La sez. III del T.A.R. Toscana con la sentenza 28 marzo 2020, n. 371, riconferma l’illegittimità di una clausola del bando di gara che privilegia l’elemento della territorialità ai fini dell’aggiudicazione di un servizio.
Giova premettere che sono da ritenere escludenti, in quanto tali immediatamente impugnabili, le clausole del bando che prescrivono il possesso di requisiti di ammissione o di partecipazione alla gara che:
- sono incomprensibili o sproporzionati;
- rendano la partecipazione alla gara incongruamente difficoltosa;
- precludano una valutazione di convenienza economica;
- presentino gravi carenze nell’indicazione dei dati essenziali necessari per la formulazione dell’offerta[1];
- prevedano l’elemento della territorialità (il quale tuttavia non costituisce requisito di partecipazione alla gara), anche soltanto come elemento rilevante in sede di attribuzione del punteggio nell’ambito dell’offerta tecnica[2];
- richiedano ai concorrenti requisiti di partecipazione e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, qualora tali ulteriori prescrizioni si rivelino non rispettose dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza con riguardo alle specifiche esigenze imposte dall’oggetto dell’appalto e, comunque, introducano indebite discriminazioni nell’accesso alla procedura.
Ciò posto, il fatto nella sua essenzialità concerne l’affidamento di una prestazione di servizi sociosanitari, assistenziali e integrati alla persona ove venga imposto la supply chain («deve descrivere la catena dell’offerta che intende implementare per l’erogazione del servizio, indicando per ogni attività la tipologia dei soggetti coinvolti operanti sul territorio») e la stipula di un contratto di rete con operatori radicati sul territorio.
La clausola della lex specialis viene ritenuta limitativa della libertà imprenditoriale, nonché del principio di concorrenza e di non discriminazione: secondo i ricorrenti è inammissibile la restrizione territoriale ad un ambito individuato dalla stazione appaltante.
La restrizione così congegnata:
- collide con la proiezione sovranazionale propria del sistema dinamico di acquisizione;
- estromette dal mercato del sistema dinamico di acquisizione un’ampia fetta di operatori, quelli senza radici o mezzi sul territorio[3];
- viola l’art. 45 del D.lgs. n. 50/2016, escludendo i soggetti la cui attività non sia radicata nel tessuto sociale lavorativo, in violazione dell’art. 35 (rectius: 30), comma 2, del D.lgs. n. 50/2016, che vieta alle stazioni appaltanti di favorire o svantaggiare taluni operatori economici;
- l’imposizione di uno specifico schema contrattuale colliderebbe col principio di autonomia imprenditoriale (ex 41 Cost.).
Il Collegio osserva (confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato) che l’ambito di immediata impugnabilità di un bando di gara non è circoscritto alle sole sue clausole immediatamente escludenti, ma ricomprende anche evenienze particolari, tra le quali il caso della lex specialis che non consenta la formulazione di una seria e ponderata offerta, oppure di disposizioni di gara abnormi o illogiche che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla procedura selettiva[4].
Successivamente dichiara fondato il ricorso relativamente al sistema dinamico di acquisizione, ove si richiede che «il candidato deve dimostrare, in fase di prequalifica, la capacità di organizzare la gestione dei servizi afferenti alla struttura (servizi alla persona, servizi di logistica e servizi all’immobile) con contratti di rete territoriale, appunto con soggetti radicati sul territorio, anche a garanzia della capacità di gestione del rischio imprenditoriale associato alla concessione».
Una condizione di partecipazione, in tal modo formulata, introduce una inevitabile restrizione territoriale, specie laddove sancisce la regola della stipula dei contratti di rete esclusivamente con soggetti:
- “radicati sul territorio”;
- ovvero, già presenti nel luogo dell’esecuzione dei servizi oggetto dell’appalto specifico;
- ovvero, imponendo un limite inderogabile che estromette dalla procedura selettiva i soggetti interessati ad operare in loco ma che non sono già radicati sul territorio di riferimento, costringendo l’offerente a non avere altra scelta che avvalersi degli operatori di rete locali, già attivi.
Le condizioni poste ledono i principi fondamentali, sanciti espressamente:
- dall’art. 30, «Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni», comma 1, del D.lgs. n. 50/2016 (posti a tutela della libera concorrenza), di non discriminazione e par condicio;
- dispiegati anche dall’art. 30, comma 2 («Le stazioni appaltanti non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi») del cit. Codice dei contratti pubblici e valevoli per qualsivoglia procedura di scelta del contraente, per gli appalti e per le concessioni di beni e servizi, sopra e sotto soglia, anche ai sensi dell’art. 36, comma 1, e l’art. 164, comma 2, del Codice[5].
La sentenza si allinea ai principi espressi dalla Corte di Giustizia – non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza – riconoscendo agli stessi «una portata generale che può adattarsi a ogni fattispecie che sia estranea all’immediato ambito applicativo delle direttive sugli appalti»[6], con la specchiata applicazione – in presenza della disciplina del Codice dei contratti pubblici – che espunge dal sistema degli affidamenti ogni criterio sartoriale nella determinazione delle condizioni di gara, ovvero nella determinazione dei punteggi, oppure (come nel caso di specie) nell’obbligatorietà di sottoscrivere contratti con i soggetti presenti in un determinato territorio.
Il criterio del radicamento territoriale, secondo il quale i soggetti che possono concorrere all’affidamento debbano necessariamente avere legami nel territorio, si manifesta palesemente restrittivo della concorrenza nella misura in cui non favorisce la più ampia partecipazione possibile dei potenziali operatori economici interessati, ponendosi in contrasto con i principi di non discriminazione e parità di trattamento[7].
[1] Cons. Stato, sez. V, 22 novembre 2019, n. 7978.
[2] T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter, 14 gennaio 2014, n. 466. È illegittima una procedura per la ricerca di manifestazioni di interesse per l’affidamento dei servizi di assistenza tecnica riferiti alla gestione faunistica venatoria nel caso in cui il bando preveda, tra i requisiti di ammissione alla selezione, a pena di esclusione, l’avvenuto svolgimento di un servizio di almeno tre anni in favore di almeno un ambito territoriale sito nella regione, trattandosi di una requisito estremamente restrittivo e del tutto privo di motivazione, che impedisce la partecipazione di concorrenti che abbiano maturato la propria esperienza in altre regioni, T.A.R. Marche, sez. I, 18 novembre 2019, n. 704.
[3] Una clausola del bando che impone, a pena di esclusione, di dimostrare il possesso di una officina nel territorio del Comune rientra senz’altro tra quelle c.d. escludenti, rendendo impossibile la partecipazione alla procedura al concorrente privo del requisito prescritto, per cui la presentazione dell’offerta da parte di un concorrente privo del requisito avrebbe costituito un onere inutile ai fini della legittimazione ad agire, Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 605. Vedi, T.A.R. Piemonte, sez. I, 16 luglio 2019, n. 811, dove si è ritenuta legittima la clausola che prevede che la sede operativa, attraverso la quale verranno svolte le attività principali oggetto dell’appalto, dovrà essere inderogabilmente ubicata nel territorio del Comune e che tale condizione deve essere soddisfatta entro 40 giorni dall’aggiudicazione, sicché non impone all’offerente un onere di immediata organizzazione dell’attività e non impedisce la partecipazione a imprese che non abbiano sede o uffici nel territorio. Non si tratta, pertanto, di una clausola inserita in violazione dei principi di libera concorrenza e di massima partecipazione, in quanto consente all’impresa di organizzarsi all’esito della vittoriosa partecipazione, senza obbligarla a sostenere anzitempo l’onere del reperimento dell’immobile e del personale per l’espletamento del servizio.
[4] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293; sez. V, 18 giugno 2015, n. 3104 e 30 aprile 2018, n. 2602; idem T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 4 ottobre 2019, n. 4753.
[5] T.A.R. Veneto, sez. I, 21 marzo 2018, n. 320; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 5 luglio 2018, n. 1104; T.A.R. Molise, sez. I, 28 gennaio 2019, n. 38; Cons. Stato, sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5494.
[6] Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2015, n. 1552.
[7] Antitrust, provvedimento As 1623, bollettino n. 46 del 18 novembre 2019.