In ambito culturale le sponsorizzazioni e i contratti atipici di sponsorizzazione sono sempre più considerati sistemi alternativi per reperire risorse aggiuntive da inserire a bilancio, al punto che alcuni ritengono, al di là dell’esplicita previsione normativa, che si tratti di operazioni di finanza derivata da annoverare tra le «altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge» (ex articolo 199, Fonti di finanziamento, comma 1, lettera g) del d.lgs. n. 267/2000): più semplicemente si possono inquadrare come un sistema lecito per il migliore raggiungimento dei risultati e perseguire gli obiettivi previsionali attraverso forme innovative di finanziamento, mediante la sottoscrizione di un contratto di sponsorizzazione, dove a fronte dell’acquisizione di risorse o beni l’Amministrazione veicola il marchio (alias, l’immagine) del privato[1].
Si potrebbe, anche affermare, che la sponsorizzazione di eventi culturali costituisce una pubblicità marcatamente etica, una condivisione di interessi pubblici strumentali a riconoscere un ritorno positivo verso lo sponsor che intraprende e investe nelle attività dell’Amministrazione, associandosi all’immagine pubblica, a quei fini generali che istituzionalmente persegue ogni singola estensione degli apparati della PA, ex art. 97 Cost.: una evidente forma di pubblicizzare indirettamente il proprio nome per recuperare margini di maggior credibilità (e utile d’impresa): un partenariato pubblico – privato con benefici per entrambi i soggetti del rapporto contrattuale.
Dunque, attraverso tale negozio giuridico si realizzano maggiori economie, e si risparmiano risorse da imputare ad altri interventi, dimostrando capacità di efficienza (rapporto tra costi/benefici) ed economicità d’azione proprio in funzione di perseguire un risparmio di spesa, a fronte di un ritorno d’immagine del soggetto che effettua la sponsorizzazione: la causa del contratto di sponsorizzazione si identifica nel cosiddetto “ritorno pubblicitario”, ed implica una valutazione non rigorosa dell’obbligazione del soggetto sponsorizzato, trattandosi di un’obbligazione di mezzi pur tuttavia non trovando una disciplina unitaria a livello codicistico[2].
In effetti, secondo le indicazioni ministeriali[3] la sponsorizzazione si «caratterizza per l’associazione del nome, del marchio, dell’immagine o del prodotto di un’impresa a un bene o a un’iniziativa culturale», chiarendo un favor del legislatore per una «modalità duttile e agevolmente percorribile per il reperimento di risorse, o anche di beni e servizi, da destinare al perseguimento dei propri scopi istituzionali», al punto da considerare che tali interventi per i privati risultano «particolarmente appetibile» per «il vantaggio promozionale che può essere tratto dall’accostamento dell’azienda o dei suoi prodotti al prestigioso patrimonio culturale nazionale».
Queste essenze valoriali, in funzione della promozione della cultura, bene immateriale e fonte di sviluppo sociale di un territorio sotto una molteplicità di aspetti, copre non solo le attività culturali (e dello spettacolo) ma si estende su tutte le funzioni pubbliche, quale efficace strumento di valorizzazione contendibile tra gli operatori economici.
Nell’evento culturale, il contratto di sponsorizzazione costituisce un accordo (a prestazioni corrispettive) tra un soggetto (lo sponsor) che intende pubblicizzare se stesso o un evento a lui riferibile, corrispondendo denaro o fornendo beni e servizi di proprietà (o di terzi) ad un altro soggetto cd sponsee (Comune) che si obbliga (a sua volta) ad effettuare una o più prestazioni finalizzate a pubblicizzare lo sponsor: «caratteristica peculiare della sponsorizzazione è la stretta connessione tra la promozione dello sponsor e lo spettacolo; mentre l’ordinario contratto di pubblicità, di cui la sponsorizzazione costituisce fattispecie atipica, trova nello spettacolo una mera occasione, con la sponsorizzazione si realizza un abbinamento costante con il soggetto sponsorizzato per cui lo sponsor trae direttamente dallo spettacolo dei vantaggi di autopromozione che ne fanno un fruitore, vale a dire un utilizzatore, anche se in un senso differente dallo spettatore»[4].
La sponsorizzazione, in relazione agli interessi sottesi, richiede una preliminare attività di indagine (l’evidenza pubblica)[5] e costituisce in ambito culturale e delle manifestazioni un sistema che produce cambiamenti nella gestione del bilancio (oltre a costituire una faccia della sussidiarietà), nello specifico della ricerca di risorse aggiuntive (esterne e diverse dall’indebitamento), in una logica più produttiva e di mercato, passando da un profilo essenzialmente ordinario (quasi burocratico) a un profilo di public management, abbandonando una visione esclusivamente giuridico – contabile per un approccio più integrato, verso una visione economico – aziendale (altri direbbero d’impresa).
In breve, la sponsorizzazione e la ricerca di risorse nelle attività culturali, mediante un avviso pubblico di selezione dello sponsor, costituisce un’efficacia modalità per il perseguimento dei fini istituzionali[6], con effetti diretti sull’impatto di bilancio e di miglioramento dei rapporti tra PA e cittadino, dove le imprese (operatori economici) costituiscono una parte determinante e primaria per il Paese, specie in un momento post emergenza sanitaria che ha minato l’animo umano, con chiusure e limitazioni (di movimento e di vita culturale) il più delle volte incomprensibili.
(pubblicato, maggiolicultura.it, 4 giugno 2022)
[1] Cfr. LUCCA, Considerazioni sul contratto di sponsorizzazione e sue distinzioni dall’erogazione di contributi, LexItalia.it, 2011, n. 3, dove si precisa che il contratto di sponsorizzazione, essendo di natura sinallagmatica (prestazione e controprestazione), e la sua alterazione ne comporta la risoluzione, si distingue dall’erogazioni di contributi ove manca questa condizione: «il riconoscimento da parte dei pubblici poteri locali della coerenza di tali attività all’utilità collettiva, perché destinate alla crescita morale, sociale e culturale, turistica di una determinata Comunità e le eventuali forme di aiuto (contribuzione) che da parte delle istituzioni (locali) possono scaturire, hanno l’effetto di esprimere compiutamente i principi di sussidiarietà orizzontale oltre che di autonomia nel contesto allargato degli interessi pubblici, non potendole assimilare (le erogazioni di contributi) a sponsorizzazioni “atecniche” se non minando, in radice, lo stesso concetto e principio di “autonomia” e di “policentrismo istituzionale”, celebrato, affermato e voluto soprattutto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, recepito come rispondente tout court all’interesse pubblico, ricondotto tra le attribuzioni dell’Ente (territoriale) locale e condiviso con la libera scelta e iniziativa dei cittadini (nell’intraprendere iniziative e manifestazioni di rilevanza pubblica, rectius istituzionali, sicuramente senza alcuna contropartita pubblicitaria indiretta)».
[2] Cfr. l’art. 19, Contratti di sponsorizzazione, e l’art. 151, Sponsorizzazioni e forme speciali di partenariato, del d.lgs. n. 50/2016, nonché l’art. 120, Sponsorizzazione di beni culturali, del d.lgs. n. 42/2004.
[3] Ministero per i beni e le attività culturali, Decreto 19 dicembre 2012, Approvazione delle norme tecniche e linee guida in materia di sponsorizzazioni di beni culturali e di fattispecie analoghe o collegate.
[4] Corte Appello Bologna, 27 marzo 1997.
[5] Risulta illegittima, nell’ambito di una procedura di sponsorizzazione, la determinazione dell’importo a base di gara commisurato esclusivamente al valore dei lavori o servizi da realizzare e del tutto disancorato dall’effettivo valore della controprestazione, Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 2019, n. 7502.
[6] TAR Lombardia, Milano, sez. I, 31 dicembre 2021, n. 2944.