Va subito premesso che, ai sensi dell’art. 33, comma primo, punto 1) della Legge n. 1150/1942 (c.d. Legge urbanistica), con norma del regolamento edilizio bisognava (un vero e proprio obbligo) stabilire «la formazione, le attribuzioni e il funzionamento della Commissione edilizia comunale»; norma abrogata espressamente dall’art. 136, comma 2, lettera b) del d.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che all’art. 4, ultimo comma, faceva, comunque salva, la possibilità «nel caso in cui il comune intenda istituire la Commissione edilizia» affidare al regolamento edilizio l’indicazione degli interventi sottoposti al preventivo parere di tale organo consultivo.
Si ricava, dalla lettura sistematica delle norme, che attraverso il regolamento edilizio l’Amministrazione comunale ha la facoltà di istituire la Commissione edilizia comunale, quale organo consultivo su un catalogo di interventi ben definito, con compiti ausiliari di natura istruttoria preventiva, prima di concludere l’iter istruttorio e la decisione finale.
Sulla natura di tale organo pare giusto rammentare, secondo le indicazioni della giurisprudenza, che lo strumento dell’attività “consultiva” è considerato tradizionalmente come un mezzo istruttorio tipico ed efficace, utile (e spesso necessario) per acquisire la base conoscitiva (c.d. parere) di ogni provvedimento amministrativo incidente su situazioni giuridiche e fattuali complesse, con contestuale responsabilizzazione del soggetto coinvolto nella fase consultiva.
La Commissione edilizia assolve, pertanto, una funzione collaborativa nel processo decisionale e per la formazione dell’atto finale, entrando a pieno titolo nella fase istruttoria, quale elemento di supporto per il responsabile del procedimento nell’innesto motivazionale da inserire nel corpo centrale del provvedimento, secondo i parametri poliedrici dell’art. 3 della Legge n. 241/1990: la motivazione, secondo gli insegnamenti della migliore dottrina, consiste nella formalizzazione del processo mentale che rende ragionamento in base al quale l’autorità amministrativa, muovendo da determinati presupposti fatto e di diritto, ed indicando il processo logico seguito, si determina ad emettere il provvedimento stesso.
Nell’ambito di siffatto scrutinio, la presenza di un organo facoltativo espressamente istituito comporta la valorizzazione di un apporto istruttorio ulteriore rispetto all’ordinaria fase procedimentale, in relazione ai principi enunciati dall’ultimo comma dell’art. 1 della Legge n. 241/1990, ove l’aggravamento procedimentale non tollera la presenza di fasi istruttorie non previste dalla legge, scongiurando quelle attività che si traducono nel compimento di atti inutili, in modo da assicurare un efficace, e in tempi ragionevoli, conclusione del procedimento.
Va aggiunto, che volendo seguire questo insegnamento di semplificazione procedimentale, l’attivazione di una fase istruttoria ulteriore (non prevista dalla legge come obbligatoria ma facoltativa, rectius l’istituzione della Commissione edilizia) non gioverebbe in termini di celerità e di diritto alla vita.
Il legislatore, pertanto, può definire i limiti e le deroghe a tale principio ammettendo, a determinate condizioni, la possibilità di far coesistere organi elettivi e organi tecnici nel concreto esercizio dell’azione amministrativa, ed in effetti il sindaco può legittimamente presiedere la Commissione edilizia integrata, proprio in virtù di una specifica previsione in tal senso posta nel Regolamento edilizio comunale (fonte secondaria) che trova il supporto normativo nell’articolo 53, comma 23, della Legge n. 388/2000 (fonte primaria), indirizzato ai Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
Con apposita disposizione regolamentare – nei comuni sotto i 5.000 abitanti – è possibile derogare al principio di separazione, e nella stessa Legge costituzionale n. 3/2001, recante la riforma del Titolo V della Costituzione, si trova il riferimento normativo primario che attribuisce potestà regolamentare ai Comuni circa la disciplina della organizzazione e delle funzioni proprie: nell’ambito dell’autonomia statutaria e regolamentare attribuita agli Enti locali, è possibile l’adozione di disposizioni che deroghino ai principi generali della separazione di cui al TUEL, potendo modulare l’attribuzione delle competenze all’interno dell’organo giuntale, sindaco compreso.
Imporre la presenza di rappresentanti politici (ivi compresi, consiglieri comunali o assessori) all’interno della Commissione edilizia, seppure preparati e competenti per titoli di provenienza, mina l’imparzialità dell’operato dell’organo (in violazione diretta con l’art. 97 Cost. «Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza»), oltre ad introdurre surrettiziamente un potere decisionale, seppure a livello consultivo, che si pone in contrasto con i principi enunciati di “separazione”, riflettendo inevitabilmente in un regime di incompatibilità reale, e non solo potenziale, specie qualora i provvedimenti fossero emanazione di atti consiliari adottati o da adottare: in termini, diversi, si tradurrebbe in una situazione di sovrapposizione tra gestione, indirizzo e controllo, alterando gli equilibri di potere e le sfere di competenza imposte dalla legge.
Risulta evidente che la partecipazione, anche solo come richiesta di controllo ad istanza (o mera attività di impulso), da parte dei consiglieri comunali o assessori si configurerebbe come lesiva dei principi di separazione oltre che evidenziare una “indebita ingerenza” sulla stessa attività amministrativa (c.d. riserva di competenza, ex art.107 e comma 4, dell’art. 147 del TUEL), dovendo affermare che una norma regolamentare che preveda tale ipotesi risulterebbe chiaramente viziata (rectius violazione di legge): dal principio di legalità dell’organizzazione e dell’azione amministrativa discende che l’ordine legale delle competenze è stabilito per legge.
Alla luce delle considerazioni poste, e con le precisazioni riferite alla corretta composizione dell’organo, in presenza di un parere consultivo della Commissione edilizia il provvedimento finale, di competenza del dirigente, può essere validamente rilasciato anche senza l’ausilio di tale apporto collaborativo e istruttorio, essendo il parere formato da un organo consultivo e facoltativo, non necessariamente composto da personale tecnico esperto della materia.
In questo senso, il plesso normativo e per costante giurisprudenza, sin da tempi risalenti, affermano il principio per cui l’obbligatorietà del parere della Commissione edilizia è limitata alle sole questioni che interessano l’attuazione, sotto il profilo tecnico, di uno specifico progetto costruttivo in relazione alla vigenza di prescrizioni generali e speciali nella materia edilizio – urbanistica, discendendo la conseguenza che è legittimo il diniego di concessione edilizia in assenza del parere della Commissione edilizia comunale, qualora tale diniego si basi esclusivamente su ragioni giuridiche, dimostrando o confermando la natura di organo consultivo (facoltativo e non tecnico).
Il parere della Commissione edilizia comunale è privo di propria autonomia funzionale e strutturale e non ha né formalmente, né sostanzialmente, valore provvedimentale di atto di assentimento o diniego della concessione edilizia richiesta, pur quando ne sia ravvisata obbligatoria l’acquisizione per il rilascio o diniego del provvedimento di concessione.
La composizione della Commissione edilizia (organo facoltativo) con la presenza di componenti elettivi (amministratori) si pone in evidente contrasto con il sistema ordinamentale e con i pilastri fondamentali dell’agire pubblico, eludendo i precetti dell’imparzialità e del buon andamento con l’introduzione di elementi di turbativa nel processo decisionale, che non depongono in termini di trasparenza e di neutralità nell’esercizio della discrezionalità tecnica, assegnata all’organo gestionale dell’Ente locale (il responsabile del procedimento).
(ESTRATTO, Riflessioni sulla Commissione edilizia a supporto del responsabile dell’ufficio urbanistico, L’Ufficio Tecnico, 2018, n. 4)