Il rilascio di un titolo edilizio, in generale, è soggetto al versamento di un contributo articolato su due componenti, oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria) e costo di costruzione, quantum determinato al momento del rilascio del titolo edilizio[1], suscettibile di rideterminazione quando intervenga la scadenza del permesso di costruire con un suo rinnovo o una variante al titolo edilizio che incrementi il carico urbanistico, oppure quando, nell’adozione del primitivo provvedimento di determinazione, vi sia stato un errore nel calcolo del contributo rispetto alla situazione di fatto ed alla disciplina vigente al momento[2].
Invero, gli oneri di urbanizzazione espletano la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona a causa della consentita attività edificatoria, il costo di costruzione si configura quale compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore: l’unico criterio per determinare se gli oneri siano dovuti o meno, consiste nel carico urbanistico derivante dall’attività edilizia, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l’esigenza di utilizzare più intensamente quelli esistenti[3].
Termine di prescrizione
L’obbligo di corrispondere le somme a titolo di oneri concessori e di urbanizzazione[4] si prescrive nel termine di dieci anni e decorre dalla data di rilascio del titolo edilizio[5], rilevando (di contro) che nel caso in cui il titolare del permesso di costruire non abbia più realizzato[6], nel termine di legge, l’intervento assentito e, per tale ragione, abbia inoltrato all’Ente territoriale formale richiesta di restituzione e/o ripetizione e/o rimborso dell’importo versato a titolo di oneri di urbanizzazione, il dies a quo del computo della prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., relativa al diritto di credito vantato dal medesimo titolare, per la restituzione della somma di danaro corrisposta al Comune a titolo di oneri di urbanizzazione, deve essere individuato nella data di scadenza del termine di decadenza del titolo edilizio, per mancato inizio dei lavori, entro un anno dal rilascio[7].
L’obbligo di restituzione
Nella breve descrizione di un’obbligazione autoritativa dell’Amministrazione[8], il pagamento costituisce un onere collegato al titolo[9], rilevando che in assenza di esecuzione di quanto autorizzato, il destinatario legittimamente può fare richiesta di restituzione di quanto versato, a cui corrisponde un altrettanto obbligo di versamento al richiedente di quanto richiesto, venuto meno il presupposto giuridico.
Dunque, il pagamento è correlato all’effettiva attività di trasformazione del territorio posta in essere dal soggetto interessato in forza del titolo abilitativo all’edificazione, con l’immediato e diretto corollario, del diritto di colui che detto contributo abbia corrisposto ad ottenerne la ripetizione tutte le volte in cui tale trasformazione non abbia, di fatto, avuto luogo, in conseguenza di un’espressa rinuncia al permesso di costruire – che per essere valida deve, evidentemente, riguardare un titolo ancora efficace – ovvero dell’intervenuta decadenza del titolo edilizio[10].
La sez. giur. Marche della Corte dei conti, con la sentenza 23 dicembre 2024, n. 194, riassume questo dovere di restituzione, quale obbligo di diligenza (perizia) posto a carico del soggetto (dipendenti comunali dell’ufficio tecnico) responsabile del procedimento, osservando che l’omissione (o il ritardo) costituisce fonte di responsabilità erariale per le spese sostenute dall’Amministrazione (danno indiretto) a fronte di una condotta inerte, contraria agli obblighi di legge afferenti alla restituzione del credito vantato.
Il fatto
Nello specifico, non avendo realizzato l’intervento edilizio, il soggetto obbligato chiede all’Amministrazione la restituzione degli oneri di urbanizzazione e il funzionario preposto (anche con ripetuti dinieghi) omise di provvedere immediatamente, con giustificazioni al quanto suggestive («sostenendo di non avere potere decisionale in proposito e che sarebbe stata necessaria l’adozione di un provvedimento straordinario da parte del sindaco o della Giunta»), che non tenevano in debito conto del principio di separazione tra politica e amministrazione, tra poteri di indirizzo e poteri di gestione: donde l’avvio di un contenzioso con soccombenza della PA.
In effetti, l’inerzia del funzionario si protraeva fino al pensionamento, a cui subentrava il Sindaco, in qualità di responsabile dell’UTC: silenzio continuato anche a fronte del giudizio, peraltro senza costituzione del Comune.
Il Tribunale adito condannava il Comune alla restituzione degli oneri di urbanizzazione, con l’aggiunta degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, nonché alla rifusione delle spese processuali.
Seguiva precetto e atto di pignoramento, transazione e riconoscimento del debito fuori bilancio, pagamento del dovuto.
Le condotte omissive
La Procura erariale – nella richiesta di danno – evidenziava:
- comportamento omissivo caratterizzato da colpa grave nella mancata restituzione del dovuto con motivazioni «pretestuose e prive di fondamento», contraria al dato normativo, nonché ai principi civilistici in ordine alla ripetizione dell’indebito ed all’arricchimento senza causa (una negligenza inescusabile non compatibile con il profilo professionale ricoperto);
- inerzia protratta anche a fronte di un atto di citazione dinanzi al Tribunale civile, di un giudicato che aveva riconosciuto il diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, oltre ad accessori e spese processuali;
- aggravamento della condotta in presenza di un parere legale sull’obbligo (fondatezza) di restituzione delle somme e dell’inopportunità della costituzione dell’Amministrazione comunale nel giudizio civile (poi promosso).
In sostanza, tutti comportamenti omissivi, caratterizzati da inescusabili negligenza e superficialità, con evidente aggravamento del danno.
Il merito
In via preliminare, il danno subito dal Comune è divenuto concreto ed attuale soltanto a seguito degli effettivi pagamenti di quanto pattuito in sede di transazione (l’effettivo depauperamento subito dall’Amministrazione), con prescrizione quinquennale per l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa.
Il Collegio non può che accogliere le richieste della Procura, atteso che l’obbligo di restituzione è conseguente alla scadenza del titolo in assenza di un inizio dei lavori: la restituzione degli oneri si configura come atto dovuto in presenza di un tessuto normativo stratificato e consolidato, con imputazione ad entrambi i soggetti coinvolti (che hanno concorso al danno e al suo aggravamento).
Viene richiamata la giurisprudenza amministrativa, formatasi a partire dagli anni ‘80 che ha sancito:
- la decadenza del permesso di costruire per mancato inizio dei lavori opera di diritto, rendendo il titolo tamquam non esset[11];
- i contributi per gli oneri di urbanizzazione non sono più dovuti se l’edificazione non ha avuto luogo, essendo essi strettamente connessi all’attività di trasformazione del territorio;
- la mancata esecuzione dei lavori comporta che il pagamento effettuato in favore dell’Ente diviene indebito;
- il Comune è, quindi, obbligato alla restituzione delle somme versate a titolo di oneri di urbanizzazione, con l’aggiunta degli accessori, ai sensi dell’art. 2033 c.c. (indebito oggettivo) o dell’art. 2041 c.c. (arricchimento senza causa)[12].
Responsabilità gestionale
Viene chiarita l’evidenza, nel senso che le giustificazioni di una “incompetenza” del funzionario preposto ad un Ufficio Tecnico comunale è priva di ogni pregio (fondamento), avendo lo stesso (funzionario) un potere pieno, dovuto al ruolo ricoperto (la c.d. riserva di amministrazione, ex art. 107 del d.lgs. n. 267/2000), ossia specifiche competenze in materia di oneri di urbanizzazione, «tra cui l’effettuazione dei calcoli delle somme da versarsi da parte dei privati, l’aggiornamento delle relative tabelle, in modo che siano sempre in linea con le norme vigenti e con le esigenze del territorio, l’istruttoria delle pratiche edilizie, la vigilanza sul tempestivo versamento degli oneri dovuti al Comune e, all’occorrenza, la restituzione delle somme divenute indebite».
Ne deriva senza esitazione che la condotta assunta si presenta connotata da grave ed inescusabile negligenza, produttiva di una parte del danno subito dal Comune per effetto degli atti conseguenti all’inerzia, imputando al sostituto per gli accessori e spese maturate dopo il collocamento in quiescenza.
Invero, l’inerzia protratta anche dopo l’attivarsi del contenzioso e della successiva condanna potevano evitarsi dall’immediato pagamento, «non potendo esservi ragionevoli dubbi sulla giuridica fondatezza della pretesa del medesimo, o, comunque, attivarsi sollecitamente per pervenire ad una transazione, in modo da evitare la maturazione a carico del Comune di maggiori accessori (interessi moratori e rivalutazione monetaria) ed il lievitare delle spese processuali da rifondersi».
Le condotte mantenute nella (triste) vicenda sono considerate indubbiamente di grave negligenza e l’inescusabile superficialità, con esclusione dei presupposti per l’applicazione in loro favore del potere riduttivo dell’addebito.
Perle
La vicenda suggella la necessità di attivarsi sempre a fronte di una richiesta, valutare le ragioni di causa, effettuare un’istruttoria e non rimanere inerti, obbligando indebitamente il cittadino a ricorrere al giudizio di un Tribunale, pur in presenza di una giustificata, legittima e fondata richiesta.
Un disagio che lascia nello sfondo una rinuncia ad un dovere (c.d. minimo etico) inerente all’ufficio ricoperto, ex comma 2, art. 54 Cost.), soprattutto ove la soluzione del caso non esige una complessa analisi giuridica o una professionalità matura, rimediabile con una banale ricerca nei primi manuali di urbanistica/edilizia o in un libero motore di ricerca non settoriale (alla portata di influencer).
[1] Quanto alle tabelle di riferimento, la giurisprudenza è consolidata nel senso che gli oneri concessori devono essere determinati secondo le regole e i parametri vigenti al momento del rilascio del titolo, Cons. Stato, sez. II, 27 aprile 2020, n. 2667 e 3 novembre 2023, n. 9525.
[2] TAR Puglia, Lecce, sez. I, 26 giugno 2023, n. 830, idem Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2012, n. 2471 e 12 giugno 2017, n. 2821.
[3] Cons. Stato, sez. IV, 22 luglio 2024, n. 6587.
[4] La disciplina pubblicistica non consente, infatti, se non in casi eccezionali, la corresponsione del contributo di costruzione con modalità diverse da quelle che prevedono il versamento diretto presso la tesoreria comunale, Cons. Stato, sez. IV, 27 gennaio 2023, n. 934.
[5] TAR Sicilia, Catania, sez. I, 6 novembre 2023, n. 3289. Sul punto, Ad. Plen, n. 12/2018; CGARS, sentenze n. 270/2019, n. 47/2021, n. 854/2022.
[6] L’obbligo di pagare il contributo di concessione si atteggia come obbligazione propter rem, sì che l’adempimento può essere preteso anche nei riguardi del terzo acquirente, solo allorché questi valendosi della concessione edilizia realizza le opere che con essa sono state assentite, e non anche quando da parte sua non vi sia alcuna fruizione dell’atto abilitativo, CGARS, 3 novembre 2017, n. 471, sicché il dovuto risulta strettamente inerente all’area edificabile ed alla costruzione eseguita: in caso di trasferimento della concessione edilizia o della costruzione, l’obbligazione pecuniaria, se non adempiuta dall’iniziale titolare, si trasferisce necessariamente sull’avente causa, TAR Campania, Salerno, sez. II, 10 marzo 2021, n. 601.
[7] TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 15 dicembre 2023, n. 359.
[8] Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2023, n. 1320. La procedura amministrativa per la liquidazione e il pagamento del contributo di costruzione riguarda un’attività non autoritativa, fondata sull’applicazione automatica di criteri di calcolo stabiliti da norme, senza che l’Amministrazione eserciti alcuna discrezionalità, TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 22 ottobre 2024, n. 2821.
[9] Gli atti comunali di adeguamento degli oneri di urbanizzazione possono trovare applicazione esclusivamente per i permessi rilasciati a far tempo dall’epoca di adozione dell’atto e non anche per quelli rilasciati in epoca anteriore, TAR Puglia, Lecce, sez. III, 15 gennaio 2013, n. 48.
[10] TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 26 novembre 2021, n. 990, idem Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2017, n. 3456; TAR Lazio, Latina, 21 giugno 2018, n. 349; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 24 ottobre 2018, n. 1790.
[11] Cons. Stato, sez. IV, sentenze n. 5028/2011, n. 1747/2014, n. 3371/2017.
[12] Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 1395/2019; TAR Puglia, Bari, sentenza n. 4658/2023.