Il Registro di protocollo, secondo le indicazioni dell’art. 53 del d.P.R. n. 445/2000, è un documento di tracciatura obbligatoria degli atti ricevuti o spediti dall’Amministrazione e tutti i documenti informatici, con esclusione di alcuni atti di natura informativa (ad. es gazzette ufficiali, materiali statistici, atti preparatori interni, giornali, riviste, libri, materiali pubblicitari, inviti a manifestazioni).
In tale registro vengono memorizzati una serie di dati, che, oltre alla progressiva numerazione e datazione assegnata automaticamente dal sistema, fanno riferimento al mittente o al destinatario (a seconda dei casi, di ricevute o spedizione), all’oggetto del documento e al suo contenuto (integrale digitalizzato).
L’accesso al protocollo consente di conoscere una moltitudine di dati personali e di informazioni che possono rilevare per la loro natura riservata, delineando un quadro generale dell’attività amministrativa, anche su determinate situazioni che esigono una dovuta tutela al fine di scongiurare una diffusione incontrollata di dati sensibili o comunque che creano disagio, senza citare quelli espressamente coperti da segreto.
Il consigliere comunale, ai sensi dell’art. 43, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL), ha diritto «di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato» in modo da potere valutare la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione ed esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio comunale.
Il diritto di accesso a loro riconosciuto ha infatti una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex art. 10 del TUEL), ovvero a chiunque sia portatore di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso» (ex art. 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241): è strettamente funzionale all’esercizio del mandato, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’Ente locale ai fini della tutela degli interessi pubblici ed è peculiare espressione del principio democratico dell’Autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività.
Un orientamento ritiene che deve essere accolta la richiesta dei consiglieri comunali di prendere visione del protocollo generale e di quello riservato del Sindaco, qualora in sua dotazione, senza alcun esclusione di oggetti e notizie riservate e di materie coperte da segreto, posto che i consiglieri comunali sono comunque tenuti al segreto, non potendo gravare agli stessi l’onere di specificare in anticipo l’oggetto degli atti a cui intendono accedere, in quanto tali informazioni potrebbero essere conoscibili solo in conseguenza dell’accesso.
Si comprende che gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali si rinvengano, per un verso, nel fatto che esso debba avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e, per altro verso, che non debba sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri debba essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso.
Ciò posto, il TAR Sardegna (Cagliari), Sez. I, con la sentenza n. 531 del 31 maggio 2018, è intervenuto sul diniego di una richiesta del rilascio delle credenziali e della password di accesso al protocollo informatico generale del Comune.
La richiesta veniva motivata dal fatto che attraverso la consultazione diretta del protocollo generale era possibile venire a conoscenza dell’esistenza dei vari atti, con la successiva possibilità di esercitare il diritto di accesso (visione ed eventualmente estrazione di copia).
L’accesso al protocollo deve svolgersi non attraverso una apprensione generalizzata e indiscriminata degli atti dell’Amministrazione comunale (che costituisce il timore espresso dall’Amministrazione resistente), ma mediante una selezione degli oggetti degli atti di cui si chiede l’esibizione.
Si chiarisce che le modalità essenziali per poter operare in modo corretto sull’accesso al protocollo generale del Comune è rappresentata proprio dalla possibilità di accedere non direttamente al contenuto della documentazione in arrivo o in uscita dall’Amministrazione, ma ai dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo, con l’ovvio corollario di separare l’accesso di questi dati dal contenuto dei documenti, avendo cura di adottare tutte le misure minime di sicurezza sul trattamento dei dati per evitare una illecita diffusione, anche originata dai consiglieri comunali, per un accesso abusivo e indiscriminato alla totalità dei documenti protocollati.
(ESTRATTO, Accesso del consigliere comunale al registro del protocollo, La gazzetta degli enti locali, 23 luglio 2018)