I rinnovi e le proroghe devono trovare la propria fonte nel contratto riproduttiva della legge di gara, pena l’alterazione della concorrenza.
Il TAR Lazio, sez. II bis Roma, con la sentenza n. 9212 del 10 settembre 2018, interviene per ribadire che la continuazione del rapporto negoziale non è rimesso nella disponibilità delle parti ma deve trovare la propria legittimazione (ergo legittimità) in una previsione, a monte (ab origine nella lex specialis), non lasciata alla libera discrezionalità dell’agente presentandosi come un affidamento diretto.
In questo senso, un operatore economico impugna, per chiederne l’annullamento, gli atti con i quali un’amministrazione comunale ha disposto l’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 31 comma 8 e dell’art. 36 comma 2 del D.Lgs. n. 50 del 2016, dell’incarico per la progettazione del servizio di igiene urbana integrata con implementazione della tariffa puntuale e per il supporto per la redazione dei relativi atti di gara.
L’aggiudicazione diretta violava, per il ricorrente, la possibilità (prevista in contratto) di continuare il rapporto con l’affidatario originario, senza giustificare la cessazione e la connessa partecipazione procedimentale.
Il giudice di prime cure, richiama l’orientamento consolidato in materia di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto di servizi, affermando che non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti in quanto vige il principio inderogabile, fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’amministrazione civica, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara pubblica: la proroga costituisce strumento del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali (T.A.R. Sardegna, Cagliari, sentenza n. 755/2014, confermata da Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 1521/2017).
La differenza delle fattispecie:
- rinnovo: comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali;
- proroga: ha solo l’effetto di differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario.
A disciplina vigente, ai sensi dell’art. 106, del D.Lgs. n. 50 del 2016, la proroga:
- è ammessa solo con funzione di temporaneità, rappresentando uno strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un vincolo contrattuale ad un altro (c.d. contratto “ponte”);
- è teorizzabile, ancorandola al principio di continuità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), nei soli limitati ed eccezionali casi in cui, per ragioni obiettivamente ed estranee dall’Amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente (Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2009, n. 2882, idem ANAC, parere AG 38/2013 sulla d. “proroga tecnica”).
Il tema delle proroghe contrattuali è stato più volte trattato dall’ANAC (Delibera n. 779 del 11 settembre 2018, Fascicolo n. 3524/2017; in modo specifico, Comunicato del Presidente del 4 novembre 2015, Utilizzo improprio delle proroghe/rinnovi di contratti pubblici – parere) ove si chiarisce che la proroga è un istituto assolutamente eccezionale ed, in quanto tale, è possibile ricorrervi solo per cause determinate da fattori che comunque non coinvolgono la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice.
Al di fuori dei casi strettamente previsti dalla legge, la proroga dei contratti pubblici costituisce una violazione dei principi della libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza: la proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro.
L’ANAC riconferma che una volta scaduto un contratto l’amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara (Cons. Stato, sentenza n. 3391/2008).
È lecita la proroga quando tale possibilità è prevista nel bando di gara (Cons. Stato, sez. III, 5 luglio 2013, n. 3580; sez. V, 27 aprile 2012, n. 2459; sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 850):
- non si tratta di una violazione della par condicio;
- non dà vita ad una forma di rinnovo del contratto in violazione dell’obbligo di gara;
- è una facoltà rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione in presenza di determinate condizioni, quale diritto potestativo di richiedere, al contraente privato, la prosecuzione del contratto.
Ciò posto, si può dedurre che in presenza di una facoltà di proroga, essendo – in generale – la gara “la regola” e la proroga “una eccezione”, non è necessaria una particolare motivazione per procedere all’indizione di una nuova gara, mentre qualora si determini una proroga l’amministrazione dovrà dare una motivazione analitica, chiarendo le ragioni per le quali l’ente ritiene di discostarsi dal principio generale (Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6194).
Si ricava che quando la stazione appaltante procede a prorogare il contratto, oltre i limiti delle previsioni della lex specialis, ovvero, in assenza di tali previsioni, alla scadenza naturale del contratto, sussiste un’illegittima fattispecie di affidamento senza gara.
La gara, quindi, assolve – in ogni caso – ogni limite all’affidamento reiterato, senza far rilevare possibili fenomeni anticoncorrenziali o condotte che possono prestarsi ad eventi degenerativi di natura corruttiva, in violazione ai principi di legalità.
Non va trascurato, peraltro, che l’affidamento diretto (sotto soglia di cui agli artt. 30 e 36 del D.Lgs. n. 50/2016), ovvero il riaffidamento, dovrebbe scontare il principio della “rotazione” degli inviti e degli affidamenti in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle piccole e medie imprese, con lo scopo di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento.
L’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale e deve essere adeguatamente motivato, avuto riguardo:
- al numero ridotto di operatori presenti sul mercato;
- al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale;
- all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento (TAR Puglia, Lecce, sez. I, 2 ottobre 2018, n. 1412).
A completamento si annota che un recente pronunciamento (TAR Molise, sez. I, 14 settembre 2018, n. 533) legittima l’affidamento diretto con “procedura semplificata”, ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a) del D.Lgs. n. 50/2016 (la lettera b) è utilizzata per la “procedura negoziata” previa consultazione per gli importi tra i 40 mila e i 150 mila euro), in presenza:
- di un’esigenza e interesse pubblico indilazionabile (igiene);
- di difficoltà comparative dei prezzi e dei servizi (caso di specie, affidamento servizi di raccolta, trasporto e conferimento rifiuti differenziati, pulizia stradale, manutenzione e cura del verde pubblico, manutenzione del cimitero e scavo di fosse per tumulazione, oltre al servizio di trasporto persone autista scuolabus, per un importo complessivo di euro 39.884,00 e durata anni uno, dopo aver accertato dell’impossibilità di ricorrere agli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. e dal Mercato elettronico della P.A., M.e.P.A.).
Inoltre, si è annotato che:
- non si ravvisa alcuna anomalia al sistema la presenza di un plesso di servizi eterogenei tra loro, atteso che l’“affidamento integrato per servizi analoghi o assimilabili o indipendenti” riguarda una categoria aperta di servizi che, per ragioni di economicità, possono essere affidati in blocco con procedura unica, cosiddetta “multiservice” (Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 3220/2014; TAR Campania, Napoli, sez.. III, sentenza n. 1248/2017);
- non vi è la clausola dello “stand still”, di cui all’art. 32, comma 9, del Codice dei contratti pubblici (la lettera b), del cit. art., stabilisce che «il termine dilatorio di cui al comma 9 non si applica… nel caso di affidamenti effettuati ai sensi dell’articolo 36, comma2, lettera a) e b)»).
Va aggiunto, altresì, che la mancata pubblicazione di un avviso è motivata da ragioni di “estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice”, ex art. 63, comma 2, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016, ma pur sempre con una procedura negoziata (TAR Friuli Venezia Giulia, sez. I, 18 luglio 2018, n. 252).