Il Comune di Solofra comunica l’avvio del procedimento per l’emissione di un provvedimento di demolizione di alcune opere abusive (data l’assenza di collaudo statico e agibilità), sospendendo contestualmente l’attività del soggetto inciso dal provvedimento (un autolavaggio).
L’interessato ricorre al Giudice amministrativo (giudice che taluni vorrebbero abolire) sollevando due distinti vizi: violazione di legge ed eccesso di potere, in quanto la disposta sospensione riguarderebbe un’attività regolarmente autorizzata, con conseguente violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, ed inoltre il provvedimento di sospensione non risulta accompagnata dalla fissazione di un termine di efficacia (nei motivi aggiunti rileva anche il difetto di motivazione).
Il secondo comma dell’articolo 21 quater (“Efficacia ed esecutività del provvedimento”) della Legge 241 del 1990 statuisce: “l’efficacia… del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell’atto che la dispone”.
Il Tribunale amministrativo (Campania – Salerno, sez. II, 5 agosto 2013 n. 1741) accoglie il ricorso sulla lamentata mancata fissazione del termine (del tutto obliterato), accoglie il ricorso e annulla l’atto.
Il termine, annota il Giudice di prime cure, dovrebbe limitare l’ambito temporale di efficacia del provvedimento interdittivo: la sospensione (cfr. T.A.R. Bari, Sez. III, n. 1389 del 4 giugno 2008) in assenza della previsione di un termine finale degli effetti di un provvedimento si risolve sostanzialmente in una revoca del provvedimento ampliativo precedentemente rilasciato: la sospensione, quindi, avrebbe richiesto l’adozione delle formalità garantistiche di cui all’art. 21 nonies della Legge n. 241/90.
La conseguente sospensione sine die degli effetti di tale atto ne comporta, di fatto, la revoca senza tuttavia l’adozione di appositi atti repressivi secondo lo schema procedimentale normativamente imposto.
È stato affermato in sede pretoria che “è riconosciuto un generale potere cautelare della pubblica amministrazione a norma dell’art. 7 comma 2 e, in particolare, dell’art. 21 quater, l. n. 241 del 1990, come aggiunto dall’art. 14, l. 11 febbraio 2005 n. 15, consistente nel disporre la sospensione dell’efficacia di atti precedentemente adottati, pur in assenza di definitive determinazioni in sede di autotutela, purché si ottemperi alla necessità della prefissione di un termine che salvaguardi l’esigenza di certezza della posizione giuridica dell’interessato, restando così scongiurato il rischio di un’illegittima sospensione sine die, poiché – come è noto – il provvedimento amministrativo, una volta adottato e reso efficace, deve necessariamente essere portato ad esecuzione, non essendo consentito alla pubblica amministrazione di sospenderlo sine die con atti atipici” (cfr. T.A.R. Roma Lazio sez. III, 05 novembre 2007, n. 10892).
La sentenza è d’interesse perché conferma un orientamento costante sull’obbligo di provvedere, e sulla necessità di concludere i procedimenti amministrativi in modo definitivo (espresso): la sospensione (legittima) richiede – in ogni caso – la fissazione di un termine per disporre la determinazione finale.
L’incertezza nell’agire (alias provvedere) da parte della p.a. incide sulla credibilità e sulla stessa finalità dell’esercizio della funzione, lasciando il privato nel limbo di una decisione che potrà o meno avvenire: in modo diverso, la mancata fissazione del termine non risponde ai doveri di correttezza e buona fede (in ambito civilistico), alterando i principi di imparzialità e buon andamento (in ambito pubblico, ex art.97 Cost.), lasciando al mero arbitrio della p.a. la volontà di svolgere il proprio ruolo; ovvero, di esercitare un servizio verso la collettività e il singolo: un interesse pubblico minato dall’indifferenza, e quindi contrario ai principi di legalità.