«Libero Pensatore» (sempre)

La sez. controllo Emilia Romagna della Corte dei Conti, con la Deliberazione n. 31 del 20 maggio 2019, interviene nel chiarire la corretta determinazione dei rimborsi spesa dei consiglieri (delegati o privi di delega), lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici, ove si considera la loro presenza come “necessaria” per le attività dell’Ente Locale, mutuando/ e/o estendendo la disciplina degli assessori a tali figure, pur prive di una loro collocazione giuridica (sotto l’aspetto considerato) nel D.Lgs. n. 267/2000 (Tuel).

Nel formulare la richiesta l’Amministrazione provinciale richiama un precedente che, con riguardo ai rimborsi viaggio, ex art. 84, comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000, ha ritenuto come “presenza necessaria”, una serie di fattispecie che non possono dar luogo a rimborso spese di viaggio, tra cui:

  1. in orario di ricevimento al pubblico affissi alla casa comunale e pubblicizzati sul sito istituzionale dell’ente;
  2. ad incontri con professionisti e cittadini per discutere su temi di interesse della comunità;
  3. per incontri con i Responsabili dei Servizi per individuazione obiettivi di Piano Performance e monitoraggio della relativa attuazione subordinata a convocazione e verbalizzazione delle sedute;
  4. a commissioni consiliari subordinata a convocazione e verbalizzazione delle sedute.

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Possibilità di rimborsi viaggio ai consiglieri provinciali delegati

Possibilità di rimborsi viaggio ai consiglieri provinciali delegati

La sez. controllo Emilia Romagna della Corte dei Conti, con la Deliberazione n. 31 del 20 maggio 2019, interviene nel chiarire la corretta determinazione dei rimborsi spesa dei consiglieri (delegati o privi di delega), lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici, ove si considera la loro presenza come “necessaria” per le attività dell’Ente Locale, mutuando/ e/o estendendo la disciplina degli assessori a tali figure, pur prive di una loro collocazione giuridica (sotto l’aspetto considerato) nel D.Lgs. n. 267/2000 (Tuel).

Nel formulare la richiesta l’Amministrazione provinciale richiama un precedente che, con riguardo ai rimborsi viaggio, ex art. 84, comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000, ha ritenuto come “presenza necessaria”, una serie di fattispecie che non possono dar luogo a rimborso spese di viaggio, tra cui:

  1. in orario di ricevimento al pubblico affissi alla casa comunale e pubblicizzati sul sito istituzionale dell’ente;
  2. ad incontri con professionisti e cittadini per discutere su temi di interesse della comunità;
  3. per incontri con i Responsabili dei Servizi per individuazione obiettivi di Piano Performance e monitoraggio della relativa attuazione subordinata a convocazione e verbalizzazione delle sedute;
  4. a commissioni consiliari subordinata a convocazione e verbalizzazione delle sedute.

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Le sez. Unite Civ. della Corte Cassazione, con ordinanza 16 maggio 2019, n. 13245, nel definire il riparto di giurisdizione per l’illecito utilizzo di denaro pubblico chiarisce le finalità pubbliche per il corretto esercizio dell’azione amministrativa quando viene concesso un contributo.

La questione nella sua essenzialità verte:

  • sulla condanna inflitta dalla Corte dei Conti ad un percettore di denaro pubblico (in conto capitale) mediante la produzione di documentazione falsa per l’ammissione al contributo;
  • l’eccezione sollevate dall’interessato sul difetto di giurisdizione del Giudice contabile (ex 362 cod. proc. civ), in assenza di una norma che sancisse espressamente l’assoggettabilità dei privati, percettori o utilizzatori di pubblici contributi, alla responsabilità amministrativa e alla giurisdizione contabile;
  • la disattesa eccezione effettuata dalla Corte dei Conti che rimarca – a contrario – la propria competenza ove vi sia uno sviamento dalle finalità perseguite nell’acquisizione a garanzia del bene, costituzionalmente tutelato, del buon funzionamento degli enti pubblici (ex 97 Cost.).

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Rapporto di servizio nell’illecito utilizzo di contributi pubblici e riparto di giurisdizione

Rapporto di servizio nell’illecito utilizzo di contributi pubblici e riparto di giurisdizione

Le sez. Unite Civ. della Corte Cassazione, con ordinanza 16 maggio 2019, n. 13245, nel definire il riparto di giurisdizione per l’illecito utilizzo di denaro pubblico chiarisce le finalità pubbliche per il corretto esercizio dell’azione amministrativa quando viene concesso un contributo.

La questione nella sua essenzialità verte:

  • sulla condanna inflitta dalla Corte dei Conti ad un percettore di denaro pubblico (in conto capitale) mediante la produzione di documentazione falsa per l’ammissione al contributo;
  • l’eccezione sollevate dall’interessato sul difetto di giurisdizione del Giudice contabile (ex 362 cod. proc. civ), in assenza di una norma che sancisse espressamente l’assoggettabilità dei privati, percettori o utilizzatori di pubblici contributi, alla responsabilità amministrativa e alla giurisdizione contabile;
  • la disattesa eccezione effettuata dalla Corte dei Conti che rimarca – a contrario – la propria competenza ove vi sia uno sviamento dalle finalità perseguite nell’acquisizione a garanzia del bene, costituzionalmente tutelato, del buon funzionamento degli enti pubblici (ex 97 Cost.).

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La prima sez. del T.A.R. Molise, con la sentenza n. 38 del 28 gennaio 2019, interviene per richiamare i principi dell’evidenza pubblica nella concessione di un bene pubblico in uso o in comodato: l’assegnazione diretta della gestione non è coerente con i principi dell’ordinamento giuridico, anche quando non siano presenti richieste di utilizzo del bene.

L’evidenza pubblica è lo strumento giuridico per l’assegnazione dei beni, e la pubblicità costituisce l’offerta al pubblico per la presentazione di proposte, avendo lo scopo di sollecitare il privato eventualmente silente.

I beni pubblici vanno concessi attraverso una procedura aperta, comparativa, trasparente mediante un interpello del mercato (c.d. call pubblica), trattandosi sempre di una risorsa che appartiene alla Comunità e che la Pubblica Amministrazione è chiamata, appunto, ad amministrare nell’interesse pubblico, di tutti.

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L’archetipo dell’evidenza pubblica per la concessione di una tartufaia ad uso gratuito

L’archetipo dell’evidenza pubblica per la concessione di una tartufaia ad uso gratuito

La prima sez. del T.A.R. Molise, con la sentenza n. 38 del 28 gennaio 2019, interviene per richiamare i principi dell’evidenza pubblica nella concessione di un bene pubblico in uso o in comodato: l’assegnazione diretta della gestione non è coerente con i principi dell’ordinamento giuridico, anche quando non siano presenti richieste di utilizzo del bene.

L’evidenza pubblica è lo strumento giuridico per l’assegnazione dei beni, e la pubblicità costituisce l’offerta al pubblico per la presentazione di proposte, avendo lo scopo di sollecitare il privato eventualmente silente.

I beni pubblici vanno concessi attraverso una procedura aperta, comparativa, trasparente mediante un interpello del mercato (c.d. call pubblica), trattandosi sempre di una risorsa che appartiene alla Comunità e che la Pubblica Amministrazione è chiamata, appunto, ad amministrare nell’interesse pubblico, di tutti.

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