Occorre, in premessa, rilevare che nella nozione di «servizi pubblici locali» si possono annoverare quelli aventi ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, con un’espressione che, nella sua sostanza evolutiva, si aggrega e individua negli scopi sociali e di sviluppo attenenti alle scelte di carattere politico attribuite al primo livello di governo: quello territoriale più prossimo ai cittadini[1].
Volendo andare oltre e precisare le coordinate di riferimento della cit. nozione di servizio pubblico (in contrapposizione a quella di appalto di servizi), si devono tracciare le scelte su due elementi:
- la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
- la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità[2], rilevando che il fine dell’attività è quello di rendere un’utilità immediatamente percepibile ai singoli o all’utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all’interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore[3].
Il «servizio pubblico locale» perciò, in quanto volto al perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della comunità, è finalizzato al soddisfacimento diretto di esigenze collettive della stessa con effetto generalizzato sul suo assetto socio-economico, riguardando di conseguenza un’utenza indifferenziata, anche se sia fruibile individualmente, e sottoposto a obblighi di esercizio imposti dall’ente pubblico perché gli scopi suddetti siano garantiti, inclusa la determinazione del corrispettivo in forma di tariffe (determinate dell’Ente locale)[4].
Ciò posto, la sez. controllo Veneto della Corte dei Conti (relatore Scognamiglio), con la Deliberazione n. 317 del 7 novembre 2019, interviene nel definire i contorni interpretativi delle norme che disciplinano la copertura finanziaria del servizio di trasporto scolastico, ponendo al centro dello scenario nazionale il ruolo delle Autonomie e la loro capacità di selezionare l’interesse prevalente in funzione del migliore perseguimento del fine pubblico: fine che può ben risultare assolto dalla riduzione tariffaria del servizio di trasporto scolastico, anche mediante l’opzione zero.
Viene statuita dalla Corte la facoltà di erogazione del «servizio di trasporto scolastico» con la riduzione della quota di compartecipazione o anche il totale esonero dalla stessa, purché il tutto avvenga a due condizioni essenziali che:
- la riduzione o esenzione abbia luogo in virtù della individuazione di meccanismi trasparenti e debitamente motivati di graduazione della contribuzione degli utenti;
- non sia messo a rischio l’equilibrio complessivo del bilancio dell’Ente.
Nello sfondo del pronunciamento giurisprudenziale, si riafferma la centralità dell’Ente Locale, quale primo livello di governo della Comunità, posto che il Comune – per espressa disposizione legislativa (ex art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000, c.d. TUEL) – è l’Ente Locale che rappresenta e cura gli interessi della propria Comunità[5].
Tale cura primaria può manifestarsi anche mediante una riduzione tariffaria quando risulta prevalente garantire i diritti primari all’educazione scolastica e del diritto allo studio (ex art. 3 e 34 Cost.), oltre (ovviamente) ad un equilibrato profilo di solidarietà e giustizia sociale nell’ambito dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa (ex art. 97 Cost., e art. 1 delle Legge n. 241/1990), essendo – l’istruzione – il cibo contro la dilagante ignoranza del pensiero unico (o nuovo social influencer) e la speranza (non solo di vita) per le future generazioni (pur sempre possibile)[6].
[1] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369.
[2] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 febbraio 2013, n. 911.
[3] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 1 aprile 2011, n. 2012.
[4] Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2013, n. 5532.
[5] Corte Conti, sez. contr. Piemonte, deliberazione 6 febbraio 2019, n. 7, idem T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 11 maggio 2016, n. 2399.
[6] Si rinvia, per un maggior approfondimento, a un contributo dello scrivente, Il servizio di trasporto scolastico e il suo finanziamento, nota a margine della delibera della sez. regionale di controllo per il Veneto n. 317 del 7 novembre 2019, LexItalia.it, 24 novembre 2019.