La quinta sez. del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1567 del 7 marzo 2019 conferma i poteri del sindaco in materia di orario di apertura dei negozi commerciali, riformando il pronunciamento di primo grado.
Alcuni operatori economici ricorrevano al giudice di prime cure avverso ad un’ordinanza sindacale recante una nuova disciplina degli orari di apertura e chiusura di esercizi commerciali e, in generale, delle attività produttive insistenti sul territorio comunale.
Il Tribunale accoglieva il ricorso ravvisando l’illegittimità dello strumento dell’ordinanza contingibile e urgente (ex articolo 50, comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000), seguiva appello dell’Amministrazione civica che in punto di diritto, al contrario, ribadiva che l’ordinanza impugnata in primo grado si qualificava come atto di natura ordinaria volto a disciplinare gli orari di apertura degli esercizi ai sensi dell’articolo 50, comma 7 del TUEL che testualmente prevede che il Sindaco «coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti».
Il Consiglio di Stato nel dichiarare fondato il ricorso rileva:
- il giudice di primo grado ha qualificato erroneamente l’ordinanza senza considerare una serie di elementi che deponevano nell’opposto senso di qualificarla quale ordinanza volta a coordinare e riorganizzare gli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi;
- gli elementi indicativi rinvenibili già dalle premesse ove è dato leggere che «nell’ambito delle competenze che la legge attribuisce al Sindaco vi è quella del coordinamento degli orari della Città e, tra l’altro, degli esercizi commerciali in genere» con un evidente collegamento alla previsione di cui all’articolo 50, comma 7 del TUEL;
- i compiti di coordinamento e riorganizzazione degli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi rientrano nei tipici poteri esercitati attraverso ordinanze di contenuto – per così dire – ‘ordinario’, adottate dal Sindaco nella sua qualità di capo dell’amministrazione comunale (e non in quella, concomitante, di ufficiale di governo diversi da quelli di cui al comma 5 dell’articolo 50 del D.Lgs. n. 267/2000 riferiti al potere di ordinanza contingibile al coordinamento degli orari cittadini);
- altro richiamo indicativo è rappresentato (anch’esso nelle premesse al testo) dall’articolo 11 del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114, «Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59», riferito agli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio che si collega all’abrogato articolo 36, comma 3 della Legge n. 142 del 1990, corrisponde nella sostanza all’articolo 50, comma 7 del TUEL, che non rientra nelle ordinanze contingibili e urgenti;
- un terzo elemento è rappresentato dal richiamo (ancora una volta esso contenuto nelle premesse al testo) all’articolo 31 della Legge regionale 18 novembre 1999, n. 33, «Disciplina relativa al settore commercio)», che si collega sempre al potere ordinario di ordinanza sindacale sugli orari (stesse considerazioni del precedente elemento).
Si conclude con una decisione: la sentenza di primo grado risulta «quindi fondata su una premessa giuridico-fattuale non corretta».
L’approdo conseguente è di negare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente, ai sensi dell’articolo 50, comma 5 del TUEL, neppure può considerarsi determinante le posizioni fattuali che nella parte delle premesse all’ordinanza fosse richiamata:
- l’esigenza di «prevenire (…) situazioni di degrado al decoro delle vie pubbliche», essendo un richiamo volto a giustificare un particolare – e rigoroso – assetto della disciplina di alcuni orari di apertura e chiusura, ma non valeva in alcun modo a giustificare la ritenuta riconducibilità dell’ordinanza al novero delle ordinanze contingibili e urgenti di cui all’articolo 50, comma 5 del TUEL;
- una cadenza temporale sul carattere di urgenza, atteso che un’ordinanza di contenuto ‘ordinario’ non vale di per sé a qualificare l’atto come contingibile e urgente, ai sensi dell’articolo 50, comma 5 del TUEL, restando comunque diversa la funzione e gli ambiti oggettuali dei due tipi di ordinanze;
- il mancato rispetto della vacatio di quindici giorni per l’efficacia immediata, termine richiamato solo per le deliberazioni consiliari, ex 124 del TUEL, che prevede altresì al successivo articolo 134, comma 4, comunque l’apposizione della clausola di immediata esecutività;
- la mancata comunicazione di avvio del procedimento, venendo in rilievo l’adozione di un’ordinanza quale atto di regolamentazione a contenuto generale e a valenza sostanzialmente regolamentare, e non di un singolo provvedimento amministrativo;
- l’onere motivazionale non esplicitato – in quanto atto a contenuto generale – non resta a rigore assoggettato, ai sensi dell’articolo 3, comma 2 della Legge 241 del 1990.
Il pregio della sentenza n. 1567 del 7 marzo 2019, della quinta sez. del Consiglio di Stato, è quello di aver indicato le tecniche redazionali dei provvedimenti, nello specifico dell’ordinanza sindacale, avendo cura di chiarire “nelle premesse” la situazione di fatto e il potere attribuito dalla legge per rispondere alle esigenze interposte (le c.d. ragioni giuridiche), rilevando che se è pur vero che la motivazione «non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale» è altrettanto indispensabile formulare un testo amministrativo leggibile e comprensibile, dal tenore chiaro e dalla sequenza logica che eviti di trovarsi nelle condizioni di confondere il potere esercitato.
Si conviene, allora, l’insegnamento interpretativo del potere di ordinanza del Sindaco[1], quale organo di vertice dell’Amministrazione locale che si esprime in un:
- potere “ordinario” di disciplina degli orari, distinto da quello contingibile e urgente che, a vario titolo e con motivazioni specifiche, gli viene egualmente attribuito dalla norma, oltre che dall’art. 54 del medesimo TUEL;
- potere a valenza “ordinaria”, che si aggiunge a quello, più recente, per la sola vendita per asporto e somministrazione di bevande alcoliche (comma 7 bis dell’art. 54 cit.);
- potere di regolamentazione d’orario su un elenco di tipologie di “attività produttive”, tipicamente radicate sul territorio comunale, la cui qualificazione deve ritenersi aperta, prescindendo dall’accezione tecnica delle categorie economiche tale da ricomprendere, pertanto, le attività artigianali (anche destinate a sfociare nella vendita, compresa quella per asporto di alimenti), con una nozione ampia della dizione “esercizi commerciali”, con una clausola di chiusura rilevabile nei “servizi pubblici”;
- anche in assenza di una determinazione puntuale delle attività da parte del Consiglio comunale[2] il potere del Sindaco non può essere pregiudicato[3], essendo le definizioni un contenitore che ricomprendono attività eterogenee (un ampio genus).
Il potere del Sindaco si dipana, pertanto, su un catalogo esteso di “attività commerciali” che rientrano nel genere definito dal legislatore, in piena aderenza con l’evoluzione della disciplina del commercio lato sensu intesa in ambito costituzionale che da un primo nucleo di materie ha, poi, ricompreso dizioni necessariamente più fluide, affidando allo Stato competenze residuali rispetto a quelle affidate alle Regioni con la riforma del Titolo V della Costituzione[4].
Dall’insieme si può stabilire che:
- il Sindaco è titolare di un potere di apertura e chiusura degli esercizi commerciali (per le motivazioni desumibili e rinvenibili nel cit. art. 50);
- il Consiglio comunale è titolare di una competenza di regolamentazione (c.d. potere normativo) dei casi individuati dalla norma, potendo dettagliare le modalità e l’ambito di applicazione (ex 42 del TUEL)[5];
- la dirigenza, all’interno dei poteri sovrani definiti dagli organi elettivi (Consiglio e Giunta), può definire i limiti entro i quali il singolo può agire (ex 107 del TUEL)[6].
[1] Cons. Stato, sez. II, Adunanza di Sezione del 27 giugno 2018, numero 02065/2018 e data 27 agosto 2018, Spedizione.
[2] Cfr. Corte Cost., 4 aprile 2011, n. 115.
[3] Cons. Stato, sez. V, 23 luglio 2018, n. 4439.
[4] Vedi, il contributo di chi scrive, Le Liberalizzazioni degli orari di esercizio delle attività di barbiere, parrucchiere uomo-donna, estetista nel futuro dell’economia digitale, ildirittoamministrativo.it, 20 dicembre 2018.
[5] Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5287.
[6] Cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 11 dicembre 2018, n. 1156.