Il decreto legislativo n. 74/2017 introduce una normativa di dettaglio a chiarimento di tutti quegli aspetti non sempre di facile applicazione:
1. la valutazione negativa delle performance, rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale e, in casi specifici e determinati, a fini disciplinari;
2. ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti o gruppi di dipendenti, in una visione complessiva dell’agire pubblico;
- oltre agli obiettivi specifici di ogni amministrazione, è stata introdotta la categoria degli obiettivi generali, che identificano le priorità in termini di attività delle pubbliche amministrazioni coerentemente con le politiche nazionali, definiti tenendo conto del comparto di contrattazione collettiva di appartenenza;
- gli OIV assumono un ruolo attivo nel segnalare eventuali necessità di interventi correttivi rispetto agli obiettivi programmati, anche in relazione alle risultanze dei controlli interni, con poteri propri di indagine e accesso agli atti;
- i cittadini diventano protagonisti ai fini della valutazione della performance organizzativa, mediante la definizione di sistemi di rilevamento della soddisfazione degli utenti in merito alla qualità dei servizi resi;
- nella misurazione delle performance individuali del personale dirigente, è attribuito un peso prevalente ai risultati della misurazione e valutazione della performance dell’ambito organizzativo di cui hanno essi diretta responsabilità, rilevando che nei contratti di lavoro gli obiettivi di trasparenza s’intersecano con la produttività;
- è definito un coordinamento temporale tra l’adozione del Piano della performance e della Relazione e il ciclo di programmazione economico-finanziaria, introducendo sanzioni più incisive in caso di mancata adozione del Piano;
- sono introdotti nuovi meccanismi di distribuzione delle risorse destinate a remunerare la performance, affidati al contratto collettivo nazionale, che stabilirà la quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale e i criteri idonei a garantire che alla significativa differenziazione dei giudizi corrisponda un’effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati.
L’ultimo richiamo alla “clausola di invarianza”, prevista dall’art. 19 del d.lgs. n. 74/2017, è stato rilevato nella sua specificità anche in sede di parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, quando riporta che «la riforma non si esaurisce con l’intervento sul piano legislativo, ma richiede misure – spesso di natura non giuridica – di accompagnamento non meno fondamentali», dovendo, pertanto, investire in una materia multidisciplinare, che occupa diversi anfratti del sapere, non solo di natura giuridica ed economica/finanziaria, ma anche organizzativa e logistica, manageriale e direzionale, umanistica e psicologica, in definitiva una formazione generale e specialistica del personale, dei dirigenti e degli OIV, per qualificare non solo sotto il profilo degli strumenti tecnici, ma degli atteggiamenti professionali «per conseguire una diffusione e una condivisione dei valori e della cultura della performance».
Tali asperità, soprattutto nella valutazione delle performance, non possono prescindere da un investimento operativo, sulle strutture dei flussi informativi e informatici, e qualora si esigessero dei miglioramenti, come descrive il decreto (su indicazione dell’OIV), risulterebbe necessario impegnare risorse, ma questo non sarebbe lecito o possibile senza aumentare la spesa, con grave pregiudizio per l’efficacia delle norme e delle azioni attuative.
La creazione di un dipartimento dedicato agli OIV, la formazione di una nuova figura professionale stabile di valutatore all’interno della P.A., al quale attribuire nuovi compiti e incisivi poteri, accanto ad una moltitudine di “professionisti” dei controlli, dai revisori dei conti agli organi di controllo strategico e di gestione, di regolarità amministrativa e di verifica di mandato, di prevenzione della corruzione e della trasparenza, di vigilanza sulle partecipate senza citare alcuni degli organismi e/o istituzioni esterni, Corte Conti, MEF, FP, Autorità Indipendenti, desta non poche perplessità sull’effettivo risultato sperato, in considerazione dell’aumento esponenziale degli oneri amministrativi, da altri definito “governo dei burocrati”.
Il decreto legislativo n. 74/2017 scende nel dettaglio con la volontà di spezzettare tutti gli aspetti della valutazione, volendo descrivere indicatori per differenziare le prestazioni individuali da quelle organizzative, per differenziare l’attribuzione dei premi, pensando di incidere efficacemente sulla condotta umana, con metodologie che hanno passato alcuni decenni di prova e si sono dimostrate, la riforma né è un esempio, insufficienti e concretamente carenti, essendo la produttività legata a fattori diversi, spesso contingenti, che risentono delle pressioni esterne ed interne, dove la motivazione del singolo ha una funzione prevalente rispetto alla profilassi degli indicatori (di prodotto, cd. output; di risultato, cd. outcome; di impatto, cd. impact; nonchè i relativi target), dovendo considerare che la P.A. non come un’azienda privata che aspira al profitto economico senza marginalità alcuna ma un erogatore di servizi pubblici che persegue il public welfare, coincidente con la ricerca della felicità.
L’apertura al pubblico, agli utenti, alla rete dei valutatori nazionali può costituire una novità positiva, agganciando le buone pratiche (cd. benchmarking) alle esigenze di tutta la comunità, un ulteriore controllo sociale sulla produttività pubblica; purchè tale forma di controllo non si trasformi, ancora una volta, in una attività emulativa, incapace di incidere sensibilmente sui processi organizzativi, specie in quelle strutture, e sono molte, dove il carico di lavoro è già eccessivo, e l’ordinario è straordinario, risultando il tutto un’operazione di facciata (di immagine autocelebrativa) piuttosto che un effettiva riforma strutturale (“rivoluzione” nell’esegesi del termine).
Inutile dire che, in questa epoca di progressive riforme degli strumenti organizzativi e della disciplina giuridica, il persistere di un’ipertrofica produzione normativa e di adempimenti formali, con la volontà di adeguare, migliorare, perfezionare la norma si perde di vista l’essenzialità delle cose e la “normalità” che necessiterebbe un agire pubblico trasparente e non una generica narrazione: «iamque non modo in commune, sed in singulos homines latae quaestiones, et corruptissima re publica plurimae leges».
Ancor più discutibile sull’efficacia reale, nello scenario della dirigenza e dell’affidamento degli incarichi di responsabilità, in un incerto spoil system, risulta il dovere, prima della nomina, di prendere in considerazione la valutazione sulle performance, che se da una parte, risulterebbe logico e coerente con il merito, dall’altra, appare impraticabile nell’attuale sistema selettivo “a chiamata” (c.d. interpello), sia pure su base selettiva (ergo elettiva) e comparativa, quando l’organo di vertice o di governo detiene il potere di individuare – tra più soggetti idonei – il prescelto, in ragione di una privatizzazione del pubblico impiego.
Pretendere di riformulare annualmente il sistema di misurazione e di valutazione, senza considerare gli effetti prodotti sulla struttura e sulle persone, significa introdurre un fattore costante di incertezza, un’anomalia al processo decisionale, impedire di fatto la realizzazione degli obiettivi, inserendo condizioni non realizzabili, all’interno di un sistema ordinamentale che moltiplica gli obblighi ed esaspera le sanzioni, mortificando il benessere organizzativo.
Vi è da dire, anche, che nelle realtà delle amministrazioni locali, la produttività individuale non raggiunge elevate soglie di distribuzione salariale (la valorizzazione retributiva dei risultati) data la rigidità dei fondi, sicché un sistema di valutazione articolato e monitorato, con obiettivi e indicatori corretti, si riduce ad essere troppo complesso rispetto al rapporto “costi e benefici” da risultare di per sé improduttivo.
Il decreto legislativo n. 74/2017 e le sue suggestioni si riducono ad un simulacro di riforma, ordina l’esecuzione di attività e incombenze che non si traducono in semplificazioni e appesantiscono il lavoro, imponendo la stesura di documenti complessi la cui utilità non si è dimostrata sufficiente a rilanciare la produttività o premiare il merito, meglio sarebbe puntare a riconoscere il valore ex se del lavoro (ex art. 1, comma 1, Cost.), assicurando la dignità della persona umana (ex art. 36, comma 1, Cost.), senza anteporre sistemi e metodi valutativi che seppure qualificati incontrano i limiti soggettivi di un giudizio: una riforma mancata.
(Estratto, Il Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 74 di modifica al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 in materia di performance dei dipendenti pubblici, Comuni d’Italia, 2017, n. 9)