligo e concretizzarsi in un esame predittivo e ragionato delle possibilità di recupero dell’alunna in un più ampio periodo»[5].
La promozione all’esame di maturità
Al termine, si richiama la sentenza della prima sezione del TAR Veneto, 23 agosto 2023, n. 1211, che accoglie il ricorso contro il mancato superamento dell’esame di maturità, all’esito del corso di studi di istruzione secondaria superiore, essendo il candidato stato ammesso, con un giudizio all’unanimità dal Consiglio di classe con una sola insufficienza (nella lingua inglese).
Nell’essenzialità dei fatti, il Consiglio di Stato riammetteva l’alunno alla prova orale di maturità, non avendo superata una prima volta: veniva nuovamente bocciato alla seconda, donde il ricorso e il suo accoglimento.
Anche in questo caso, il Tribunale analizza il quadro complessivo del percorso di studi alla luce della documentazione della scuola (i verbali), e annota (come sopra) che la commissione non ha tenuto conto, come richiestole dal Consiglio di Stato, «dell’oggettivo miglioramento che, caratterizzando l’andamento scolastico del ricorrente, avrebbe dovuto essere contrapposto agli esiti, non sempre soddisfacenti, della prova d’esame, peraltro inficiata, come pare potersi comprendere dagli atti di causa, dallo stato d’ansia che avrebbe pervaso il candidato compromettendone il rendimento».
L’aspetto emotivo, intende osservare il GA, non può non essere tenuto in considerazione, ove la scuola dovrebbe essere “una palestra di vita”, con un compito di educare anche ad affrontare l’esame stesso, che è già di per sé una prova.
In definitiva, la bocciatura all’esame di maturità non può non tenere conto dell’andamento complessivo di apprendimento dell’alunno nell’intero ciclo scolastico annuale, comparando da una parte, le positive valutazioni conseguite nel corso di studi, dall’altro, l’esito negativo della prova orale finale.
È mancata una motivazione adeguata del mancato superamento della prova orale d’esame a fronte di un giudizio di ammissione che rende incomprensibile tale bilanciamento: la bocciatura non può fondarsi sull’esito negativo della prova orale a fronte di un percorso positivo durante l’anno scolastico (diversamente, l’Amministrazione scolastica avrebbe dovuto far percepire questa abnormità).
L’Amministrazione, come disposto dal Consiglio di Stato, avrebbe «dovuto tenere conto anche “dell’esiguità del punteggio ancora necessario per il superamento dell’esame” nonché del carattere contrastato del giudizio sfavorevole, approvato a maggioranza, esplicitando le ragioni che avrebbero consentito di superare le opinioni dei commissari dissenzienti (il cui dissenso sarebbe poi venuto meno, senza tuttavia chiarire le motivazioni del ripensamento, in sede di riesame)».
L’approdo conferma che in sede di valutazione di una prova d’esame di maturità, qualora si pervenga ad una bocciatura è indispensabile una rigorosa dimostrazione della gravità dell’insufficienza, capace «di giustificare il rovesciamento del precedente giudizio positivo e la stessa determinazione confermativa assunta nei confronti del ricorrente, la quale, anche sotto questo profilo, si dimostra quindi carente dei necessari presupposti argomentativi e motivazionali».
Preso atto che la commissione non ha operato (in sede di riesercizio del potere) secondo le indicazioni del Consiglio di Stato, nella vicenda ha esaurito il suo potere valutativo, opponendo, ancora una volta, una motivazione insufficiente, la quale denota l’assenza di effettive ragioni ostative alla concessione del diploma, dovendo, a seguito dell’annullamento del mancato superamento della prova, limitarsi «ad una mera attività materiale, consistente nell’attribuzione al ricorrente del diploma di maturità corrispondente al corso di studi seguito, con assegnazione del minimo punteggio utile a tale scopo»[6].
A margine, si segnala che potrebbe essere accolta la domanda, avanzata da uno studente nei confronti delle Autorità scolastiche, tendente ad ottenere il risarcimento del danno derivante da illegittima bocciatura, ove gli atti valutativi dell’Amministrazione scolastica, in forza dei quali è stata disposta la mancata ammissione dell’interessato alla classe superiore di un liceo, siano risultati oggettivamente affetti da plurime illegittimità e, per tale ragione, siano stati annullati in s.g.[7]
Brevi considerazioni
Le due vicende, che hanno destato un certo interesse nell’opinione pubblica e nell’agone politico, aprendo un dibattito, come nelle migliori tradizioni populiste o oscurantiste dei “pro” e dei “no”, facendo mettere in suggestiva, quanto improbabile, competizione le competenze dei professori nell’insegnamento e dei giudici nel sostituirsi a questi (dicono i sacerdoti dei like), dimostra (ancora una volta) che “probabilmente” non sono state lette le sentenze, limitandosi alla lettura veloce di qualche titolo o meme d’agenzia o social.
Quest’ultimo, un mestiere comune dei grandi censori nostrani che volutamente giudicano de relato, affidandosi al “nulla” (l’inesprimibile “non essere”) senza preoccuparsi di verificare le fonti, tuttavia cultori del diritto, come quel “chirurgo estetico”, con la terza media, capace di “esercitare” da anni – abusivamente – la professione di medico, dimostrando (in un’evidente estensione dell’esempio) che sempre si possono trovare (e si trovano) persone che si affidano alla cura di ciarlatani, di impostori, bevendo ogni cosa e credendo nei benefici della (fanta)scienza.
Le chiare sentenze dimostrano l’esigenza di svolgere un’accurata istruttoria quando si deve valutare il percorso scolastico di un alunno, di un minore, specie quando il giudizio è interdittivo, ossia arresta il suo percorso scolastico, modalità di svolgere una funzione pubblica che è comune in tutte le attività valutative della PA, si pensi al rigore di una commissione concorsuale, di selezione o di gara, dove l’esercizio della discrezionalità tecnica non è assimilabile all’arbitrio, dovendo seguire i canoni della trasparenza, ragionevolezza, proporzionalità e logicità.
Alcuni diranno molto, altri poco, rimane una sentenza del Giudice che fa Giustizia «IN NOME DEL POPOLO ITALIANO»[8].
[1] L’articolo 6, del decreto legislativo n. 62 del 13 aprile 2017, stabilisce al primo comma che gli alunni della scuola secondaria di primo grado sono ammessi alla classe successiva e all’esame conclusivo del primo ciclo, eccettuati alcuni casi specifici di grave sanzione disciplinare o di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline. In quest’ultimo caso è previsto dal comma 2 che il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo: è, infatti, significativa e dirimente, in tal senso, l’espressione utilizzata dalla norma, secondo cui lo stesso consiglio «può [e non certo deve, in via automatica] deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione».
[2] Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2022, n. 3906.
[3] Cons. Stato, 27 agosto 2019, n. 5917,
[4] Il giudizio di non ammissione alla classe scolastica successiva, sebbene percepibile dall’interessato come un provvedimento afflittivo, non ha affatto carattere sanzionatorio bensì finalità educative e formative, sostanziandosi nell’accertamento del mancato raggiungimento di competenze ed abilità proprie della classe di scuola frequentata che consigliano la ripetizione dell’anno scolastico proprio al fine di consentire di colmare tali lacune di apprendimento nell’interesse specifico dell’alunno, TAR Calabria, Reggio Calabria, sentenze nn. 194/2013 e 1287/2012.
[5] I giudizi conclusivi di un corso di studi di istruzione secondaria si considerano adeguatamente motivati anche laddove gli stessi siano fondati su voti numerici, attribuiti in base ai criteri predeterminati, senza che siano necessari ulteriori spiegazioni e chiarimenti, atteso che il voto vale a garantire la trasparenza della valutazione, Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 2325/2020. Cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. II, 17 settembre 2019, n. 1473, dove è stato ritenuto illegittimo il provvedimento del Consiglio di classe di non ammissione alla classe successiva motivato con il fatto che l’alunno ha fatto moltissime assenze durante l’anno scolastico, superando il numero di ore di assenze consentito nell’anno scolastico, ove non sia possibile evincere per quali ragioni, pur in presenza di certificati medici atti a giustificare molti giorni di non frequenza scolastica e, dunque, idonei a riportare le assenze entro il limite consentito la situazione non sia stata valutata ai fini della concessione della deroga.
[6] Il Tribunale applica il principio c.d. del one shot temperato, allo scopo di contemperare la riserva di amministrazione rispetto a giudizi di carattere discrezionale con il valore fondamentale dell’effettività della tutela giurisdizionale (ex art. 1 cod. proc. amm.), che consente alla PA di rideterminarsi, tuttavia una sola volta (anche all’esito del remand cautelare, TAR Toscana, sez. I, 12 maggio 2023, n. 471, con il conseguente onere di riesaminare l’affare nella sua interezza e di sollevare in quella tutte le questioni che ritenga rilevanti, Cons. Stato, sez. VII, 14 giugno 2023, n. 5869.
[7] TAR Liguria, sez. I, 5 ottobre 2022, n. 834.
[8] Il Giudice Amministrativo «è il garante del diritto “senza limiti”, cioè della libertà, nei confronti dell’autorità, secondo lo schema di Giannini», PATRONI GRIFFI, Torino, 12 novembre 2021, in occasione dei 190 anni del Consiglio di Stato e dei 50 dei Tribunali amministrativi regionali.