«Libero Pensatore» (sempre)

Spoils system per la dirigenza a chiamata

Discrezionalità e merito

La discrezionalità amministrativa (negli atti politici e di alta amministrazione) individua, tra più comportamenti leciti per realizzare il pubblico interesse, quello più idoneo a perseguire una determinata scelta tesa a soddisfare l’interesse pubblico in quel determinato momento (storico).

Il merito amministrativo, in senso stretto, indica inoltre l’ambito delle attività amministrative non sorrette da regole giuridiche ma più attinenti al valore dell’agire pubblico: esso comprende l’area dell’attività discrezionale, intesa come attività rispondente a regole non giuridiche e mirante alla comparazione degli interessi primari e secondari coinvolti nell’azione amministrativa, successivamente traslati in atti amministrativi destinati ad incidere le singole sfere giuridiche e/o l’intera collettività (distinzione tra provvedimenti, in senso stretto, e regolamenti o atti a contenuto generale).

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Il diritto di accesso dei consiglieri comunali

L’articolo 43 del TUEL statuisce che “i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.

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Separazione di poteri tra organi elettivi e gestionali

Premessa introduttiva

L’amministrazione (rectius l’organizzazione) pubblica è retta da principi che trovano il proprio riferimento normativo direttamente nell’articolo 97 della Costituzione, dove si postula che nell’agire pubblico deve sempre essere assicurato “il buon andamento” e “l’imparzialità” (1): pilastri del sistema ordinamentale (diritto positivo) (2) nell’assicurare il perseguimento dell’interrese pubblico senza particolarismi: un’azione proiettata a garantire al meglio e alla pari i diritti di “cittadinanza” degli amministrati e l’utilizzo accorto delle risorse collettive.

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Rimborsi spese legali amministratori pubblici

La massima

La sezione giurisdizionale per la regione Puglia della Corte dei Conti, con la sentenza n.787 del 14 giugno 2012, discostandosi dall’orientamento del giudice della nomofilachia, apre all’analogia (con i dipendenti pubblici) e riconosce il rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori pubblici assolti in un procedimento penale.

Viene postulato che una volta ravvisato il nesso di causalità necessario tra l’adempimento del mandato e la perdita pecuniaria, rappresentata dalle spese di difesa, il mandatario (ovvero, l’amministratore pubblico) può legittimamente pretendere il rimborso delle spese sostenute nel giudizio.

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Società “in house”

Va preliminarmente precisato che anche qualora la partecipazione azionaria del Comune si presenti al 100% gli Amministratori della società, nell’ambito della loro competenza generale, ex artt. 2380 – bis c.c., hanno la gestione esclusiva dell’impresa e compiono tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale.

All’interno di tali poteri, rientra sicuramente, la facoltà di difendere gli interessi sociali in giudizio, qualora tali interessi siano compromessi da atti o provvedimenti lesivi proveniente dal socio unico pubblico, poiché la società per azioni con socio unico resta in ogni caso un soggetto formalmente distinto dal suo socio, e dato che il socio unico (caso di specie Comune) ha emesso i suoi provvedimenti non all’interno degli schemi societari,

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Obbligo (sempre) di provvedere della p.a. in caso di segnalazione di un abuso edilizio

La pubblica amministrazione locale è titolare di una competenza generale in materia di tutela del territorio (ex art.3 e 13 del T.U.E.L.), dovendo assicurare la cura degli interessi della Comunità e lo sviluppo anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali.

In presenza di un’attività di tipo repressivo la quarta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 15 gennaio 2009 n. 177, ha postulato la possibilità (doverosità) di intervento dell’Amministrazione locale su sollecitazione del privato non limitandosi ad affermare la piena legittimità dell’inerzia dai suoi poteri sanzionatori (caso di specie in materia edilizia), laddove questi ultimi trovino fondamento in provvedimenti concessori o autorizzatori ormai inoppugnabili, ma sostenendo il doveroso operare nel caso di realizzazione di opere o di mutamenti (anche di destinazione d’uso) che non trovano fondamento nei provvedimenti autorizzativi oramai definitivi.

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