La seconda sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 614 del 20 marzo 2019, conferma un orientamento granitico che ammette l’accesso agli atti e alle autorizzazioni rilasciate al confinante in relazione all’incisione della propria sfera giuridica, ovvero dei propri diritti a tutela e salvaguardia della proprietà.
Il proprietario di un bene immobile formula alla P.A. una richiesta di accesso all’autorizzazione rilasciata al proprio confinante per la realizzazione di un marciapiede su una strada pubblica, vedendosi rifiutare la stessa mediante silenzio rigetto.
La richiesta ostensiva non era di natura emulativa, ma verteva sulla verifica della costruzione del manufatto che veniva a costituire un ostacolo al deflusso delle acque meteoriche, determinandone il ristagno, con conseguenti danni al proprio muro perimetrale (e al connesso diritto dominicale).
L’Amministrazione civica ed il controinteressato non si sono costituiti in giudizio.
Il Giudice di prime cure non esita a ritenere il ricorso fondato, con condanna alle spese dell’Amministrazione civica e ordine di esibire i documenti richiesti, sulla base dei precedenti:
- il proprietario confinante, è sicuramente titolare di un interesse qualificato (alla tutela ai propri interessi dominicali) alla ostensione degli atti con cui il Comune autorizza la realizzazione dei lavori su strada pubblica a ridosso della proprietà del ricorrente;
- il proprietario confinante con l’immobile interessato da attività edilizia assentita dall’Amministrazione è legittimato ad accedere alla relativa documentazione anche nell’ipotesi in cui siano scaduti i termini per impugnare il titolo abilitativo e gli interventi in questione siano oggetto di indagine penale[1];
- il vicino ha un interesse concreto, personale ed attuale, ad accedere ai permessi edilizi rilasciati al proprietario del terreno confinante per tutelare le proprie posizioni giuridico – economiche (escludere rischi di danni alla sua proprietà) e/o per far rispettare le norme urbanistiche, atteso che i titoli edilizi sono atti pubblici, perciò chi esegue le opere non può opporre un diritto di riservatezza[2].
Il pregio della sentenza nella sua sinteticità e chiarezza espositiva afferma due questioni di primaria importanza in tema di “trasparenza” e “riservatezza”.
In prima analisi giuridica, è inevitabile affermare che quando un confinante (proprietario di un immobile ricadente nella immediata zona di intervento ma anche nelle adiacenze) chiede il rilascio della documentazione afferente un permesso di costruire, o più in generale un titolo edilizio (anche promanante da una dichiarazione del privato), il responsabile del procedimento non possa negarne l’accesso in funzione della mancanza di un interesse giuridicamente qualificato.
La dichiarazione (rectius legittimazione) dell’interessato di essere confinante all’area oggetto di titolo abilitativo, indipendentemente dalla sua precisa collocazione topografica in adiacenza e/o a ridosso, è sufficiente per radicare l’azione: ciò che conta è il fatto che il richiedente possiede immobili (non necessariamente a titolo di proprietà) nella medesima zona ed è, pertanto, già per tale motivo, titolare dell’interesse a che nell’ambito della stessa l’edificazione sia conforme alla normativa vigente[3].
Similarmente, va riconosciuto ad un soggetto che abita nelle immediate vicinanze di un’area interessata dalla realizzazione, sia pure transitoria, di un capannone per l’organizzazione di una manifestazione pubblica di non breve durata, e che ha subito disagi (molestie, immissioni sonore, ecc.) da tale manifestazione, il diritto di accedere agli atti del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio dell’autorizzazione amministrativa per la realizzazione del capannone medesimo atteso che detto soggetto, a tutela della propria situazione giuridica, ha diritto di verificare la regolarità dell’autorizzazione rilasciata per ottenere, ove possibile, il non ripetersi della situazione di disagio arrecatagli[4].
Ne consegue che i proprietari di immobili in zone confinanti o limitrofe con quelle interessate da una costruzione sono sempre legittimati a richiedere gli atti autorizzatori o le comunicazioni/dichiarazioni dei privati che possono pregiudicare la loro posizione per l’incisione delle condizioni dell’area e, più in generale, per le modifiche all’assetto edilizio, urbanistico ed ambientale della zona ove sono ricompresi gli immobili di cui hanno la disponibilità, senza che sia necessaria dara ad es. prova di un danno specifico, essendo insito nella situazione di “stabile collegamento” con la zona stessa d’intervento (la c.d. vicinitas)[5].
Di converso, in seconda analisi giuridica di rilievo, l’accoglimento della domanda di accesso non può, pertanto, essere condizionata da valutazioni circa la fondatezza delle eventuali pretese alla cui tutela l’acquisizione della documentazione è strumentale posto che, per costante giurisprudenza, il diritto di accesso è autonomo rispetto alla posizione giuridica posta a base della relativa istanza[6] e prescinde da ogni valutazione circa la fondatezza della stessa[7], e della riservatezza asseritamente violata.
In termini diversi, il Tribunale rilevando che i titoli edilizi sono atti pubblici perviene alla conclusione che i lavori effettuali sono sottoposti ad un regime di pubblicità che non ammette lesioni alla trasparenza con presunte posizioni differenziate tutelabili dall’ordinamento, quali pregiudizievoli alla riservatezza del singolo[8].
Giova rammentare che, ai sensi dell’art. 24, comma 7, della Legge n. 241/90, «deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici»[9], rilevando che difficilmente (salvo, ovviamente, la presenza di situazioni particolari documentabili agli atti) il rilascio di titoli edilizi o autorizzazioni possano contenere dati “sensibili” o “supersensibili” o “giudiziari” (ex art. 60 del D.Lgs. n. 196/2013, e artt. 9 e 10 del GDPR), atteso che tali dati andrebbero oscurati e non potendo essere diffusi (pubblicati)[10] sono trattati secondo i criteri di liceità, correttezza e trasparenza, oltre a essere sottoposti ai principi di pertinenza e non eccedenza, limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (minimizzazione dei dati, c.d. accountability), nel rispetto delle Linee Guida del Garante per la protezione dei dati personali «Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati» (doc. web n. 3134436, registro dei provvedimenti n. 243 del 15 maggio 2014).
La sentenza n. 614 del 20 marzo 2019, della seconda sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, ribadisce – a chiare lettere – il diritto pieno di accedere agli atti edilizi del confinante non potendo anteporre difetti di legittimazione o ragioni di riservatezza che non reggono, quali oneri motivazionali, per un diniego; anzi, potrebbero costituire fonti di danno erariale (le spese di soccombenza) quando il privato debba ricorrere al giudice per l’inerzia o il rigetto (immotivato) dell’Amministrazione.
[1] T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 26 marzo 2018, n. 757, idem T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 1 febbraio 2017, n. 229; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 21 giugno 2017, n. 3382.
[2] T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 4 febbraio 2016, n. 374.
[3] T.A.R. Napoli, sez. V, 4 febbraio 2008, n. 506.
[4] T.A.R. Veneto, sez. III, 31 dicembre 2007, n. 4133.
[5] Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 2013, n. 2488.
[6] Cons. Stato, sez. VI, sentenze nn. 1680/2005; 14/2004; 5240/2003.
[7] L’interesse all’accesso ai documenti deve essere valutato in astratto, senza che possa essere operato, con riferimento al caso specifico, alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale che gli interessati potrebbero eventualmente proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l’accesso medesimo e, quindi, la legittimazione all’accesso non può essere valutata alla stessa stregua di una legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante, T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 19 febbraio 2019, n. 56.
[8] La tutela della c.d. privacy può soffrire limitazioni non trattandosi di valore incomprimibile in assoluto, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 13 settembre 2013, n. 1915.
[9] Cons. Stato, sez. IV, 6 febbraio 2019, n. 906 e sez. VI, 15 novembre 2018, n. 6444.
[10] Cfr. il comma 6, parti finali dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001.