Le regole minime della contabilità degli Enti locali postulano che si «possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria», ai sensi del comma 1, dell’art. 191, Regole per l’assunzione di impegni e per l’effettuazione di spese, del d.lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL).
Questo postulato porta a riflettere sulle spese senza una copertura a bilancio, costituendo obbligazioni in senso tecnico, che si manifestano in corrispondenza della violazione di regole di contabilità pubblica: il debito fuori bilancio sorge per il fatto che lo stesso si è perfezionato giuridicamente, ma non contabilmente[1].
Secondariamente, senza andare oltre alle nostrane manipolazioni e indebite ingerenze, la presenza di queste anomalie per attività ordinarie segna (solca) in modo solare una cattiva gestione dei servizi (maladministration), una trascuratezza della programmazione, un errato approccio contabile, la cui frequenza porta (apre un portone) inevitabilmente a minare la credibilità (immagine o fiducia) nell’imparzialità della PA, violando le regole minime del buon andamento (ex art. 97 Cost.).
Debiti e passività pregresse
Una norma che, nel complesso della fonte, impone da una parte, una comunicazione al destinatario con le informazioni relative all’impegno e agli obblighi prestazionali, dall’altra parte, un dovere di attenzione (perizia) dell’operatore economico di collaborare nell’ordinativo, sia al momento della fatturazione che in quello (ex ante) di appurare la correttezza dell’ordine (quasi un concorso di colpa), con il fine di evitare una contestazione (futura) per la mancata copertura della spesa.
In termini più esplicativi, l’atto con il quale l’Ente locale assume un obbligo contrattuale è valido a condizione che sia emesso un impegno di spesa destinato ad incidere, vincolandolo, su un determinato capitolo di bilancio, con attestazione della sussistenza della relativa copertura finanziaria, diversamente discendendone la nullità, rilevabile d’ufficio ogni qual volta il dato emerga da quanto già acquisito al processo, tanto della deliberazione/determinazione che lo autorizza quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione di essa[2].
Ne discende che la violazione (irrituale) delle regole di contabilità (e negoziali) fanno sorgere un rapporto diretto tra le parti: quella che ha provveduto all’ordinativo e quella che ha seguito la prestazione[3], ove l’Amministrazione non ne riconosca la legittimità, nei confini dell’accertata utilità e arricchimento per l’ente, secondo la rigorosa procedura del riconoscimento dei debiti fuori bilancio (precipua previsione della lettera e), dell’art. 194 del TUEL)[4].
La delibera comunale di riconoscimento di debito fuori bilancio, presuppone – in ogni caso – l’esistenza a monte di un valido titolo negoziale (in attuazione di un’obbligazione giuridica derivante dalle possibili fonti ammesse dall’ordinamento giuridico), ancorché privo di impegno contabile, che costituisce la condizione necessaria e sufficiente per l’efficacia di tale riconoscimento e per l’operatività della delibera stessa[5].
Sarà possibile procedere in via espressa (con una rafforzata motivazione, documentata istruttoria e il parere dell’organo di revisione, ai sensi dell’art. 239, comma 1, punto 6, del TUEL) con il riconoscimento in relazione a due condizioni:
- tipo e qualità della spesa (acquisizione di beni e servizi), oltre alla presenza dell’eventuale prescrizione;
- fine a cui è diretta la stessa (espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell’ente locale, nel senso dell’inerenza della spesa all’individuarne dell’utilità, che è presupposto, misura e limite del riconoscimento)[6].
Diversamente le c.d. passività pregresse o arretrate, sono, invece, spese che, a differenza dei debiti fuori bilancio, si collocano all’interno di un ordinario procedimento di spesa: sono spese per le quali l’Amministrazione comunale ha proceduto a un regolare impegno, ma che, per fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo a un debito non assistito da idonea copertura (ex art. 191 del TUEL), che può rilevare come insufficienza dell’impegno contabile[7].
Il quesito
La sez. controllo Piemonte della Corte dei conti, con la deliberazione n. 179 del 11 dicembre 2024, risponde ad un’Amministrazione locale sulla possibilità «di procedere al riconoscimento di un debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194, c. 1, lett. e del D.Lgs. 267/2000 in assenza di un contratto redatto in forma scritta», ovvero senza un regolare negozio giuridico, ossia un valido ordinativo nelle forme richieste dall’ordinamento, richiedendo, altresì, il confine dell’accertamento, sia dello svolgimento delle prestazioni che dell’arricchimento (i c.d. benefici utili).
Filoni interpretativi
La Corte effettua una esegesi della norma, ritenendo presupposto indefettibile del riconoscimento l’esistenza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata (liquida, certa, esigibile)[8] non iscritta in contabilità (priva della c.d. provvista)[9], rilevando che il contratto nullo per difetto della forma scritta, ove richiesta ad substantiam, veniva considerato come comportamento di fatto, privo di rilievo sul piano giuridico, perché mancante in radice dell’accordo tra le parti, impeditivo della costituzione di una valida obbligazione contrattuale e, quindi, della configurazione di un debito fuori bilancio da riconoscere[10].
Successivamente, il Giudice di legittimità, più attento all’aspetto sostanziale, è giunto ad un diverso al differente approdo ermeneutico, secondo cui «anche qualora le obbligazioni siano state assunte senza un previo contratto, oltre che senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso, al di fuori delle norme c.d. ad evidenza pubblica, insorge un rapporto obbligatorio direttamente tra chi abbia fornito la prestazione e l’amministratore o il funzionario inadempiente che l’abbia consentita»[11].
In questa prospettiva, il terzo creditore poteva rivolgersi direttamente a colui che ha provveduto all’ordine mancando un legale giuridico con l’Amministrazione (la c.d. interruzione del rapporto organico), la quale poteva riconoscere, non tanto come debito, quanto semmai nei limiti dell’arricchimento dedotto e dimostrato nella sua componente fattuale (i c.d. effetti se vantaggiosi)[12], non rilevando la fonte dell’obbligazione, posta al di fuori della procedura ordinaria di scelta del contraente (la c.d. evidenza pubblica), mediante un affidamento privo di una qualche procedura formale o di un valido negozio giuridico: viene valorizzato quello che rimane di vantaggio pubblico (contendibile nella sua componente di effettiva misurazione), esponendo l’Amministrazione alla controprestazione dell’arricchimento (ex artt. 2041 e 2042 c.c.) in danno del soggetto obbligato (dipendente/amministratore) che abbia corrisposto al privato il prezzo dello scambio.
Merito
Ciò posto, la Sezione conduce alla soluzione:
- l’art. 194, comma 1, lett. e), del TUEL non si sofferma sulla validità del titolo quanto, diversamente, si sofferma sul termine ‘acquisizioni’, intendendo valorizzare l’apporto finale della prestazione senza badare al rapporto obbligatorio sottostante per l’Ente locale: i benefici per l’Ente e la sua comunità, aspetti tutti da rendicontare che devono entrare nel testo deliberativo, costituendo fonte di obbligazione (questa volta legittima) tra ente e fornitore/prestatore (ex 1173 c.c.);
- l’unico rapporto obbligatorio contemplato dalla procedura è quello, disciplinato dall’art. 191, comma 4, del TUEL, che intercorre «ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’art. 194, c.1, lett. e)», tra chi ha consentito la fornitura/prestazione e il terzo contraente: l’Amministrazione risulta estranea, avendo interrotto quell’immedesimazione organica in ragione della violazione della procedura di spesa;
- l’estraneità dell’Ente al rapporto obbligatorio comporta che eventuali invalidità del rapporto medesimo sono irrilevanti ai fini del riconoscimento, visto che la procedura non sana l’illegittima acquisizione del bene o servizio, non produce gli effetti negoziali del titolo mancante (determina a contrarre, provvedimento di affidamento, stipula del contratto in forma scritta) e non convalida il contratto nullo, esponendo l’interessato ad eventuali responsabilità erariali (vi è un obbligo di comunicazione alla Procura erariale)[13].
Traendo una conclusione, la deliberazione consiliare (una competenza esclusiva, impattando sugli equilibri di bilancio)[14] di riconoscimento ha, dunque, natura ricognitiva del presupposto (l’arricchimento per l’ente) ai fini dell’inserimento nel bilancio del debito irregolarmente assunto, ed è volta alla costituzione diretta del rapporto obbligatorio con l’Amministrazione[15] e non suppone una mera procedura di regolarizzazione contabile di un preesistente rapporto di debito/credito intercorrente tra l’Ente locale e la parte privata[16]: il riconoscimento del debito fonda la sua radice nell’arricchimento per l’Ente, trascurando ogni rapporto sottostante (contratto o altra causa di nullità di diritto civile)[17], sicché in mancanza di un’utilità contendibile (rectius dimostrabile) nulla sarà dovuto, avendo anche una (la deliberazione di riconoscimento) ulteriore finalità di accertare le cause che hanno originato l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali responsabilità (sotto diversi profili) per le irregolarità riscontrate[18].
Si comprende, allora, che non assume carattere ostativo al riconoscimento del debito la nullità del contratto di acquisizione tra PA e contraente privato per difetto della forma scritta, ove richiesta ad substantiam dalla vigente normativa, rilevando esclusivamente l’aspetto valutativo complessivo della vicenda in ordine all’interesse prodotto per la PA: remunerando il quantum acquisito di utilità pubblica (indennizzabilità dell’acquisizione come debito fuori bilancio)[19].
Eccezionalità della procedura
L’atto di riconoscimento[20] spetta al Consiglio comunale, ammanta il carattere eccezionale della competenza ed è espressione di un apprezzamento di carattere generale, dove si disputa la sostenibilità del debito sull’impatto finanziario delle casse comunali, assumendo un impegno futuro sul bilancio con l’individuazione delle risorse per farvi fronte (al debito), con i conseguenti provvedimenti di ripiano[21].
In questa solenne occasione, vi sarà una valutazione dell’organo consiliare (non degli organi tecnici)[22] in ordine alla potenziale esposizione dell’Ente, in caso di mancato riconoscimento, all’esercizio dell’azione di indebito arricchimento (in via diretta o indiretta), e, quindi, a eventuali contenziosi, capaci di generale altro debito e danno erariale: la motivazione assolve ad una funzione probatoria del merito e delle cautele osservate, anche nel perseguire coloro che indebitamente hanno agito non nell’interesse dell’Amministrazione.
L’azione di indebito arricchimento
Va segnalato, per quanto interessa, un filone giurisprudenziale che ritiene che l’azione diretta del fornitore nei confronti dell’Amministratore o funzionario che abbia consentito l’acquisizione di beni o servizi può essere esperita unicamente quando la delibera comunale sia priva dell’impegno contabile e della sua registrazione sul competente capitolo di bilancio e non anche nell’ipotesi in cui tali requisiti siano stati rispettati, ancorché sussista l’invalidità del contratto concluso dall’Ente locale per assenza di forma scritta, non potendo operare, in tali ipotesi, in caso di invalidità del titolo negoziale, il meccanismo di sostituzione nel rapporto obbligatorio previsto dalla legge.
Ne consegue che il fornitore può in tali circostanze promuovere l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’Ente comunale, nella ricorrenza dei presupposti di legge[23].
[1] Corte conti, sez. contr. Trentino-Alto Adige/Südtirol, Trento, 24 luglio 2018, n. 35.
[2] Cass. civ., sez. III, Ordinanza, 14 maggio 2024, n. 13159.
[3] Una obbligazione derivante ex lege, possibile anche con il semplice fatto di non opporsi alla prestazione o di facilitarne l’esecuzione equivalendo al consenso rilevante, Cass. civ., sez. I, Ordinanza, 24 luglio 2024, n. 20478.
[4] L’applicabilità della disciplina dell’art. 194 del d.lgs. n. 267/2000, dipende esclusivamente dalla riconducibilità del debito alle categorie tassativamente indicate al comma 1, lett. a) – e), indipendentemente dalla natura del titolo giuridico sotteso, Corte conti, sez. contr. Puglia, delibera, 10 aprile 2024, n. 52.
[5] Cass. civ., sez. II, Ordinanza, 6 maggio 2024, n. 12164.
[6] Cfr. Corte conti, sez. contr. Emilia-Romagna, delibera 27 maggio 2024, n. 43; sez. contr. Piemonte, delibera 22 dicembre 2023, n. 102; sez. contr. Calabria, delibera n. 173/2009/PAR.
[7] Corte dei conti, sez. contr. Lombardia, delibera 24 maggio 2024, n. 93.
[8] Cfr. Corte conti, delibere sez. contr. Puglia n. 26/2016/PAR; sez. contr. Trentino Alto Adige n. 35/2018/PAR; sez. contr. Lombardia n. 522/2010/PAR; sez. 4 contr. Calabria n. 173/2009/PAR; sez. contr. Veneto n. 461/2017/PRSP.
[9] Cfr. delibera Corte conti, sez. contr. Piemonte, delibera n. 20/2015/PAR.
[10] La ratio degli interventi normativi va ricondotta all’obiettivo di far emergere, in una logica di sanatoria ed entro termini temporali prestabiliti e nell’ottica di riequilibrio della gestione, i debiti fuori bilancio da intendersi quali residui “di fatto”, la cui diffusione determinava una alterazione della veridicità dei bilanci pubblici, Corte conti, sez. Enti locali, delibera n. 30 del 24 novembre 1986.
[11] Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2020, n. 711.
[12] Cfr. Corte conti, sez. contr. Campania, delibera n. 111/2021/PAR; sez. contr. Sicilia, delibera n. 178/2023/PAR.
[13] Cfr. Corte conti, sez. contr. Lombardia, delibera n. 118/2022/PAR.
[14] Cfr. Corte cost., 30 luglio 1997, n. 445.
[15] Cfr. Corte conti, sez. Autonomie, delibera n. 21/2018/QMIG.
[16] Cass. civ., SS.UU., 21 dicembre 2020, n. 2917.
[17] Cfr. Corte conti, sez. giur. Puglia, 21 luglio 2021, n. 668.
[18] Il Consiglio comunale può procedere al riconoscimento, ai sensi dell’art. 193, lett. e), del d.lgs. n. 267/2000, solo in presenza di particolari ragioni che vanno evidenziate nel testo della delibera e previo accertamento di eventuali responsabilità, anche al fine di evitare che si ripetano situazioni che denotano anomalie nella gestione contabile, Corte conti, sez. contr. Lombardia, delibera n. 528/2010/PRSE.
[19] Cfr. Corte conti, sez. giur. Piemonte, 14 novembre 2024, n. 123.
[20] È un atto negoziale di reintegrazione patrimoniale, avente pertanto carattere indennitario e non risarcitorio o corrispettivo, Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1994, n. 2544.
[21] La delibera consiliare di riconoscimento dei debiti fuori bilancio che non indica i mezzi finanziari a copertura delle nuove spese e i capitoli di spesa a cui i nuovi impegni sono imputati genera una grave irregolarità contabile, Corte conti, sez. contr. Liguria, delibera n. 86/2021/PRSP.
[22] In caso di violazione delle regole per il riconoscimento da parte del Consiglio, non è invocabile l’esimente politica, di cui all’art. 1, comma 1 ter della legge n. 20/1994, Corte conti, sez. giur. Calabria, 6 settembre 2016, n. 197.
[23] Cass. civ., sez. I, Ordinanza 28 ottobre 2024, n. 27814.