La strana flessibilità della funzione rogatoria
I diritti di rogito, per la prestazione notarile, del Segretario comunale non sono collegati all’attività professionale svolta ma alla sede di servizio, ove esercita la funzione richiesta, purchè non siano presenti i dirigenti.
La questione sulla debenza dei diritti di rogito ai Segretari comunali ha conquistato un ulteriore pronunciamento da parte della Corte dei Conti, sez. controllo Emilia Romagna, Deliberazione n. 113 del 14 settembre 2018, in linea con l’orientamento delle Sezioni riunite delle Autonomie della Corte dei Conti n. 18/2018, ritenendo che al Segretario comunale di fascia A), titolare del servizio in convenzione di segreteria, ferma restando l’autonoma valutazione gestionale dell’Ente, possa essere corrisposta la quota di diritti di rogito per l’attività prestata presso il Comune convenzionato in quanto non provvisto di personale con qualifica dirigenziale.
Il parere giunge a seguito di una richiesta sul diritto a percepire, da parte del Segretario comunale di fascia A), la quota dei diritti di rogito per le attività prestate nel proprio comune, non provvisto di personale con qualifica dirigenziale, al fine di conoscere la corretta applicazione dell’art. 10, comma 2 – bis, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114.
Pur in presenza di un autorevole orientamento chiarificatore, le questioni non sono apparse così chiare visto che vi è stata l’esigenza di investire (ancora una volta) la Corte su una questione già nota: l’evidenza è propria dei principi primi dell’intelletto (ARISTOTELE).
Il parere ripercorre la vicenda del diritto di vedersi liquidati i rogiti ai Segretari comunali di fascia A) e B) nei comuni privi di personale con qualifica dirigenziale, in relazione al testo dell’art. 10, comma 2 bis, del D.L. n. 90 del 2014, introdotto dalla legge di conversione n. 114 del 2014, ha previsto che «Negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune… è attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore ad un quinto dello stipendio in godimento»; pertanto non solo ai Segretari di fascia C).
Dopo aver rammentato che i Segretari comunali e provinciali sono classificati in tre diverse fasce professionali (C, B e A) cui corrisponde l’idoneità degli stessi alla titolarità di sedi di comuni (e province) differenziate a seconda della consistenza della popolazione amministrata, si precisa che il trattamento retributivo è differenziato secondo le suddette fascie:
- i Segretari di fascia A e B sono equiparati alla qualifica dirigenziale quanto a stipendio tabellare e indennità di posizione;
- i Segretari comunali di fascia C, non equiparati a dirigenti, percepiscono stipendio e indennità di importo ridotto.
A ricordo più puntuale:
- nella fascia professionale C, sono inseriti i Segretari, idonei alla titolarità di sedi di comuni fino a 3.000 abitanti;
- nella fascia professionale B, sono inseriti i Segretari, idonei, a seguito del superamento del corso di specializzazione della Scuola Superiore di cui all’art. 14, comma 1, del DPR n. 465/1997, alla titolarità di sedi di comuni fino a 65.000 abitanti, non capoluogo di provincia;
- nella fascia professionale A, sono inseriti i Segretari, idonei, a seguito del superamento del secondo corso di specializzazione della Scuola Superiore, di cui all’art. 14, comma 2, del DPR n. 465/1997, alla titolarità di sedi di comuni con popolazione superiore a 65.000 abitanti, di comuni capoluogo di provincia nonché di province.
Ed è proprio per sopperire a tale diversità retributiva che i diritti variano.
In presenza dei dirigenti vi è l’istituto del cosiddetto “galleggiamento”, in base al quale l’indennità di posizione del Segretario comunale (anche non equiparati ai dirigenti) non deve essere «inferiore a quella stabilita per la posizione dirigenziale più elevata nell’ente in base al contratto collettivo dell’area della dirigenza o, in assenza di dirigenti, a quello del personale incaricato della più elevata posizione organizzativa».
Sulla interpretazione della norma del citato art. 10, comma 2 – bis, del D.L. n. 90 del 2014, un primo pronunciamento della Sezione delle Autonomie (deliberazione 24 giugno 2015, n.21/SEZAUT/2015/QMIG) disponeva che i rogiti spettassero solo ai soli segretari di fascia C), interpretando la ratio della norma con le finalità di garantire le esigenze di maggiori entrate per gli Enti locali, trattenendo in toto i diritti agli altri Segretari che percepivano una retribuzione maggiore: una sorta di perequazione del tutto slegata alla prestazione e alle connesse responsabilità.
È noto che anche l’indennità di posizione del dirigente (ergo il galleggiamento) varia in relazione alla sua pesatura, con la conseguenza che tale ragionamento non risulta tanto coerente e certo nel quantum.
Un secondo orientamento (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 18/SEZAUT/2018QMIG del 24 luglio 2018), quello attuale, sollecitato dai pronunciamenti della Giurisdizione ordinaria (giudice del lavoro, Tribunale di Brescia, Sez. Lavoro, n 75 del 2017, Trib. Verona, sez. Lavoro, n. 23 del 2017; Trib. Potenza, sez. lavoro n. 411 del 2017; Trib. Taranto, Sez. Lavoro, 3296 del 2016; Trib. Monza, Sez. Lavoro, n. 46 del 2017; Trib. Milano, Sez. Lavoro, n. 1539 del 2016, e si veda anche Corte d’Appello di Brescia, Sez. del Lavoro n. 272 del 2017), riconosce i diritti di rogito:
- ai Segretari comunali di fascia C), con nessuna limitazione di sede o presenza dirigenziale;
- ai Segretari comunali di fascia A) e B) nei comuni privi di qualifiche dirigenziali (anticipato dalla Corte Conti, Sezione plenaria della Sezione di controllo della regione autonoma del Friuli Venezia Giulia, con decisione 15/2018/PAR, del 19 marzo 2018).
Qualche riflessione di analisi: in assenza della partecipazione alla funzione rogatoria del Segretario comunale non possono essere richiesti i diritti di rogito, essendo intimamente collegati all’attività rogatoria.
Allora, possiamo dire che, nell’attuale contesto ordinamentale, la retribuzione della prestazione lavorativa non è collegata alla prestazione ex se, con tutte le responsabilità della funzione notarile (ex Legge 16 febbraio 1913, n. 89, «Sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili»), ma ad una variante esterna ed estranea al sinallagma contrattuale (quello del rapporto di lavoro): la presenza della dirigenza.
Si riduce la “solenne” funzione rogatoria ad un vuoto simulacro, funzione per eccellenza che ha caratterizzato il ruolo e la storia di questa categoria di dipendenti pubblici, legando il pagamento di una prestazione lavorativa ad un mero fattore o modello o fabbisogno organizzativo, ex artt. 6 e 6 ter del D.Lgs. n. 165/2001 (c.d. TUPI): la scelta della dirigenza (alias delle «figure dirigenziali»).
Si perde o corrompe, in questo frame, il parametro costituzionale dell’art. 36 Cost. «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
La retribuzione viene considerata dalla Costituzione come corrispettivo dell’attività svolta, non solo dal suo lato oggettivo, ovvero riferita alla quantità e qualità del lavoro alla quale deve essere proporzionale, ma anche dal lato soggettivo, ovvero con riferimento alla persona del prestatore di lavoro: la retribuzione del lavoratore dipendente, così come quella del professionista, varia dalla sua tipologia e da quello che effettivamente svolge.
Senza voler citare, in diverso sentire, il riconoscimento dell’incentivo per la remunerazione di specifiche e determinate attività di natura tecnica svolte dai dipendenti pubblici, ove si argomentò che la ragione era quella «di stabilire una diretta corrispondenza tra incentivo ed attività compensate in termini di prestazioni sinallagmatiche, nell’ambito dello svolgimento di attività tecniche e amministrative analiticamente indicate e rivolte alla realizzazione di specifiche procedure» (Corte Conti, sezione Autonomie, Incentivi per funzioni tecniche e trattamento economico accessorio del personale dipendente (art. 113, d.lgs. 50/2016 – art. 1, co. 526, legge 27 dicembre 2017, n. 205), Deliberazione n. 6/SEZAUT/2018/QMIG).
Si dirà che il contesto ambientale è diverso, il numero dei soggetti coinvolti è maggiore, le risorse dell’incentivo tecnico non entrano nei limiti del salario accessorio aventi fonte nei contratti collettivi nazionali di comparto, gravando su risorse autonome e predeterminate del bilancio diverse dalle risorse ordinariamente rivolte all’erogazione di compensi accessori al personale.
È vero, ma i diritti di rogito non gravano nemmeno nelle poste di bilancio, essendo interamente finanziati dai privati e, comunque riscossi dall’Ente locale: non sono, pertanto, un impedimento alla libertà economica (ex art. 41 Cost).
Si dirà pure che tale decisione rientra nei poteri discrezionali del Legislatore: potere di bilanciare il diritto alla retribuzione alle esigenze di miglioramento dell’organizzazione pubblica: per ragioni di politica o solidarietà sociale o di finanza pubblica.
Questa impostazione non appare coerente, proporzionata, ragionevole e convincente con il quadro generale dell’organizzazione e della spesa pubblica, con il contesto temporale nel quale è maturata la decisione di togliere i diritti di rogito ai Segretari comunali per assicurare maggiori entrate all’Ente locale: un’evidente violazione anche dei principi di uguaglianza (ex art. 3 Cost.).
È noto che il Decreto – Legge 24 giugno 2014, n. 90 «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari» (noto come “riforma della P.A.” o del “ricambio generazionale” o “#lavoltabuona”) riconosce funzioni dirigenziali a soggetti privi di titoli di studio, tuttavia, normativamente parametrati – sotto il profilo retributivo – ai dirigenti.
Norma inserita dal comma 4 dell’art. 11 «Disposizioni sul personale delle regioni e degli enti locali», del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114, dove testualmente si assegna agli uffici di supporto agli organi di direzione politica «… fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale… il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale».
Richiamando il fine, andando oltre alle leggi ad personam, «Siamo in Italia, l’Italia dei valori!» (JOHN BENSON, Inedito, 2018).
Pur essendo nella medesima manovra legislativa la ratio legis della c.d. spending review cambia: «My mama always said “You’ve got to put the past behind you before you can move on”» (Mamma diceva sempre, devi lasciare il passato dietro di te prima di andare avanti), TOM HANKS, Forrest Gump, 1994.