L’attività istruttoria si inserisce nella fase (preparatoria) del procedimento amministrativo che concorre a formare la decisione provvedimentale (deliberazione), valutando una serie di elementi di fatto e di diritto (il percorso motivazionale, ex articolo 3 della Legge n.241/90) – a cura del responsabile del procedimento – necessari all’adozione dell’atto finale.
In questa prima fase, prodromica alla successiva fase costitutiva o decisoria, si inseriscono i pareri obbligatori di regolarità tecnica e qualora si presenti un riflesso diretto sulle finanze dell’ente (impegno di spesa o diminuzione di entrata) è indispensabile coinvolgere il responsabile di ragioneria.
L’articolo 49 (ex art. 53, della Legge n.142/90), del Testo unico degli enti locali (Tuel), dispone in chiaro che “su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile”.
Il tratto discretivo classifica il parere obbligatorio, non vincolante, fra gli atti preparatori del procedimento cui è finalizzato, impedendo al responsabile del procedimento di sottrarsi da tale incombenza a meno che non sia direttamente interessato (in conflitto di interessi) all’atto di adozione.
Il mancato inserimento dei pareri, secondo un orientamento giurisprudenziale, non costituisce requisito di legittimità delle deliberazioni cui fanno riferimento, configurando la mancanza come mera irregolarità in ragione della funzione propria dei pareri diretti ad individuare – sul piano formale – i responsabili, nei funzionari che li formano, eventualmente in solido con i componenti degli organi politici, in via amministrativa e contabile, ammettendo una loro integrazione a posteriori al fine di sanare una situazione di originaria mancanza.
L’art. 151 del Tuel, enumerando i principi in materia di contabilità, dispone al comma 4 che “i provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria”.
Queste valutazioni redatte in forma scritta sono riportate nei testi deliberativi e “nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal Segretario dell’ente, in relazione alle sue competenze”.
Risulta inoltre sussistere una correlata responsabilità in ordine ai pareri espressi in quanto i responsabili rispondono direttamente in “via amministrativa e contabile dei pareri espressi”.
I pareri si inseriscono nell’attività discrezionale (consultiva) e precisamente in quella fase di giudizio ove vengono analizzati i fatti e gli interessi coinvolti nel procedimento, distinguendosi dalla fase della volontà in cui si concreta la scelta degli interessi, quest’ultima a cura degli organi elettivi.
Non va sottaciuto che la pura e semplice formulazione di un parere (non vincolante) di fronte a un atto sul quale la competenza a decidere spetta ad altro organo non può, sotto il profilo psicologico, costituire concorso morale di chi esprime il parere con i soggetti preposti all’adozione della delibera finale illegittima, in quanto la rappresentazione dell’atto conclusivo (e della sua illiceità) esula dai compiti propri di chi esprime il parere.
La discrezionalità tecnica
L’esercizio della discrezionalità tecnica impone al responsabile del procedimento di provvedere su un determinato oggetto applicando una norma tecnica alla quale una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta, e il suo (eventuale) controllo può essere scrutinato (dal giudice) in base non al mero riscontro formale ed estrinseco dell’iter logico seguito, bensì in base alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.
In questo quadro prospettico la discrezionalità tecnica non coinvolge scelte di opportunità amministrativa bensì una valutazione antecedente ad essa che riguarda l’analisi dei fatti e la valutazione degli stessi, ancorché opinabili in base ai criteri scientifici e tecnici utilizzabili, alle conoscenze ed agli strumenti a disposizione.
Giova delineare che la discrezionalità tecnica concerne soltanto gli aspetti di valutazione fattuale, sia pur suscettibili di diversi apprezzamenti, mentre vi difetta totalmente la fase della scelta dell’interesse da perseguire sulla base di canoni di mera opportunità politico – amministrativa, incensurabili sotto il profilo giurisdizionale.
Conseguentemente va distinto il concetto di opportunità, che attiene alla cura degli interessi pubblici coinvolti dall’azione amministrativa, da quello di discrezionalità tecnica che attiene alla valutazione dei presupposti delle scelte ancorché effettuate alla luce di criteri tecnici e scientifici opinabili e ciò anche nei casi di discrezionalità mista.
In quest’ultima ipotesi la discrezionalità tecnica si pone come presupposto delle conseguenti scelte di merito dell’Amministrazione, dovendo allora inquadrare i pareri in un ambito accertativo – valutativo, componendosi di una varietà di attività istruttorie, le cui valutazioni conclusive sono assunte sulla base di cognizioni della scienza amministrativa e specialistica, sulle quali non è ammesso un sindacato di merito del giudice amministrativo, ma soltanto quello di legittimità nelle ipotesi di evidenti e macroscopici vizi logici.
Pareri, valutazioni tecniche.
I pareri svolgono una funzione consultiva di controllo sebbene non vincolante per gli organi rappresentativi e non pongono alcun limite alla potestà deliberante di questi ultimi, i quali ben possono liberamente disporre del contenuto delle deliberazioni una volta resi detti pareri (in tal caso, dovrà motivarsi le ragioni di questo discordarsi); diversamente si finirebbe con l’attribuire agli organi consultivi l’effettivo potere d’amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi la funzione di mera ratifica di determinazioni altrui.
Ad ulteriore suffragio del rilievo, del resto, depone la qualificazione di un apprezzamento endoprocedimentale come parere e non come valutazione tecnica si fonda su alcuni indizi sintomatici:
a) apporti di carattere discrezionale o “consigli” non perentori sul futuro contenuto del provvedimento conclusivo non si conciliano con il carattere tecnico del parere;
b) la significativa presenza di membri non qualificati tecnicamente in seno all’organo consultivo esclude che l’attività consultiva possa assumere carattere tecnico;
c) la “ratio” dell’intervento consultivo può essere talora quella di assicurare omogeneità a decisioni affidate ad amministrazioni diverse;
d) qualora il parere ripercorra tutte le fasi procedimentali esprimendo in relazione ad esse una valutazione di carattere generale, la valutazione deve considerarsi un parere “puro”.
Essi, pertanto, sono unicamente preordinati all’individuazione sul piano formale, dei funzionari che li formulano, della responsabilità eventualmente in solido con i componenti degli organi politici in via amministrativa e contabile.
Parere di regolarità contabile
Volendo analizzare i profili che attengono al parere di regolarità contabile appare opportuno soffermarsi sulle considerazioni poste dalla sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia con la sentenza 23 marzo 2011, n. 1058, chiarendo immediatamente che il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata, secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità (ex comma 5, secondo periodo dell’articolo 153 del Tuel).
Sullo sfondo di questa attività accertativa l’articolo 191, comma 1, del Tuel prevede che gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste:
a. l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione;
b. l’attestazione della copertura finanziaria.
In attuazione di questi principi (e regole) cogenti una volta acquisito il parere del responsabile della ragioneria viene acclarato:
a. l’esistenza del presupposto dal quale sorge il diritto della obbligazione (inoltre, al momento della liquidazione, il servizio finanziario effettua, secondo i princìpi e le procedure della contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi, contabili e fiscali, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 184 del Tuel);
b. il rispetto dell’ordinamento contabile degli enti locali e delle norme regolamentari interne all’ente locale.
Delineato il quadro di riferimento la Corte conclude, in prima visione, che la figura del responsabile del servizio finanziario e di ragioneria possiede delle prerogative funzionali di controllo sugli atti amministrativi che comportano impegni di spesa e tale potere si esprime attraverso l’espressioni del parere per il quale risponde direttamente (viene richiamato il comma 3, dell’art. 53 della Legge n.142/90) non potendo ritenere coerente le eventuali deduzioni ove si affermasse che il visto di regolarità contabile si limiterebbe alla sola verifica della copertura finanziaria, della corretta imputazione al capitolo di spesa, alla competenza dell’organo che l’ha assunta, al rispetto dei principi contabili ed alla completezza della documentazione (elidendo, in questo modo, un aspetto prioritario dell’istruttoria e nello specifico delle valutazioni poste alla base del parere).
In termini diversi, il parere di regolarità effettua una valutazione pregnante sull’impegno e sulla spesa (visto) statuendo la legalità dell’intervento in relazione anche alle finalità stesse perseguite attraverso l’utilizzo delle risorse pubbliche: una verifica di legittimità proiettata a dare ragione e copertura istituzionale all’attività svolta e all’utilità perseguita.
Il perimetro istruttorio dovrà motivare l’obiettivo perseguito con l’esborso pecuniario rispetto all’interesse pubblico sottostante, dimostrando che il buon andamento della P.A. (ex art.97 Cost.) persiste in ogni fase della sua azione: il pagamento di spese viaggio (all’estero) agli amministratori dovrà essere coerente con i fini istituzionali perseguiti dalla singola amministrazione (?).
Andando oltre, vengono analizzati i diversi profili del parere:
a. quello contabile (di competenza del responsabile di ragioneria) che consiste in una valutazione in ordine alla regolarità contabile della deliberazione sottoposta ad esame;
b. quello finanziario (esercitato dal responsabile del servizio finanziario) che si concretizza in una verificazione più specifica, concernente la copertura finanziaria del relativo impegno.
Parere di regolarità contabile e visto
A margine, si chiarisce che non sussiste alcuna differenziazione tra il parere di regolarità contabile previsto per le deliberazioni (degli organi collegiali) e il visto di regolarità contabile sulle determinazioni (degli organi monocratici) atteso che tale distinzione è solamente apparente e relativa ad una visione formalistica, non rispondente alla realtà giuridica sostanziale: il termine deliberazione “sin dall’antichità” può riferirsi indifferentemente sia ad atti collegiali che monocratici, considerato che spesso il legislatore stesso riferisce tale definizione in termini indifferenziati agli uni o agli altri, e notoriamente con la parola “deliberazione” si designa le risoluzioni adottate sia da organi collegiali sia da organi monocratici, nell’intento di rendere pubblici tutti gli atti degli enti locali di esercizio del potere deliberativo, indipendentemente dalla natura collegiale o meno dell’organo emanante.
Verifica di regolarità contabile e controllo di legittimità
Non è contestabile, in via di principio, che la regolarità contabile involge il controllo di legittimità della spesa e comprende oltre che la verifica dell’esatta imputazione della spesa al pertinente capitolo di bilancio ed il riscontro della capienza dello stanziamento relativo, anche la valutazione sulla correttezza sostanziale della spesa proposta.
A sostegno di tale lettura, la sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia annota che:
a. deve essere testualmente richiamato l’art. 147, lett. a) del Tuel ove si prevede che nell’ambito del sistema dei propri controlli interni l’ente locale deve garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, correttezza e regolarità dell’azione amministrativa; con tale norma si finalizza rendendolo equivalente, il controllo di regolarità contabile ad un controllo sulla legittimità, correttezza e regolarità dell’azione amministrativa;
b. l’art. 184, comma 4 del Tuel, riferisce che nella fase di controllo da parte dell’ufficio economico finanziario delle determinazioni di impegno e liquidazione di spesa, si prevede che esso effettua i controlli ed i riscontri amministrativi e contabili secondo i principi della contabilità pubblica.
Quello che viene evidenziato per dar rigore all’equiparazione “regolarità contabile” rectius “legittimità della spesa” ergo “conformità di essa alle leggi ed ai regolamenti” è l’aspetto del controllo (parametro di riferimento estensibile a qualsiasi organo pubblico che svolga tali funzioni) inteso quale principio fondamentale per i responsabili di ragioneria, richiamato già all’art. 27 del R.D. n.2440/1923 dove si prescrive che “le ragionerie centrali vigilino perché siano osservate le leggi… per la regolare gestione dei fondi di bilancio”, ma più specificatamente rinvenibile nella norma che individua il vero principio fondamentale in materia contabile che distingue il controllo finanziario (relativo all’attestazione della copertura finanziaria) da quello contabile, ossia l’art. 20 del R.D. n.1214/1934 T.U. Corte dei conti, dove si prevede “la Corte vigila perché le spese non superino le somme stanziate nel bilancio e queste si applichino alle spese prescritte, perché non si faccia trasporto di somme non consentite per legge, e perché la liquidazione e il pagamento delle spese siano conformi alle leggi e ai regolamenti”.
Tale norma che si applica all’attività di controllo della Corte dei conti e definisce il concetto di contabilità pubblica, per la sua ampia definizione, si configura come riferimento fondamentale per i concetti di regolarità finanziaria e contabile.
In sintesi due distinte funzioni:
a. la verifica ai fini dell’attestazione del responsabile del servizio finanziario coincide sostanzialmente con il controllo finanziario (in cui si deve verificare la copertura finanziaria, confrontando l’impegno di spesa con lo stanziamento contenuto nello specifico capitolo o intervento del bilancio di previsione; la corretta imputazione dell’impegno rispetto all’oggetto del capitolo di spesa; che non si siano fatte variazioni di bilancio non autorizzate);
b. la regolarità contabile si configura come un vero e proprio controllo di legittimità della spesa rispetto alla legge e alle altre fonti normative (una verifica sulla competenza dell’organo che ha emesso il provvedimento sotto i suoi diversi profili, una verifica sull’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto dai quali dovrebbe scaturire l’obbligazione, un controllo di coerenza tra spesa e fine istituzionale).
Responsabilità erariale per viaggi all’estero
La disamina del caso concreto (oggetto di giudizio) chiarisce che la liquidazione (il provvedimento) comporta una responsabilità diretta del soggetto che lo sottoscrive (il responsabile del procedimento): una responsabilità in via amministrativa della sua legittimità, secondo le regole dettate dalla Legge n. 241/1990, che non escludono la insindacabilità delle scelte discrezionali degli amministratori e del conseguente esonero di responsabilità dei funzionari preposti al controllo ed alla liquidazione della spesa.
Infatti, la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulla insindacabilità delle scelte discrezionali, ha ribadito che essa trova il limite nei principi previsti dall’art. 1 della Legge n. 241/1990, ed in particolare nei principi di efficacia ed economicità, la cui violazione si configura come un vero e proprio vizio di legittimità amministrativa.
La verifica va compiuta in relazione ai criteri di economicità e di efficacia fissati dall’art.1 primo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241, criteri che hanno così acquistato dignità normativa e rilevanza sul piano della legittimità, con la conseguenza che tale verifica non può prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli obbiettivi conseguiti ed i costi sostenuti, criterio alla stregua del quale va anche esaminato il comportamento tenuto dagli amministratori e dipendenti pubblici chiamati a rispondere davanti alla Corte dei conti.
Il tutto per dimostrare (caso di specie: viaggio all’estero), in relazione al principio di efficacia, la mancata giustificazione (alias motivazione) di una qualche utilità di un viaggio all’estero per l’amministrazione e conseguentemente per la comunità amministrata (nessuna pertinenza con i fini istituzionali dell’ente), con la conseguenza inevitabile di condannare i responsabili del procedimento per il mancato controllo nell’ambito delle rispettive funzioni (pareri resi in sede di impegno e liquidazione) attinenti il rimborso spese a favore degli amministratori locali.
È noto che fra le funzioni attribuite agli enti locali, non è ricompresa la promozione all’estero di attività imprenditoriali, né, più in generale, lo svolgimento di compiti con rilievo internazionale, poiché l’ordinamento ripartisce le relative competenze fra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome.
È agevole concludere che il responsabile del servizio finanziario nell’esprimere il proprio parere di regolarità contabile non ha alcun potere discrezionale e di merito, ma deve valutare, oltre che l’attestazione della copertura finanziaria e la corretta imputazione al capitolo di spesa, anche la legittimità della spesa con particolare riferimento alla competenza degli organi che l’hanno assunta, al rispetto dei principi contabili e alla completezza della documentazione a corredo della spesa stessa.
Tale assunto è confortato dal fatto che, in mancanza dei responsabili dei servizi, il parere di regolarità contabile deve essere espresso dal segretario dell’ente in relazione alle sue competenze che si caratterizzano per fornire assistenza di natura giuridico – amministrativa nei confronti degli organi dell’ente; nonché dal fatto che al servizio finanziario è demandata la verifica della legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa.
Muovendo da tale impostazione, una lettura della disciplina di riferimento che ne agevoli il pieno conseguimento dello scopo e la più ampia realizzazione degli interessi (pubblici) ad essa sottesi non può che configurare il suddetto parere di regolarità contabile investire necessariamente anche la legittimità delle deliberazioni proposte chiudendo l’iter amministrativo orientato all’esercizio del potere amministrativo (non libero nei fini).
(estratto da LexItalia, 2012, n.2)