Il Consigliere comunale, ai sensi del comma 2, dell’art. 43, Diritti dei consiglieri, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), ha un diritto pieno (inerente allo status) di accedere ai dati, agli atti e alle informazioni/notizie in possesso dell’Amministrazione di appartenenza (e sue/oi “partecipate/partecipati”)[1], trovando, secondo una costante giurisprudenza, l’unico limite all’accesso, in termini generali, nell’ipotesi in cui lo stesso si traduca in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità, determinino un aggravio notevole del lavoro degli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’Amministrazione[2].
È noto che questo diritto trova una sua giustificazione nel principio democratico collegato al riconoscimento delle Autonomie Locali (ex art. 114 Cost.) e della rappresentanza politica spettante ai componenti degli organi elettivi: sicché tale diritto risulta direttamente funzionale non tanto all’interesse del Consigliere comunale in quanto tale, ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al munus e al mandato conferito, in quanto preordinato al controllo dell’attività e dei comportamenti degli organi decisionali dell’Ente Locale.
Un caso
La sez. I Salerno del TAR Campania, con la sentenza 2 febbraio 2024, n. 346, rende del tutto superflua l’azione rivolta al Giudice Amministrativo per ottenere una condanna dell’Amministrazione intimata[3] nel consentire il diritto di accesso (agli atti), quando questo diritto è già stato assolto, con una formale comunicazione (al Consigliere comunale) di messa «a Sua disposizione per essere consultata, previo appuntamento e, laddove dovesse emergere la necessità da parte Sua di estrarre copie progettuali e/o atti utili per l’espletamento del Suo mandato, questo Ufficio si dichiara disponibile a concordare con Lei la migliore soluzione possibile».
Invero, questa modalità di “buon senso” si inserisce in un contesto di molteplici e reiterate azioni che a volte (rare) vengono azionate da alcuni Consiglieri comunali, “pretendendo” una mole considerevole di documenti, rendendo eccessivamente difficoltosa l’attività ostensiva, anche per la difficoltà per l’Ente di estrarre copia di documenti corposi, anche contenenti allegati, dove il personale occupa parte del proprio tempo nell’assecondare le richieste; richieste esorbitanti, spesso de relato, del tutto incomprensibili in funzione del mandato, confondendo l’esercizio del munus pubblicum con un’attività di tipo censorio, del tutto avulsa dall’ufficio pubblico ricoperto.
Merito
Il Collegio annota subito che la documentazione è stata tutta consegnata nelle more del giudizio, donde l’infondatezza.
Si descrive il diritto di accesso del Consigliere comunale:
- un diritto dai confini più ampi rispetto a quello riconosciuto ai privati cittadini[4], come espressione dei principi di democrazia e di rappresentanza esponenziale della collettività;
- l’esercizio deve comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali non potendosi sostanziare in richieste assolutamente generiche, ovvero meramente emulative, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto, al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso[5];
- l’estensione del diritto non implica che esso possa sempre e comunque esercitarsi con pregiudizio di altri interessi riconosciuti dall’ordinamento meritevoli di tutela, non potendo sottrarsi al necessario bilanciamento con questi ultimi, dovendo – in ogni caso – attenersi al limite funzionale desunto dalla fonte primaria: avere (nel senso di possedere una determinata natura) una utilità che deve essere correlata (diretta) all’esercizio della funzione[6], non potendo esorbitare (travalicare) da quei confini della competenza locale (per materie e interessi territoriali)[7];
- in dipendenza di ciò, la “finalizzazione” deve reggersi su un presupposto cogente: l’espletamento del mandato che esso stesso costituisce un limite funzionale, ratio del potere, ovvero, quello di consentire un controllo politico – amministrativo (il c.d. sindacato ispettivo)[8];
- nell’esercizio di questo potere, il Consigliere comunale non può abusare del diritto con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’Ente civico, nel senso di porsi al di fuori del contesto e dell’utilità, paralizzandone l’azione[9].
Orientamento
Se dunque questo risulta il perimetro normativo e esegetico, appare evidente che una richiesta generica e imprecisa non consente all’Amministrazione di soddisfare la pretesa ostensiva, senza gravare gli uffici comunali di oneri di ricerca di documentazione non precisamente individuata, così rallentando l’attività amministrativa per assumere i connotati di una condotta abusiva: priva di un qualche interesse pubblico, ossia di utilità e, quindi, del tutto emulativa[10].
Il GA annota che la condotta del Comune nel mettere a disposizione del Consigliere comunale la documentazione, con possibilità immediata di estrarre copia, assolve in forma compiuta il diritto di accesso, senza formulare alcun addebito (anche solo in forma ostruzionistica) nei confronti della PA: la comunicazione, in parole chiare, «costituisce favorevole provvedimento di accoglimento dell’istanza di accesso», dimostrando piena e circostanziata perizia e diligenza nei propri compiti istituzionali.
In questo senso, l’articolo 43 del TUEL non impone l’estrazione di copia di tutta la documentazione richiesta, ma consente genericamente ai Consiglieri comunali di “ottenere” tutte le notizie e le informazioni utili all’espletamento del loro mandato, ben potendo l’Amministrazione disciplinare una modalità di accesso alla sede in orari ex ante prestabiliti e secondo un’intensità temporale dalla visione all’estrazione, in relazione alle puntuali richieste del Consigliere, una volta presa in carico la “notizia” documentale[11].
La sentenza dimostra la correttezza dell’operato della PA che, in presenza di un numero elevato di atti, si prodiga nel selezionare, a cura del Consigliere comunale (con la visione), l’estrazione delle copie: un onere che prevede da parte dello stesso richiedente di recarsi presso la sede comunale per la consultazione della documentazione ed eventualmente formulare una richiesta di copia, secondo le modalità regolamentari stabilite dal Consiglio comunale[12].
Questa modalità, sentenzia il GA:
- si ispira al principio di economicità che «nell’esaminare le domande di accesso, l’Amministrazione deve tener conto della necessità di arrecare il minor aggravio possibile, sia organizzativo che economico, alla propria struttura, essendo il diritto di accesso del consigliere comunale sottoposto alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali»[13];
- dimostrando, così facendo, «un equilibrato rapporto in grado di garantire anche l’efficacia e l’efficienza dell’operato dell’amministrazione locale»[14].
Un esempio di buona amministrazione.
Sintesi
Possiamo affermare che il diritto di accesso del Consigliere comunale può essere esercitato anche mettendo a disposizione i documenti per la visione senza il rilascio di copia, potendo sempre consegnare gli atti a fronte di una richiesta precisa, specie quando il materiale è numeroso, non potendo il Consigliere sottrarsi da un onere di consultazione presso l’Amministrazione e di formulare una richiesta puntuale e non generica, evitando alla struttura di sottoporsi ad un inutile, quanto dispendioso, esercizio di un’attività di ricerca al buio.
[1] Deve esserci una relazione di “dipendenza”, Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2014, n. 200 e sez. V, 9 novembre 2017, n. 5176.
[2] TAR Lombardia, Milano, sez. I, 29 dicembre 2023, n. 3222.
[3] L’actio ad exhibendum si connota quale giudizio a struttura impugnatoria che consente alla tutela giurisdizionale dell’accesso di assicurare protezione all’interesse giuridicamente rilevante e, al tempo stesso, esigenza di stabilità delle situazioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati che sono pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa, TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 1° febbraio 2019, n. 106.
[4] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 agosto 2020, n. 5032.
[5] Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 846; sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829; sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525; TAR Toscana, sez. I, 28 gennaio 2019, n. 133.
[6] Il riferimento normativo alla “utilità” della pretesa ostensiva non va acquisito nel senso restrittivo della stretta connessione con l’attività espletata (o da espletare) nell’esercizio dell’attività di componente del Consiglio, ma in quello, lato, della strumentalità rispetto alla valutazione degli interessi pubblici, anche in funzione di generico controllo; sicché l’esercizio del diritto non è soggetto ad alcun onere motivazionale, che – del resto – si risolverebbe, con inversione funzionale, in una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato politico, Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 2023, n. 3157.
[7] Cons. Stato, sez. V, 11 marzo 2021, n. 2089.
[8] Cons. Stato, sez. V, 2 gennaio 2019, n. 12 e 26 settembre 2000, n. 5109; TAR Friuli – Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 9 luglio 2020, n. 253.
[9] TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 7 maggio 2012, n. 190; TAR Sicilia, Catania, sez. III, 24 novembre 2011, n. 2783 e sez. I, 4 maggio 2020, n. 926.
[10] Vedi, LUCCA, Considerazioni metodologiche sul diritto di accesso del consigliere comunale, segretarientilocali.it, 11 febbraio 2014, dove si rilevava che l’“abuso del diritto” si manifesta nell’interesse alla conoscenza rispetto ad una generalizzata serie di atti e avverso varie delibere e/o determinazioni in serie, di modo che si debba dubitare della correttezza delle esigenze di informazione, dovendosi, invece, ravvisarsi un generalizzato e strumentale esercizio del “diritto di informazione”, alterando i principi generali in materia di accesso ai documenti con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità “seriale”, determinino un aggravio notevole del lavoro negli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’Amministrazione, escluso dall’ambito di ingerenza del Consigliere comunale.
[11] Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2021, n. 4792.
[12] Cfr. Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, con parere del 9 novembre 2023 avente ad oggetto «accesso agli atti amministrativi da parte di un consigliere» dove è stato precisato che «l’ente possa garantire il diritto di accesso ai sensi dell’art. 43 T.U.E.L. al consigliere anche solo consentendogli di visionare i documenti senza rilasciarne copia, soprattutto quando si tratti di accessi a numerosi documenti».
[13] Cons. Stato, sez. V, 11 marzo 2021, n. 2089.
[14] TAR Lazio, Latina, sez. I, 3 febbraio 2023, n. 49.