La Legge 9 gennaio 2019, n. 3 «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ai più nota come la legge “spazza corrotti”, interviene per rafforzare le misure di contrasto della corruzione, inasprendo le pene detentive, allargando l’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità di contrarre con la P.A. (temporaneamente o in modo perpetuo), rivedendo l’istituto della prescrizione (decorrenza/sospensione), valorizzando il “pentimento” e le misure premiali per coloro che collaborano con la “giustizia”, sia persone fisiche che giuridiche (incidendo sul modello “231”), rendendo trasparenti i finanziamenti/contributi/utilità prestazionali (sopra 500 euro o di pari valore) ai partiti/movimenti/liste politiche e le candidature/candidati (“Elezioni Trasparenti”).
Vengono recepite – con la cit. Legge n. 3/2019 – le indicazioni del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale composta di 47 Stati) per il consolidamento dei diritti umani (in caso di violazione si può ricorrere alla Corte Europea dei diritti dell’uomo) e per l’applicazione delle convenzioni internazionali, poiché dove vi è la corruzione si nega, oltre al futuro generazionale e alla fiducia verso le istituzioni (vedi, il c.d. danno d’immagine), i principi base della democrazia: l’uguaglianza, la partecipazione, la sovranità (collegata alla legittima rappresentanza).
Giova rammentare che «combattere la corruzione» è una priorità per il Consiglio d’Europa: tra gli obiettivi posti vi è:
- migliorare la capacità dei suoi membri a lottare contro la corruzione;
- incoraggiare gli Stati ad adottare delle riforme legislative funzionali alla soddisfazione degli standard in termini di legalità, giustizia ed efficienza amministrativa.
Il Consiglio d’Europa ha istituito, nel 1999, il Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO) composto attualmente di 49 membri con il ruolo di monitorare e valutare gli sforzi e i risultati ottenuti dagli Stati aderenti sulla conformità della disciplina interna con i contenuti previsti nelle fonti internazionali di riferimento sulle politiche di prevenzione della corruzione:
- la Convenzione Penale sulla Corruzione (ETS 173);
- la Convenzione Civile sulla Corruzione (ETS 174);
- il Protocollo Addizionale alla Convenzione Penale sulla Corruzione (ETS 191);
- Venti Principi Guida contro la Corruzione (Risoluzione (97)24);
- la Raccomandazione sul Codice di Condotta per i funzionari pubblici (Raccomandazione No. R (2000)10);
- la Raccomandazione sulle regole comuni sulla Corruzione nel finanziamento ai partiti e nelle campagne elettorali Raccomandazione Rec. (2003)4).
Nell’“Addenda al Second Compliance Report” sull’Italia, sono seguite un ciclo di valutazione espresse nel rapporto di “Compliance Report” finalizzato ad uniformare la legislazione alla normativa del Consiglio d’Europa sulla Convenzione penale sulla corruzione, di cui alla Legge 28 giugno 2012, n. 110 «Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999».
Sono state recepite le indicazioni del GRECO espresse nel rapporto di “Compliance Report”:
- la conformità delle norme incriminatrici del nostro codice penale a quanto sancito dalla Convenzione penale sulla corruzione;
- la trasparenza del finanziamento dei partiti politici;
- l’idoneità della normativa interna a conformarsi alle indicazioni contenute nella Raccomandazione sulle «regole comuni contro la corruzione nel finanziamento dei partiti politici e delle campagne elettorali», adottata dal Comitato dei Ministri l’8 aprile del 2003.
Con l’approvazione della “spazza corrotti”, secondo le indicazioni del Governo, si è raggiunto l’obiettivo di potenziare l’attività di prevenzione, accertamento e repressione dei reati contro la Pubblica Amministrazione, implementando le misure già introdotte nelle ultime due legislature:
- la XVI legislatura, con l’approvazione della Legge n. 190 del 2012 «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione» (c.d. Legge Severino);
- la XVII legislatura, con l’approvazione della Legge n. 69 del 2015 «Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio» (c.d. Legge Grasso).
Sinteticamente (per punti essenziali, la legge è composta da un solo articolo, con 30 commi) si è proceduto:
- tolta la richiesta del Ministero della Giustizia, istanza o querela per i delitti di corruzione (condizione di procedibilità per il cittadino o lo straniero per i delitti all’estero);
- aumenta il catalogo dei reati alla cui condanna consegue la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità di contrarre con la P.A. (c.d. Daspo per i corrotti e i corruttori) da un minimo di 5 anni fino all’interdizione a vita (temporanea o perpetua);
- riforma parziale dell’istituto della prescrizione e sospensione del termine di prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado o dal decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto (con decorrenza 1 gennaio 2010);
- modifiche alla sospensione condizionale della pena a precisi obblighi di ristoro, nonché possibilità del giudice di non estendere i benefici all’interdizione dai pubblici uffici e alla possibilità di contrarre con la P.A.;
- modifica delle condizioni per la riabilitazione sulle pene accessorie perpetue;
- cause di non imputabilità se vi è pentimento prima di essere imputato o entro quattro mesi dalla commissione del fatto, assicurando alla giustizia i colpevoli e consegnando l’utilità percepita o l’equivalente somma di danaro;
- modifica del reato di traffico di influenze illecite che assorbe il reato di millantato credito, passando dalla reclusione da 1 a 3 anni alla reclusione da 1 a 4 anni e mezzo, punendo il “facilitatore” della sua condotta vera o presunta tale;
- possibilità di utilizzare le intercettazioni per i reati contro la P.A. che prevedono una condanna non inferiore al massimo di cinque anni;
- la procedibilità d’ufficio tanto per il delitto di corruzione tra privati quanto per quello di istigazione alla corruzione;
- agevolazioni nelle attività investigative della polizia giudiziaria con la non imputabilità dell’agente “sotto copertura”;
- aumento delle sanzioni a carico delle società per reati corruttivi;
- pubblicazione e registrazione on line dei contributi superiori a euro 500, o forme di sostegno, in mancanza della pubblicazione divieto di ricevere utilità da parte di partiti, movimenti politici e liste nei Comuni superiori a 15.000 abitanti, la violazione è sanzionata;
- pubblicazioni on line del certificato penale e del curriculum vitae dei candidati alle elezioni, comprese quelle locali per i Comuni sopra i 15.000 abitanti;
- sanzioni per la mancata pubblicazione;
- divieto per le cooperative sociali e dei consorzi di erogare finanziamento o contributi sotto qualsiasi forma o in qualsiasi modo a favore di partiti o loro articolazioni politico-organizzative e di gruppi parlamentari;
- equiparazione ai partiti politici o movimenti delle fondazioni, le associazioni e i comitati.
In più parti della legge, viene premiato il ravvedimento, ovvero la partecipazione affinché da una parte, i corrotti vengano assicurati alla giustizia, anche attraverso l’agente “sotto copertura”, dall’altra parte, venga restituito il frutto dell’illecito o pagata una somma corrispondente al valore indebitamente percepito:
- viene introdotta una causa speciale di non punibilità in presenza di autodenuncia e collaborazione con l’Autorità giudiziaria (una sorta di “collaboratore di giustizia” che pur presentando una certa contiguità non occasionale con il sodalizio criminale e la volontaria, libera, scelta di aderirvi – successivamente – si ribella denunciando, Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2019, n. 1678), ossia quando prima di avere notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini in relazione a tali fatti e, comunque, entro quattro mesi dalla commissione del fatto, lo denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili e concrete per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili. La non punibilità del denunciante è subordinata alla messa a disposizione dell’utilità dallo stesso percepita, o, in caso di impossibilità, di una somma di denaro di valore equivalente, ovvero all’indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il beneficiario effettivo, entro quattro mesi (exp. 323 ter);
- nelle società se prima della sentenza di primo grado l’ente si è efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite e ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni interdittive hanno una diversa durata (ex 25 del D.Lgs. n. 231/2001);
- l’interdizione temporanea viene compresa tra un anno e cinque anni in caso di collaborazione, cioè quando il condannato si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili, ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite (exp. art. 323 bis, secondo comma);
- la sospensione condizionale viene subordinata al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito (exp. 165, quarto comma);
- si estende la disciplina delle operazioni di polizia giudiziaria “sotto copertura” anche per i reati riconducibili alla corruzione, nonché i delitti di turbata libertà degli incanti e di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (ex 9 della Legge 16 marzo 2006 n. 146 «Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001»): l’agente c.d. infiltrato non è punibile se nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine a determinati delitti effettua condotte altrimenti censurabili sotto il profilo penale, distinguendosi nettamente dalla figura dell’“agente provocatore”, ovvero da colui che potrebbe creare un reato altrimenti inesistente (comportamento che contrasta in modo non apparente con l’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Cass. Pen., sez. III, 16 settembre 2013 n. 37805).
Il nuovo tessuto normativo segna e intensifica la lotta contro la corruzione e il malcostume, affrontando la materia su un piano culturale diverso, più attento ai profili sostanziali e alle esigenze pratiche di uniformarsi alle indicazioni internazionali (anche se manca una disciplina transitoria per gli effetti della (ir)retroattività, ex comma secondo dell’art. 25 Cost.).
Qualche questione può aggiungersi per rilevare che la corruzione viene combattuta anche ampliando la dimensione già prevista dall’art. 54 bis «Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti» del D.Lgs. n. 165/2001 dove si dispone che «il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza…, ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione»: il c.d. whistleblower, testimone di “giustizia” che verte in una posizione di terzietà rispetto alle vicende oggetto di propalazione, ma non indifferente alle stesse tanto da denunciarle.
La legge “spazza corrotti” si proietta a qualche intima riflessione e non opera l’inutilità dell’abbondanza ma fornisce delle indicazioni di prossimità.
Si allarga il quadro delle misure attraverso le quali si può rimediare la condotta illecita collaborando, valorizzando non solo le segnalazioni, in qualità di attivo testimone, ma anche di collaboratore con la (di) giustizia, verso un sistema che ridimensiona – sotto il profilo etico – il comportamento umano rimediando.
Uno slancio verso un autentico pentimento della coscienza (riconosciuto dalla legge in termini di benefici) che faccia emergere le responsabilità di tutti coloro che, a vario titolo, hanno partecipato al reato, assicurando allo stesso tempo la reintegrazione del patrimonio/utilità illecitamente acquisita, dando dignità al bene comune sottratto.
Possiamo affermare di essere di fronte ad una legge che vorrebbe anticipare il futuro, indicando i valori di fondo di una società libera dalla corruzione, ma i processi sociali, prima che normativi, necessitano di tempo, di una certa lentezza generazionale.
Non si può pretendere di essere classe dirigente di un Paese e sentirsi fuori, non coinvolti, quando si dovrebbe essere dentro, partecipare attivamente al cambiamento: tutti dovremmo essere protagonisti senza cadere nell’indifferenza, poiché la corruzione toglie la speranza in un futuro (pur sempre) possibile e praticabile: più di quantità vi è bisogno di qualità.
A ben vedere, anche se la modernità sembra incentrata nell’immediatezza (a scapito dell’accuratezza), nella celerità degli algoritmi informatici, nella globalizzazione del sapere, l’uomo, prima ancora della democrazia, sembra abbia bisogno di check and balance, di regole che si sedimentano nel pensiero, in quella parte che non è l’inconscio, ma il razionale: servono le leggi e serve l’entusiasmo, serve una cultura dei valori universali e servono le avanguardie dei saggi: dei veri padri e non dei fratelli.