La sez. I stralcio del T.A.R. Lazio – Roma, con la sentenza 19 agosto 2020 n. 9258, dichiara l’illegittimità di un’ordinanza di bonifica di un sito inquinato senza l’instaurazione del dovuto contradditorio, ex art 7 ss. della legge n. 241/1990.
Il terzo comma, dell’art. 192 («Divieto di abbandono») del d.lgs. n. 152/2006 («Norme in materia ambientale») prevede che la violazione del divieto di abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo o l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee impone di «procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo», disponendo che il Sindaco con propria ordinanza determini tutte le operazioni necessarie entro un termine stabilito, pena l’esecuzione in danno.La norma nella sua essenzialità dispositiva, anche ai fini dell’individuazione degli obbligati, postula un’attività istruttoria preliminare, con lo scopo di accertare i soggetti responsabili e le modalità effettive per il recupero, dopo aver, quindi, effettuato una valutazione sull’inquinamento e sull’apporto partecipativo dei presunti “inquinatori”: una fase prodromica all’ordine di rimozione.
La fase istruttoria e partecipativa, ex ante all’ordine di smaltimento dei rifiuti, ha l’obiettivo di verificare concretamente ed esaurientemente l’imputabilità soggettiva della condotta atteso che[1]:
- non siamo di fronte ad una ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del trasgressore o del proprietario o titolare di altro diritto reale o personale sul bene oggetto del deposito incontrollato di rifiuto;
- il presupposto dell’imputabilità delle condotte di abbandono, in capo al proprietario o di chiunque abbia la giuridica disponibilità del bene, richiede il necessario accertamento in capo a quest’ultimo di un comportamento doloso o colposo;
- la normativa rappresenta una fattispecie tipica in cui è disciplinato un ordinario potere d’intervento attribuito al Sindaco[2] con carattere ripristinatorio e sanzionatorio rispetto alla violazione del divieto di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti;
- la conseguenza che ai fini dell’adozione di ogni relativo provvedimento (rectius il presupposto giuridico) è indispensabile un contraddittorio procedimentale tra i soggetti interessati[3];
- il contradittorio (è giusto affermare) ancorché fondato su presunzioni e nei limiti della esigibilità ove si ravvisi il titolo colposo di tale responsabilità[4];
- in carenza di urgenza, che ne giustifichi l’omissione, il contradittorio è richiesto proprio per il profilo soggettivo della responsabilità solidale, a titolo di dolo o di colpa, non essendo sufficiente a tal fine un mero scambio epistolare tra le parti[5].
Dopo queste premesse di inquadramento esterno, l’analisi della sentenza tratta un ricorso di una società alla quale veniva imposto di procedere al recupero e al trasporto in discarica di rifiuti speciali non pericolosi presenti su un terreno, il cui presupposto istruttorio risultava una relazione della polizia provinciale da cui risultava che mezzi della ricorrente avrebbero depositato i rifiuti in questione.
I motivi del ricorso:
- «violazione dei principi sul procedimento amministrativo ed eccesso di potere per erroneità, contraddittorietà»;
- il potere sindacale viene fondato su due distinti profili normativi antitetici, l’uno extra ordinem per emergenza sanitaria (ex 50 del d.lgs. n. 267 del 2000), l’altro per abbandono rifiuti (ex art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006), fonti tra loro incompatibili (l’esercizio di poteri eterogenei, infatti, pregiudica il diritto di difesa del destinatario);
- il potere di ordinanza dell’art. 50 del TUEL non può essere esercitato in presenza di un potere ordinario e tipico previsto dalla disciplina sull’abbandono dei rifiuti, che non consente il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente (deducendone (errando), peraltro, l’incompetenza in quanto la rimozione dei rifiuti è provvedimento di competenza dirigenziale)[6];
- la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, non essendogli stato comunicato l’avvio del procedimento senza alcuna indicazione delle ragioni di urgenza;
- mancanza nell’ordinanza di alcun accertamento su cui si fondano i mezzi di prova che giustificherebbero l’ascrizione di responsabilità in capo alla società.
Il giudice di prime cure nel dichiarare il ricorso fondato statuisce:
- l’ingiunzione di rimozione dei rifiuti poggia su motivazioni contradditorie, citando «problemi di di natura igienico/sanitaria» sopraggiunti a seguito del deposito, piuttosto che limitarsi all’abbandono;
- l’ingiunzione alla rimozione dei rifiuti rivolta al rappresentante legale della società si basa proprio «sull’autrice materiale dell’illecito contestato e accertato» non potendo, pertanto, invocare i poteri extra ordinem, dovendo dare nella fattispecie «prevalenza alla disciplina di cui al citato art. 192, posto che la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di essa si presta di per sé a rendere inutile – o meglio – inattuabile il ricorso alla prescrizione dell’art. 50» (prevale su quello atipico e residuale di cui alla disposizione del TUEL);
- l’ordinanza, ex 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, deve essere preceduta dalla comunicazione, prevista dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990, di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito dei rifiuti[7].
Il pregio della sentenza è quello di differenziare i poteri sindacali ordinari da quelli atipici e di porre l’attenzione sulla esigenza di garantire la partecipazione procedimentale, con l’apporto di memorie od osservazioni (ex art. 10 della legge n. 241/1990) che l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare prima di concludere il procedimento; espressione, quest’ultima, del principio di imparzialità e di trasparenza del procedimento amministrativo, garantendo concretamente la partecipazione procedimentale: la comunicazione di avvio del procedimento, rendendo edotti del procedimento in corso i soggetti titolari di interessi direttamente coinvolti nel procedimento stesso, fa sì che questi possano fornire il loro contributo alla attività amministrativa, introducendo ed evidenziando elementi utili alle valutazioni e alle determinazioni dell’Amministrazione, la quale non potrà non tenerne conto nell’onere motivazionale[8].
In questo senso, l’art. 192 cit. ha inteso rafforzare e promuovere le esigenze di un’effettiva partecipazione allo specifico procedimento dei potenziali destinatari del provvedimento conclusivo al punto da ritenere che la preventiva, formale comunicazione dell’avvio del procedimento per l’adozione dell’ordinanza sindacale volta a fronteggiare le situazioni di accertato abbandono o deposito incontrollato di rifiuti costituisce un adempimento indispensabile al fine dell’effettiva instaurazione di un contraddittorio procedimentale con gli interessati: il giusto procedimento[9].
Nel caso di specie, termina il Tribunale, nessuna previa comunicazione di avvio del procedimento è stata effettuata alla società ricorrente e al suo legale rappresentante, quale destinatari dell’ordinanza emanata, non potendosi (aggiunge altra giurisprudenza) peraltro, applicare il temperamento che l’art. 21 octies, della legge n. 241 del 1990 apporta alla regola generale dell’art. 7 della stessa legge[10].
Dunque, la garanzia partecipativa, prevista dagli artt. 7 e 10 della legge n. 241/1990, è rivolta ad assicurare un effettivo e proficuo apporto collaborativo del privato al procedimento e la sua violazione assume rilievo ogni qual volta la mancata partecipazione abbia impedito al medesimo di apportare utili elementi di valutazione da sottoporre alla valutazione dell’Amministrazione interessata[11].
[1] T.A.R. Veneto, sez. II, 5 maggio 2020, n. 403.
[2] T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 6 marzo 2020, n. 366,
[3] T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 28 aprile 2020, n. 142.
[4] T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 7 aprile 2020, n. 523.
[5] T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 20 febbraio 2020, n. 246.
[6] Ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, spetta al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti previste dal comma 2 e tale disposizione sopravvenuta prevale sul disposto dell’art. 107 comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2016, n. 57.
[7] T.A.R. Campania, Salerno, sentenza n. 15 del 2020 e T.A.R. Campania, Napoli, sentenza n. 5938 del 2019.
[8] T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 18 giugno 2020, n. 688.
[9] T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 7 gennaio 2020, n. 4.
[10] T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 6 novembre 2018, n. 6448; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 13 settembre 2017, n. 1450; T.A.R. Piemonte, sez. I, 17 gennaio 2017, n. 96; Cons. Stato, sez. II, 21 giugno 2013, n. 1033.
[11] T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 28 maggio 2020, n. 975.