La sez. giurisdizionale della Corte dei Conti, con la sentenza n. 86 del 20 giugno 2024, interviene per affermare la responsabilità erariale del funzionario pubblico nella gestione ed esecuzione di un lavoro di manutenzione del patrimonio comunale: un danno cagionato dall’inosservanza della disciplina sulla contabilizzazione dell’intervento e sul suo stato di avanzamento: la rendicontazione, con la perdita del contributo.
Il Fatto
La vicenda a carico del Responsabile del servizio tecnico di un Ente Locale, veniva avviata dalla procura erariale su segnalazione del Segretario comunale, con riferimento alla partecipazione di un bando regionale per l’erogazione di un contributo a sostegno di interventi nel patrimonio comunale.
Il Responsabile, pur in presenza di inviti da parte dell’Amministrazione e del Responsabile dell’ufficio finanziario (sullo stato di avanzamento dei lavori, nei termini che si avrà modo di affrontare) ometteva di acquisire (accertare in entrata) la relativa copertura della spesa, sulla differenza del costo dell’opera (quello finanziato dalla Regione), rilevando, altresì, le difficoltà di interloquire con la direzione lavori senza, tuttavia, formalizzare addebiti o attivarsi diversamente.
L’addebito
Accanto a questi profili, l’affidamento veniva effettuato tardivamente, rispetto ai tempi di conclusione dei lavori e della rendicontazione alla Regione, ove la copertura di spesa, avvenuta con delibera di variazione di bilancio, non ha impedito la perdita del finanziamento (oltre i termini di rendicontazione con revoca del contributo).
La Procura (Sostituto Procuratore Generale SPAGNUOLO) citava il Responsabile sotto diversi aspetti dell’addebito (segno inequivocabile del profilo soggettivo della colpa grave) nella perdita del finanziamento (donde, il quantum del danno):
– RIVESTIRE il ruolo duplice di Responsabile unico del procedimento e di Responsabile del settore LLPP.
– OMETTERE di:
- accertare l’entrata, a seguito della sottoscrizione di una convenzione con la Regione, nonché delle dovute scritture contabili (inserimento a bilancio, in entrata e in uscita, c.d. impegno, ai sensi degli artt. 179 e 183 del d.lgs. n. 267/2000, c.d. TUEL);
- segnalare al Responsabile della Ragioneria la necessità inserire nelle annualità di bilancio l’intervento (ossia, di provvedere a perfezionare gli atti/scritture contabili);
- formalizzare le contestazioni nei confronti del professionista incaricato della direzione dei lavori;
- rendicontare l’intervento alla Regione, pena la decadenza del finanziamento.
– NON OTTEMPERARE alle funzioni del RUP, ex 4 della legge n. 241/1990 e art. 31 del d.lgs. n. 50/2016, nonché Linee guida ANAC n. 3, Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni (un’abdicazione alle funzioni tipiche e basilari in ogni fase del ciclo di vita dell’opera).
In effetti, l’elemento psicologico della colpa grave si può ritenere dimostrato, secondo un giudizio prognostico ex ante, nel comportamento del tutto omissivo tra la condotta tenuta e quella esigibile dal ruolo ricoperto (i c.d. doveri minimi), sia come apicale della struttura che di Responsabile unico del progetto.
È pur vero che, in presenza di personale qualificato, sia per ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione (ex art. 107 del d.lgs. n. 267/2000), sia per la presenza di titoli necessari per svolgere il ruolo, si prescrive una diligenza coerente con la rivestita qualifica professionale di notevole livello e responsabilità in settori caratterizzati da delicate competenze, aventi riflessi finanziari sul bilancio dell’Ente Locale, sicché la presenza di comportamenti “non adeguati” al ruolo ricoperto portano a individuare il nesso causale tra la condotta concreta (nel caso di specie) ed il danno erariale, nonché gli elementi caratterizzanti della colpa grave dei medesimi nell’espletamento dei compiti affidati, insiti nella funzione (alias rapporto di servizio con la PA).
La difesa
La memoria difensiva, nel chiedere il rigetto, osservava (a scusante):
– di ricoprire l’incarico prestando, in parte prestato, servizio mediante l’istituto del comando;
– l’Amministrazione comunale si era impegnata a ricoprire la spesa per la parte non ricoperta dal contributo;
– la direzione lavori aveva ricevuto diversi incarichi e ricopriva parte delle funzioni di progetto;
– veniva segnalata l’esigenza di copertura della spesa non finanziata;
– in sede di esecuzioni di lavoro, la direzione lavori era stata destinataria di richieste, diffide o solleciti circa la necessità di aggiornamenti progettuali, anche con la presenza degli amministratori e del Segretario comunale;
– l’affidamento dei lavori avveniva, pur in presenza di carenze progettuali, accettate dall’operatore economico e l’assicurazione, da parte degli organi politici, da una parte, di intercedere con la Regione, per una proroga dei termini di rendicontazione, dall’altra, di garantire la copertura finanziaria (poi avvenuta, con riflessi sui tempi di esecuzioni, rectius ritardo);
– l’inserimento dell’intervento all’interno delle scritture contabili di bilancio era (ritenuta) una competenza di altri, o quanto meno del Segretario comunale o dell’Amministrazione in sede di programmazione, nonché l’intervento avveniva in epoca Covid-19 e nel periodo dei rincari dovuti ai costi energetici lievitati.
L’insieme delle condotte e dei fatti dimostravano, ad avviso del convenuto, l’assenza di negligenza inescusabile a fronte di attività varie per non perdere il contributo e realizzare l’intervento entro i tempi prestabiliti, non venendo meno ai minimali doveri.
La responsabilità erariale
Il giudizio, annota la Corte, si incentra nella dimostrazione (profilo oggettivo e soggettivo) della responsabilità del tecnico comunale afferente alla perdita di un contributo regionale per la realizzazione di un progetto di manutenzione del patrimonio comunale: in modo chiaro, la responsabilità verrebbe esclusa se il RUP avesse agito con la dovuta diligenza, assolvendo i compiti che le norme e le prassi (la c.d. soft law degli atti ANAC) imponevano.
Il rapporto di servizio del soggetto esterno
In relazione ai soggetti esterni, incaricati ad eseguire una prestazione per la PA, sussiste il rapporto di servizio, costituente il presupposto normativo della attribuzione alla giurisdizione della Corte dei Conti della azione di responsabilità per danno erariale, allorché un soggetto esterno (società o ente privato o direzione lavori) [1] all’Amministrazione venga incaricato di svolgere, nell’interesse di quest’ultima e con risorse pubbliche, un’attività o un servizio pubblico in sua vece, in tal modo inserendosi pur temporaneamente nell’apparato organizzativo della P.A.; mentre resta irrilevante il titolo in base al quale la gestione è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto e perfino mancare del tutto, potendo il relativo rapporto modellarsi indifferentemente secondo gli schemi generali, previsti e disciplinati dalla legge, ovvero discostarsene in tutto od in parte [2].
L’esistenza di un rapporto di servizio – e quindi l’assoggettamento alla giurisdizione contabile – si estende dalla persona giuridica, che si assume gli obblighi di attuazione di un programma pubblicistico, a tutti i soggetti che con la stessa persona giuridica abbiano intrattenuto un rapporto organico, ove essi, disponendo delle risorse erogate in modo diverso da quello preventivato, abbiano provocato la frustrazione dello scopo perseguito dalla PA [3], anche se si tratti non del legale rappresentante ma di semplici soci, dipendenti della società, o altri soggetti che – anche in via di mero fatto – abbiano preso parte attiva nella gestione, ove dai loro comportamenti sia derivata la distrazione dei fondi in questione dal progetto pubblico finanziato cui erano destinati [4].
Il termine di contestazione
Il dies a quo del termine prescrizionale (termine quinquennale, di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 20/1994, ossia l’atto di costituzione in mora), deve essere ancorato al momento in cui si perfeziona la fattispecie dannosa, che comprende sia l’azione illecita, sia l’effetto lesivo della stessa: il “fatto” causativo di danno (da dimostrare) [5] è concepito come fattispecie a formazione progressiva, per il cui completamento non è sufficiente la condotta che ha comportato la violazione degli obblighi di servizio (in sé solo potenzialmente lesiva), ma occorre anche la dimostrazione di una concreta deminutio patrimonii dell’Ente pubblico (il c.d. eventus damni).
Questo riflesso anche quando le due componenti della fattispecie dannosa (l’azione illecita e l’effetto lesivo) non coincidano sul piano temporale, ovvero quando il pregiudizio patrimoniale si produce in concreto in epoca successiva alla condotta antigiuridica che lo ha determinato (la perdita del finanziamento a seguito dell’inerzia protratta), sicché la decorrenza iniziale del termine coincide con la verificazione dell’effetto lesivo [6].
Le competenze del RUP
Vengono analizzate le competenze declinate dalla norma in capo al RUP (all’epoca, l’art. 31, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), dove tra i compiti primari (c.d. basici) rientra la gestione delle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei lavori, nel quadro del principio di separazione tra politica e amministrazione, ex art. 4 del d.lgs. 165/2001, art. 107 del TUEL, ricavati dal dettato costituzionale dell’art. 97 Cost. («I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari»).
Tra le funzioni attribuite dalla legge al RUP, segno di un dovere di diligenza professionale, rientra (richiamando la disciplina anteposta dal PM):
– il corretto e razionale svolgimento delle procedure, in assonanza del principio di legalità;
– la segnalazione di eventuali disfunzioni, con connesso obbligo di vigilanza e controllo;
– la sorveglianza dell’efficiente gestione economica dell’intervento [7], da ricomprendere la verifica della contabilità e la regolarità dei pagamenti (stati di avanzamenti, in base al principio contabile della competenza finanziaria potenziata, con dovere del Responsabile di garantire il pagamento, generalmente inserito nella determina a contrarre) [8], aspetto connesso alla capacità – solvibilità del debito in termini di cassa [9].
Il tessuto normativo (quello del Codice dei contratti pubblici e della legge n. 241/1990), analogamente alle Linee guida ANAC n. 3, di attuazione del d.lgs. n. 50/2016, segna/no, per quanto di interesse, il ruolo di dominus del RUP all’interno di ogni procedura di scelta del contraente e di esecuzione dell’opera pubblica: soggetto titolare della competenza a garantire il risultato (divenuto principio, con il d.lgs. n. 36/2023).
Il RUP, quale unica figura prevista dall’ordinamento, deve realizzare in modo concreto l’intervento, ossia assumere tutte le iniziative in funzione delle circostanze e condizioni affinché il processo realizzativo risulti condotto, da includere le operazioni contabili di gestione sia del finanziamento/entrata che della spesa, in modo unitario (un unicum) in relazione:
– ai tempi e ai costi preventivati, con evidenti compiti di impulso per raggiungere l’obiettivo finale (il collaudo);
– al pieno rispetto della qualità e progettualità prevista all’interno dei documenti di gara;
– all’osservanza della manutenzione programmata (secondo il modello Building Information Modeling, BIM), delle tutele in materia di sicurezza e salute dei lavoratori;
– in conformità (quale aspetto di chiusura) a qualsiasi altra disposizione di legge in materia.
Non sfugge la dimensione valoriale ed estesa dei compiti del RUP, chiamato dal legislatore a sistema del meccanismo pubblico di realizzazione dei LLPP, in attuazione di un altro principio costituzionale previsto dall’art. 28 Cost., dove «I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti», nonché autore ed attore del perseguimento di un celere corso dell’iter procedimentale: il raggiungimento della conclusione del lavoro pubblico con la rendicontazione finale e la presa in carico [10].
Del pari, il RUP può essere destinatario di un’azione erariale, qualora omette di effettuare le dovute procedure di scelta del contraente, ammantando proroghe o rinnovi inconsistenti (non dovuti) [11]: infatti, il danno dalla mancata procedura concorrenziale è da intendersi alternativamente:
– nella lesione del patrimonio pubblico che consegue al mancato risparmio derivante dall’omesso ricorso alle regole dell’evidenza pubblica;
– in quello conseguente all’espletamento di una gara inutile.
Tutti questi aspetti vengono scanditi dalla legge, nonché del bando sul finanziamento; fasi procedurali (cronoprogramma dell’opera e finanziamento) la cui violazione comporta conseguenze dovute alla mancata rendicontazione nei termini assegnati: fatti (aspetto probatorio) e condizioni (condotte) appurate dal giudice nella loro dimensione procedimentale e ben note al RUP, specie in funzione della circostanza (che esigerebbe attenzione) dell’intervento finanziato da mutuo e da contributo, dove le scadenze e i contratti sottoscritti governano il processo di erogazione del credito/contributo.
L’accertamento del credito
In modo significativo di questa protratta inerzia, la trascuratezza con la quale il Responsabile non segnalava all’Ufficio ragioneria (il preposto alla verifica dell’accertamento, ex comma 4 dell’art. 153, Servizio economico – finanziario, del TUEL) la comunicazione (idoneo titolo giuridico o idonea documentazione) [12] della Regione di erogazione del contributo ai fini dell’annotazione nelle scritture contabili, ai sensi del comma 3, dell’art. 179, Accertamento, del d.lgs. n. 267/2000 («Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata l’entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l’idonea documentazione di cui al comma 2, ai fini dell’annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti dal regolamento di contabilità dell’ente, nel rispetto di quanto previsto dal presente decreto e dal principio generale della competenza finanziaria e dal principio applicato della contabilità finanziaria di cui agli allegati n. 1 e n. 4/2 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni»): in presenza di un atto regionale (deliberazione) di erogazione del contributo a favore del Comune si perfeziona l’obbligazione giuridica, ancorché condizionata alla realizzazione della spesa oggetto di finanziamento (da cui, il valido presupposto per l’accertamento della corrispondente entrata) [13].
A tal fine, è utile richiamare, altresì, il paragrafo 3.1 e seguenti del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011), il quale così recita: «L’accertamento costituisce la fase dell’entrata attraverso la quale sono verificati e attestati dal soggetto cui è affidata la gestione: a) la ragione del credito; b) il titolo giuridico che supporta il credito; c) l’individuazione del soggetto debitore; d) l’ammontare del credito; e) la relativa scadenza».
La colpa grave
Il quadro normativo, nella sua chiarezza espositiva, e i fatti concreti (acquisizioni probatorie) dimostrano il perimetro della colpa grave del RUP per le seguenti motivazioni:
– un dovere di informare il Responsabile dell’ufficio ragioneria dell’avvenuta erogazione del contributo per assumere le dovute annotazioni nelle scritture contabili, non potendo attribuire (a propria discolpa) tale incombenza ad altri soggetti (gli organi elettivi o il Segretario comunale);
– le difficoltà di cantierizzazione del progetto, viene appurato, sono state causate dalle carenze progettuali, piuttosto che da mancata collaborazione con la DL, dimostrando una protratta inerzia nel risolvere prontamente tali tematiche e individuare celermente il contraente, individuazione tardiva e senza adeguamento progettuale (confermando l’inoperosità) e, allo stesso tempo, dimostrando la realizzazione di un’opera (quella manutentiva) diversa rispetto al progetto approvato e finanziato, costituendo, sul piano amministrativo, causa di revoca delle agevolazioni concesse e sul piano erariale, causa di risarcimento del danno pubblico che ne consegue (pregiudizio economico alle finanze pubbliche);
– a margine, appare giusto rammentare che la validazione del progetto (ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 36/2023, già presente nell’art. 26 del d.lgs. n. 50/2016) dovrebbe attestare la conformità alla normativa vigente e certificare l’acquisizione di tutte le approvazioni e autorizzazioni di legge necessarie ad assicurare la cantierabilità del medesimo, visto che la progettazione (in generale) è fatta propria dall’Amministrazione attraverso la tipizzata procedura di verifica e validazione da parte del RUP (attività tecnico-valutativa principale della fase endoprocedimentale) [14];
– invero, in tema di risarcimento di un danno pubblico, commesso da dipendenti pubblici, la responsabilità sussiste sia per la perdita del contributo che per l’illecito utilizzo per finalità diverse, osservando, da un punto di vista più generale, che la realizzazione parziale del progetto finanziato, come anche la sua variazione non assentita (e quindi arbitraria), non può essere presa in alcuna seria considerazione, atteso che tutto il quadro normativo di sistema degli aiuti finanziari, statali, regionali o comunitari, postula l’esecuzione perfetta e fedele del programma, secondo modalità e tempi prestabiliti e che anche l’omissione di una minima parte di esso, come l’esecuzione parziale o scorretta dei lavori o del progetto in genere, è indice critico di cattiva gestione (c.d. maladministration) del denaro pubblico concesso e postula la sua integrale restituzione, a prescindere dallo stato di avanzamento dei lavori o del progetto, oltre al risarcimento del danno pubblico provocato [15];
– gli evitabili ritardi dell’avvio dei lavori dovuti alla mancata copertura della spesa (preventiva individuazione di uno specifico capitolo) al momento di adozione della determinazione a contrarre (quella di affidamento), riflessi nella doverosa ricerca dell’impegno (contabile), possibile solo a seguito di una variazione del bilancio (oltre i termini di rendicontazione).
Siamo in presenza di evidenti condotte omissive e di ingiustificata trascuratezza (grave negligenza), emergenti per tabulas da tutta la documentazione presentata, venendo meno ai propri obblighi di servizio, che gli imponevano particolare attenzione e avvedutezza nell’utilizzo del denaro pubblico dedicato al raggiungimento dei fini pubblici voluti dal progetto, il quale ultimo andava puntualmente rispettato in tutte le sue clausole e scadenze di rendicontazione, pena la totale restituzione del beneficio e il risarcimento del danno.
La sovra cennata prospettazione denota un comportamento in grado di rappresentare tutti gli elementi della responsabilità amministrativo-contabile e cioè il danno, la grave scriteriatezza avuta nella gestione del progetto ed il nesso di causalità che hanno concorso a determinare un ritardo ingiustificato nel procedimento relativo alla realizzazione dell’opera e la perdita (decadenza) inevitabile del contributo.
Nessun scudo erariale e l’elemento soggettivo
La Corte, sotto l’elemento soggettivo, accoglie la posizione della Procura circa la non applicabilità alla fattispecie in esame della novella normativa (un intervento additivo del legislatore in quanto incide su uno degli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito erariale e, dunque, non può spiegare effetti su vicende verificatisi prima della sua entrata in vigore, ai sensi dell’art. 11 disp. prel. c.c.) recata dall’art. 21, Responsabilità erariale, del d.l. n. 76/2020, nella versione all’epoca dei fatti: il danno risarcibile, cioè la responsabilità erariale, «è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente» [16].
L’intento del legislatore era quello di affrontare e risolvere la c.d. paura della firma, con un assetto normativo in cui il timore delle responsabilità non esponga all’eventualità di blocchi procedimentali/decisionali nello svolgimento dell’attività amministrativa, limitando (contingentando), secondo l’interpretazione letterale della norma, la responsabilità amministrativa solo qualora si tratti di danni conseguenti a condotte omissive caratterizzate da colpa grave [17].
Ciò posto, la Corte, nel rigettare la ricostruzione della difesa del convenuto, per mancanza di prova della volontarietà dell’evento dannoso, rileva che:
– la colpa è, tanto quanto il dolo, criterio di imputazione della responsabilità amministrativa solo se essa raggiunge la soglia di rilevanza della gravità considerata dalla giurisprudenza costituzionale quale punto di equilibrio tra il principio di responsabilità, ex 28 Cost., e la necessità di prevenire rallentamenti e inerzie nell’attività amministrativa [18];
– la colpa grave, da accertarsi ex ante, in concreto e in termini normativi e non psicologici, consiste nell’aver operato in inescusabile violazione di legge con elevato grado di imperizia, negligenza e imprudenza;
– l’accertamento della sussistenza della colpa grave presuppone, infatti, la violazione di una disposizione dell’agere pubblico, la verifica della sua conoscenza o conoscibilità (prevedibilità) da parte dell’agente, nonché delle condizioni nelle quali ha operato (prevenibilità, evitabilità) [19] e l’accertamento di una grave negligenza, imprudenza o imperizia di quest’ultimo in base alle competenze esigibili nei suoi confronti e in relazione al caso concreto.
L’approdo porta a ritenere che l’accertamento della colpa grave opera in concreto e con una valutazione ex ante, rispetto alla condotta concretamente posta in essere, il grado di esigibilità della condotta “virtuosa” comandata e verificare che:
– l’agente pubblico abbia correttamente individuato la situazione materiale che richiede l’adempimento degli obblighi di servizio (comunque un dovere di attivarsi in presenza di ritardi o altre incongruenze), peraltro inseriti tra i compiti normativamente definiti, dovendo farsi parte dirigente per l’utilizzo del finanziamento, dovendo dimostrare (da subito) che il progetto avrebbe avuto una sua concreta ed effettiva realizzazione [20];
– sussistano le condizioni operative per il loro adempimento, mancando elementi ostativi da parte di altri soggetti;
– non vi siano circostanze anomale che ne impediscano l’osservanza o falsino la percezione dell’agente circa il necessario adempimento degli obblighi cautelari, soprattutto quando l’erogazione del contributo viene contrattualizzato in una convenzione sottoscritta dalle parti [21].
Non può negarsi, inoltre, che il concetto di colpa grave in presenza di un atteggiamento omissivo pur nella consapevolezza di un imminente perdita di un contributo, pur confidando in una promessa proroga dei termini, ammanta una non inedita colpevolezza, cioè un giudizio di rimproverabilità per l’atteggiamento antidoveroso della volontà che era possibile non assumere, assumendo (di contro) gli atti di impulso necessari a prevenire una serie di ritardi possibili (ossia, rappresentabili) fosse anche solo la mancata segnalazione della comunicazione di erogazione del contributo.
Si esprime tale atteggiamento nel rapporto di contraddizione tra la volontà del soggetto e le norme protese a salvaguardare il risultato: la realizzazione del progetto con un contributo pubblico, evitando l’esborso a carico del Comune.
In buona sostanza, senza indugiare oltre, sono state violate le più elementari regole procedimentali in contrasto con il criterio di diligenza richiesto dal ruolo ricoperto: una colpa grave che ha denotato, ad avviso del giudice erariale, dispregio delle elementari regole afferenti al ruolo assunto.
I fatti, l’elemento soggettivo e il nesso causale sono così dimostrati nella loro interezza: il mancato esercizio della competenza ex se in capo al Responsabile dell’ufficio tecnico e RUP, cagionando un danno finanziario non avendo affrontato con diligenza (etimo della colpa grave, quella condotta ingiustificatamente inerte e superficiale) i compiti assegnati dalla legge, tutti finalizzati alla realizzazione del progetto nei termini individuati, non osservando il cronoprogramma, con un costante monitoraggio dell’andamento dei lavori e della rendicontazione, sapendo che violando questi obblighi di servizio la possibilità della perdita di finanziamento, visto i termini perentori (ampiamente superati, inottemperanza oggettiva), risultava verosimilmente certa, non potendo, altresì, scaricare (c.d. scusante) sulla DL la propria imperizia e grave negligenza.
Potere riduttivo e azione di responsabilità civile di natura risarcitoria
La quantificazione del danno corrisponde alla perdita del contributo, a nulla rilevando le eventuali risorse impiegate per il rifinanziamento dell’opera pubblica; aspetti successivi della produzione del danno.
Tanto precisato, il Collegio ha ritenuto sussistere le condizioni per l’applicazione del potere riduttivo, in relazione alla trascuratezza e inefficienza nella gestione del patrimonio pubblico, attribuibile anche all’organizzazione amministrativa dell’Ente e all’insufficiente coordinamento dei soggetti esterni preposti alla realizzazione dell’intervento.
Con il potere riduttivo l’Amministrazione non integra il contributo perso.
Tuttavia, si potrebbe ipotizzare, proprio in presenza di quanto affermato in sentenza, in occasione dell’esercizio del potere riduttivo per la presenza di terzi («anche all’organizzazione amministrativa dell’Ente ed all’insufficiente comunicazione tra le strutture interessate dal procedimento, ivi compresa la società esterna affidataria dei servizi di direzione e contabilità dei lavori in oggetto»), recuperare mediante un’azione civile risarcitoria la differenza a carico dei soggetti esterni, ritenuti responsabili e non evocati in giudizio, soprattutto ove emergessero fatti nuovi: «la legittimazione “concorrente” (o “colegittimazione”), del pubblico ministero e dell’amministrazione creditrice, ad agire davanti a distinte giurisdizioni per la tutela del credito, sub specie di possibile danno erariale o civile, è stata riconosciuta dalla giurisprudenza» [22].
Indicazioni
L’analisi giuridica e la ragione pratica conduce a formulare delle contenute indicazioni, osservando che sussistono profili di responsabilità erariale in ordine alla mancata realizzazione e rendicontazione di un’opera pubblica (altro caso di specie, bonifica e messa in sicurezza di una ex discarica comunale) quando non vengono rispettati i termini stabiliti per poter beneficiare di un contributo regionale (a fondo perduto) concesso all’Ente a valere su un fondo di matrice eurounitaria, con imputazione (sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave) per ciascuno dei soggetti partecipanti al procedimento, in rapporto alle rispettive posizioni e funzioni ricoperte all’interno del Comune (ricompreso nel c.d. livello di funzionalità dell’organizzazione).
Il profilo di responsabilità attiene al nocumento in termini di inutile ed evitabile dispendio di risorse pubbliche che da ciò deriva a seguito della successiva assunzione e utilizzazione di risorse proprie o di un finanziamento con obbligo di restituzione gravante sul bilancio dell’Ente per l’effettuazione del medesimo intervento.
La responsabilità si pianifica in relazione ai diversi specifici obblighi e incombenze gravanti nel singolo rispetto alla realizzazione dell’intervento finanziato, affermando (conseguentemente, il c.d. nesso di causalità) la loro ingiustificata condotta inerte od omissiva nonostante la piena (o comunque doverosa) cognizione delle varie evoluzioni della vicenda (presenti nel cronoprogramma, con la presenza dell’elemento della prevedibilità ed evitabilità di un determinato evento, in una determinata situazione concreta) [23] e, infine, dedurre che se ognuno (di loro, in presenza di più “attori” del procedimento) avesse assolto ai doveri d’ufficio e esercitato i poteri di competenza con la diligenza minima esigibile, sarebbe stata senz’altro assicurata la tempestiva ed adeguata definizione della procedura, così da non perdere il finanziamento a fondo perduto concesso dalla Regione.
Di converso, va esclusa la responsabilità (secondo una valutazione prognostica effettuata ex ante e in relazione alle descritte specificità del peculiare contesto affrontato) [24] da inerzia quando non viene riscontrata la condotta omissiva, quella condotta che la giurisprudenza contabile richiede ai fini dell’imputazione a titolo di colpa grave [25], contraddistinta [26]:
– da assoluto disinteresse e sprezzante trascuratezza per i doveri d’ufficio;
– inescusabile e massima negligenza;
– manifesta superficialità nell’adempimento dei doveri d’ufficio;
– riprovevolezza circa una condotta antigiuridica.
Considerazioni
La sentenza dimostra uno spaccato dell’organizzazione amministrativa nostrana all’interno degli Enti Locali, dove (specie nei piccoli Comuni) non sempre è possibile confidare in una struttura stabile (a volte collaborativa), ricoprendo incarichi di vertice medianti incarichi esterni o comandi (a ore), dove una stessa persona ricopre più ruoli in diverse Amministrazioni locali, e, nell’intento di assecondare le richieste legittime degli amministratori (anche se a volte non coerenti con la dimensione dell’Ente, ossia il personale in servizio, anche per scarsa comprensione/percezione del ruolo, c.d. minimo etico), assume compiti impegnativi, dove la presenza non può mancare, nel senso che ogni prestazione istruttoria, della fase progettuale/attuativa, richiede l’apporto personale non delegabile (agli istruttori, poiché assenti).
Inoltre, al di là di quanto appreso, si intravede nello sfondo da una parte, un certo isolamento del Responsabile, oberato di adempimenti, e forse di poca collaborazione tra i soggetti preposti del/nel processo decisionale (amministratori e altri Responsabili), dall’altra parte, la convinzione errata che la parte finanziaria di un lavoro/servizio/fornitura rientri tra le competenze della ragioneria, deputata a controllare l’entrata e la spesa, quando – diversamente – un aspetto primario dell’obbligazione contrattuale (il c.d. sinallagma negoziale) risiede nel corrispettivo della prestazione eseguita (da liquidare tempestivamente, fatte le dovute verifiche).
Su questo ultimo aspetto, l’esigenza di trovare tutte le risorse finanziarie, costituisce un indelebile presupposto per l’assunzione, la legittimità e la compatibilità della spesa o con il momento del pagamento, non potendo traslare su altri, o su un momento successivo, quei compiti radicati nella responsabilità apicale e di RUP, ovvero invocare, poi, motivi d’urgenza e/o altre carenze conosciute e/o conoscibili: un incombenza ex lege che non può che appartenere al Responsabile dell’intervento: unico soggetto individuato dal legislatore onerato di garantire il pieno rispetto di tutte le regole procedimentali, tra le quali primeggiano quelle della corretta regolarità tecnica e applicazione delle norme dell’ordinamento finanziario e contabile.
Il RUP, e prima ancora il Responsabile apicale di una struttura amministrativa, impone l’osservanza di regole di buona amministrazione, già ampiamente richiamate, oltre ad una regola di condotta insita in coloro che sono amministratori della “cosa pubblica” (politici o tecnici) nel raggiungimento del fine pubblico, ex art. 97 Cost.; quell’interesse generale (c.d. finalizzazione) alla realizzazione (custodia) dei beni pubblici (non di proprietà del singolo ma della collettività), che presuppone l’esistenza di una regola a contenuto cautelare atta a esprimere la misura della condotta – diligente, perita e prudente – sulla quale il legislatore ha riposto l’affidamento per prevenire ed evitare il rischio di esternalità negative, quali la perdita di una risorsa pubblica, realizzando un intervento in ritardo, attingendo a risorse proprie in presenza di contributi esterni all’Ente Locale (una evenienza evitabile).
Questa specifica responsabilità del RUP, invero di coloro che occupano posti di responsabilità di vertice gestionale, è stata rafforzata attraverso la c.d. privatizzazione del pubblico impiego, in una prospettiva di maggiore valorizzazione anche dei risultati dell’azione amministrativa, alla luce di obiettivi di efficienza e di rigore di gestione, in una logica di separazione tra (il cit. principio) politica e amministrazione.
Fuori tema
La separazione (e prima ancora lo spoil system) va intesa come meccanismo scambiatore di attribuzione di poteri (c.d. riserva di amministrazione) che dovrebbero non sovrapporsi o elidersi, rimanendo insensibile alle pressioni di chi vorrebbe tutto e subito (l’eletto) e chi (il dirigente) si appella alla legalità.
È noto che il codice di comportamento (quale misura di prevenzione della corruzione e trasparenza) rimane applicabile soltanto ai secondi (il personale della PA) [27], in una non celata disforia normativa, anima dei primordiali sentimenti di potere di coloro che (in tutte le epoche) pretendono il rispetto delle regole applicabili solo agli altri, una specie di guarentigia sovrana (Auctoritas, non veritas facit legem, quasi mutuando il pensiero di SCHMITT, già presente nel Leviatano di HOBBES), in una progressiva perdita di credibilità della politica verso nuove dimensioni neutre del comando [28].
Richiamando, allora ed ora, un pronunciamento esemplare (da altri definibile come “manifesto”) [29] sul potere di gestione, affidato alla dirigenza per poter realizzare quanto prefissato dall’organo di vertice politico, si contrappone inevitabilmente una maggiore responsabilizzazione/professionalità del personale burocratico al vertice organizzativo, con l’esito che questo, al fine di non disperdere inutilmente risorse finanziarie pubbliche e assecondare le disposizioni (i precetti), con probabile danno erariale, deve perseguire (un dovere etico minimo, ex art. 54 Cost.) una gestione in grado di tradurre le direttive (inviti o atti di indirizzo, generalmente) [30] impartite dal vertice politico, «nella concreta realtà in modo sano, cioè rispettoso dei principi tutti sottesi alla cura dell’interesse pubblico, principalmente riconducibili agli articoli 3 e 97 della Costituzione. Ne consegue che la legalità e l’imparzialità dell’attività amministrativa deve essere sempre difesa dalle influenze della politica, se divergenti da detti principi fondamentali».
[1] Se il fatto dannoso è causato da più persone, compresa la direzione lavori, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso, Corte conti, sez. giur. Calabria, 27 dicembre 2018, n. 447. La sistematica e costante omissione di verifiche essenziali, compresa la regolare esecuzione, risulta compatibile con la piena, consapevole e volontaria negligenza, espressione di colpa grave, Corte Conti, sez. Appello Sicilia, 9 dicembre 2021, n. 213. Rientrano nelle obbligazioni del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi; in particolare, l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta comunque il controllo della realizzazione dell’opera nelle sua varie fasi e pertanto l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati, Cass. civ., sez. III, ord. 24 maggio 2023, n. 14456.
[2] Corte conti, sez. giur. Lombardia, 24 giugno 2024, n. 123, idem Cass., SS.U.U., 1° giugno 2010, n.13330.
[3] Cass., SS.UU. 14 settembre 2020, n. 19086.
[4] Cfr. Cass., SS.UU., sentenza n. 12086/2016; Corte conti, sez. giur. Calabria, 13 marzo 2021, n. 105 e 24 novembre 2021, n. 279.
[5] La domanda viene rigettata dal giudice di merito se i fatti costituitivi della stessa non siano stati provati, rilevando che l’eccezione di prescrizione può rimanere assorbita nella predetta pronuncia poiché un diritto di cui non è stata dimostrata l’insorgenza non si può prescrivere o non prescrivere, Cass., SS.U.U., 12 maggio 2017, n. 11799; Cass. civ. ord. 29 marzo 2018, n. 7889.
[6] Cfr. Corte conti, sez. riun. giur. n. 62/A del 1996; sez. giur. Piemonte, sentenza n. 227/2022; sez. giur. Puglia sentenza n. 654/2021 e sentenza sez. giur. Lazio n. 107/2017.
[7] L’obbligo della certezza e della determinatezza dell’integrale copertura finanziaria delle deliberazioni degli organi degli Enti Locali è un principio vigente nel nostro sistema amministrativo e contabile che trova la sua fonte persino nelle disposizioni Costituzionali previste dall’art. 81 Cost., di sana e virtuosa finanza pubblica, nonché dall’art. 97 Cost. relativamente al buon andamento dell’amministrazione, in aggiunta con le vigenti disposizioni primarie previste dal combinato disposto degli artt. 153, 183 e 191, del d.lgs. n. 267/2000, Corte conti, sez. contr. Emilia – Romagna, delibera 27 febbraio 2018, n. 41.
[8] Cfr. comma 8, dell’art. 183, Impegno di spesa, del TUEL, dove viene canonizzato l’obbligo del rispetto delle tempistiche previste dalla legge per il pagamento delle obbligazioni assunte, che rappresenta una componente essenziale ai fini di una sana e prudente gestione del bilancio, funzionale al mantenimento degli equilibri programmati. In base alla norma i funzionari responsabili devono adottare provvedimenti che comportino impegni di spesa solo previa verifica della compatibilità del programma dei pagamenti con gli stanziamenti di cassa e, più in generale, con le regole di finanza pubblica, pena il configurarsi di responsabilità disciplinare e amministrativa, Corte conti, sez. contr. Puglia, delibera 11 luglio 2023, n. 11.
[9] Si rinvia (ora) alla Circolare Mef del 9 aprile 2024, n. 17, Riforma 1.11 del PNRR “Riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie” – ricognizione degli strumenti a disposizione degli enti locali per garantire la tempestività dei pagamenti.
[10] Cfr., Corte conti, sez. giur. Sicilia, sentenza n. 642/2022.
[11] Sul piano giuridico, in materia di rinnovo o proroga dei contratti pubblici non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti, in quanto vige il principio inderogabile, fissato dal Legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa europea, l’Amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, indire una nuova gara pubblica, all’esito della quale individuerà il nuovo aggiudicatario, TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 18 giugno 2024 e 16 ottobre 2023 n. 281, idem TAR Lazio, Roma, sez. III, 24 marzo 2022, n. 3344; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 15 febbraio 2022, n. 467; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 7 ottobre 2019 n. 11594.
[12] L’accertamento si presenta legittimo quando l’Ente risulta effettivamente controparte di un rapporto contrattuale o detiene la titolarità ad incassare una entrata, mentre devono essere cancellati quando si perde il controllo dei diritti contrattuali costitutivi del credito e/o la sua titolarità, ovvero quando l’Ente cede i diritti a terzi o quando questi siano andati estinti per decorso del termine prescrizionale, Corte conti, Appello sez. II, 15 marzo 2022, n. 98.
[13] Viene richiamato il paragrafo 3.1 e seguenti del principio contabile applicato, concernente la contabilità finanziaria (allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011), il quale così recita: «L’accertamento costituisce la fase dell’entrata attraverso la quale sono verificati e attestati dal soggetto cui è affidata la gestione: a) la ragione del credito; b) il titolo giuridico che supporta il credito; c) l’individuazione del soggetto debitore; d) l’ammontare del credito; e) la relativa scadenza».
[14] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2022, n. 3723.
[15] Corte conti, Appello sez. I, 7 marzo 2018, n. 100.
[16] Il termine del 31 dicembre 2021 è stato, da ultimo, prorogato al 31 dicembre 2024, ex art. 1, comma 12-quinquies, lett. a), D.L. 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74, e, successivamente, dall’art. 8, comma 5-bis, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18.
[17] Corte conti, Appello sez. II, 5 febbraio 2022, n. 30.
[18] Cfr. Corte cost., 20 novembre 1998, n. 371.
[19] Cfr. Corte conti, sez. giur. Emilia-Romagna, 11 giugno 2021, n. 207, ove si precisa che la colpa grave si risolve nella massima e inescusabile negligenza, nel non intendere, non tanto “ciò che tutti intendono” (secondo il brocardo ulpianeo), ma ciò che intendono i dipendenti pubblici addetti alle medesime mansioni. Vedi, anche, Corte conti, sez. giur. Umbria, 25 settembre 2019, n. 67, che si sofferma sulla nozione di dolo, consistente nella intenzionalità del comportamento produttivo dell’evento lesivo, vale a dire della consapevole volontà di arrecare un danno ingiusto all’Amministrazione, mentre la colpa grave, da accertarsi (ex ante al tempo della condotta e non ex post) non in termini psicologici bensì normativi, consiste nell’errore professionale inescusabile dipendente da una violazione di legge, da intendersi in senso ampio (c.d. colpa generica), ovvero fondata su imperizia, negligenza e imprudenza (c.d. colpa generica), dovendo la stessa sempre essere riferibile ai compiti, mansioni, funzioni e poteri del convenuto, non potendo, invece, essere dedotta dalla mera posizione di vertice, a meno che questa non implichi la necessità di adottare atti specifici, che devono essere puntualmente indicati dalla Procura attorea.
[20] Cfr. Corte conti, Appello sez. Sicilia, 4 aprile 2024, n. 56 e 13 giugno 2023, n. 45, affermando che l’inerzia dell’organo politico non esonera il Responsabile unico del procedimento dall’esercizio delle azioni dallo stesso esigibili, quali la cura del corretto e razionale svolgimento delle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche, che non siano specificatamente attribuite ad altri organi o soggetti, nonché la segnalazione di eventuali disfunzioni, impedimenti o ritardi nell’attuazione degli opportuni interventi e la sorveglianza dell’efficiente gestione economica.
[21] Cfr. Corte conti, Appello sez. II, sent. 448/2021.
[22] Corte cost., 28 luglio 2022, n. 203.
[23] Cfr. Corte conti, Appello sez. I, sentenza n. 200/2023.
[24] In ragione delle condizioni concrete nelle quali è stato posto in essere il comportamento, Corte conti, Appello sez. II, sentenza n. 637/2015, e tenuto conto dell’eventuale presenza di oggettive ed eccezionali difficoltà nello svolgimento dello specifico compito d’ufficio, Corte conti, Appello sez. III, sentenza n. 155/2020 e sez. giur. Liguria, sentenza. n. 62/2022.
[25] Cfr. Corte, conte, sez. giur. Puglia, sentenza n. 565/2021 e sez. giur. Liguria, sentenza n. 159/2021.
[26] Corte conti, sez. giur. Toscana, 25 giugno 2024, n. 24.
[27] Cfr. ANAC, Codici di comportamento. FAQ aggiornate al 7 febbraio 2024, e, nello specifico, la FAQ 24: «In che termini l’Amministrazione può estendere gli obblighi di condotta previsti per i propri dipendenti, ai titolari di organi di indirizzo amministrativo? Per i titolari di organi di indirizzo amministrativo si considera opportuna un’estensione, con il limite della compatibilità, degli obblighi di condotta previsti per i dipendenti nel codice di comportamento. Gli schemi- tipo di incarico devono quindi essere predisposti inserendo la condizione del rispetto di tali obblighi di condotta, con relative indicazioni in caso di violazioni. In ogni caso, resta ferma la possibilità che gli enti interessati per detti soggetti possano adottare codici etici dedicati».
[28] Una tendenza dello Stato moderno di sostituzione dei poteri (decisori) verso organismi non più rappresentativi (ad es. le Autorità di regolamentazione), ma dotati di una capacità tecnica intrinseca, fondata nella celebrazione della scienza e della tecnica, ritenuti (questi organismi, specie se internazionali) più indipendenti dalla politica: «la politica e le scelte di indirizzo strategico per la cura del bene della collettività cedono progressivamente spazio a valutazioni “oggettivate” e misurabili, che diventano esse stesse la fonte di decisione. Il processo poggia su due presupposti: la perdita di credibilità dell’apparato politico agli occhi del corpo elettorale; il crescente controllo sulla destinazione delle risorse e sul loro utilizzo affidato alle istituzioni sovranazionali, mediante procedimenti di misurazione economica delle politiche, delle fonti normative e dell’attività amministrativa», FOÀ, Il declino della politica, in FOÀ – MONTEDORO, Dialogo sulla nuova oggettività, Napoli, 2024, pag. 15.
[29] Corte conti, sez. giur. Veneto, 20 giugno 2012, n. 460.
[30] Il criterio discretivo tra attività di indirizzo e di gestione degli organi della PA è rinvenibile nella estraneità della prima al piano della concreta realizzazione degli interessi pubblici che vengono in rilievo, esaurendosi nella indicazione degli obiettivi da perseguire e delle modalità di azione ritenute congrue a tal fine, dovendo escludere che un organo elettivo, mediante atti di indirizzo, esperisca una vera e propria attività gestionale, imponendo al responsabile del servizio determinate scelte gestionali (di scelta di un particolare contraente), Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013, n. 1775.
(Pubblicato, Lexitalia.it, n. 7, 2 luglio 2024)