«Libero Pensatore» (sempre)

Nell’erogazione di servizi pubblici, la cura dei morti (servizio pubblico generalmente erogato dalle Aziende sanitarie) dovrebbe costituire un’attività aliena da speculazioni, attenta al contesto di fragilità, invece di costituire l’opportunità per “arrotondamento” (procacciamento) indebito da parte del personale infedele; personale disposto ad espletare il servizio nella camera mortuaria, agevolando gli operatori economici (imprese di pompe funebri) nell’individuare i clienti: una pratica malsana, non infrequente alle cronache giudiziarie.

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L’illecita cura dei morti

L’illecita cura dei morti

Nell’erogazione di servizi pubblici, la cura dei morti (servizio pubblico generalmente erogato dalle Aziende sanitarie) dovrebbe costituire un’attività aliena da speculazioni, attenta al contesto di fragilità, invece di costituire l’opportunità per “arrotondamento” (procacciamento) indebito da parte del personale infedele; personale disposto ad espletare il servizio nella camera mortuaria, agevolando gli operatori economici (imprese di pompe funebri) nell’individuare i clienti: una pratica malsana, non infrequente alle cronache giudiziarie.

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Il rilascio di un titolo edilizio, in generale, è soggetto al versamento di un contributo articolato su due componenti, oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria) e costo di costruzione, quantum determinato al momento del rilascio del titolo edilizio[1], suscettibile di rideterminazione quando intervenga la scadenza del permesso di costruire con un suo rinnovo o una variante al titolo edilizio che incrementi il carico urbanistico, oppure quando, nell’adozione del primitivo provvedimento di determinazione, vi sia stato un errore nel calcolo del contributo rispetto alla situazione di fatto ed alla disciplina vigente al momento[2].

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Mancata restituzione degli oneri di urbanizzazione

Mancata restituzione degli oneri di urbanizzazione

Il rilascio di un titolo edilizio, in generale, è soggetto al versamento di un contributo articolato su due componenti, oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria) e costo di costruzione, quantum determinato al momento del rilascio del titolo edilizio[1], suscettibile di rideterminazione quando intervenga la scadenza del permesso di costruire con un suo rinnovo o una variante al titolo edilizio che incrementi il carico urbanistico, oppure quando, nell’adozione del primitivo provvedimento di determinazione, vi sia stato un errore nel calcolo del contributo rispetto alla situazione di fatto ed alla disciplina vigente al momento[2].

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Gli accordi di pianificazione urbanistica costituiscono modelli di governance del territorio, con ampio margine di discrezionalità, attuativi dei principi costituzionali di partecipazione e sussidiarietà, che ammettono il partenariato pubblico – privato nel perseguimento dell’interesse pubblico generale ad un regolare, armonico e sostenibile sviluppo economico – sociale di un territorio, garantendo un equilibrato scambio di utilità tra la Pubblica Amministrazione, titolare di una potestà pubblica di cura e promozione collettiva (ex art. 3, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000, e il privato, ossia il promotore/attuatore, portatore di bisogni (interessi) individuali di natura economica (contendibile) e dai contorni trasmissibili dei diritti, estrinsecazione dello ius aedificandi, anche in relazione alla “funzione sociale” della proprietà (ex artt. 41 e 42 Cost.).

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L’interpretazione degli accordi

L’interpretazione degli accordi

Gli accordi di pianificazione urbanistica costituiscono modelli di governance del territorio, con ampio margine di discrezionalità, attuativi dei principi costituzionali di partecipazione e sussidiarietà, che ammettono il partenariato pubblico – privato nel perseguimento dell’interesse pubblico generale ad un regolare, armonico e sostenibile sviluppo economico – sociale di un territorio, garantendo un equilibrato scambio di utilità tra la Pubblica Amministrazione, titolare di una potestà pubblica di cura e promozione collettiva (ex art. 3, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000, e il privato, ossia il promotore/attuatore, portatore di bisogni (interessi) individuali di natura economica (contendibile) e dai contorni trasmissibili dei diritti, estrinsecazione dello ius aedificandi, anche in relazione alla “funzione sociale” della proprietà (ex artt. 41 e 42 Cost.).

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La sez. I del TAR Sardegna, con la sentenza 27 aprile 2024, n. 342, interviene sulla formazione del silenzio inadempimento e sulle relazioni tra obbligo di provvedere e facoltà di provvedere, precisando le dovute posizioni rispetto al termine di pronunciarsi a seguito di una segnalazione di inquinamento acustico – ambientale: l’omissione un solare inadempimento.

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La formazione del silenzio inadempimento sulle segnalazioni di inquinamento acustico/ambientale

La formazione del silenzio inadempimento sulle segnalazioni di inquinamento acustico/ambientale

La sez. I del TAR Sardegna, con la sentenza 27 aprile 2024, n. 342, interviene sulla formazione del silenzio inadempimento e sulle relazioni tra obbligo di provvedere e facoltà di provvedere, precisando le dovute posizioni rispetto al termine di pronunciarsi a seguito di una segnalazione di inquinamento acustico – ambientale: l’omissione un solare inadempimento.

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È noto che le convenzioni urbanistiche sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’Amministrazione locale realizza esclusivamente finalità istituzionali, nel corretto esercizio del potere (ampiamente discrezionale, espressione massima della politica) di pianificazione del territorio[1], rilevando che i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, sicché la convenzione urbanistica non ha una specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti, bensì si configura come accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante, quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia[2].

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Mancato trasferimento di aree di lottizzazione

Mancato trasferimento di aree di lottizzazione

È noto che le convenzioni urbanistiche sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’Amministrazione locale realizza esclusivamente finalità istituzionali, nel corretto esercizio del potere (ampiamente discrezionale, espressione massima della politica) di pianificazione del territorio[1], rilevando che i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, sicché la convenzione urbanistica non ha una specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti, bensì si configura come accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante, quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia[2].

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La mancata assegnazione dell’alloggio

La sez. II del TAR Piemonte, con la sentenza 4 aprile 2022 n. 316, accoglie la richiesta di risarcimento del danno derivante dal diniego (illegittimo) di assegnazione di un alloggio di edilizia sociale.

La questione prende l’avvio dalla mancata consegna (ripetuti dinieghi) di un alloggio di emergenza abitativa da parte di un Ente locale, giustificata dalla morosità pregressa (una precedente assegnazione), dal sovradimensionamento dell’immobile di proprietà rispetto al nucleo, dalla dichiarazione ISEE non veritiera, tutte condizioni che certificavano la mancanza dei requisiti richiesti dalla disciplina regolamentare, oltre (riferiva l’Ente civico) la mancata collaborazione partecipativa del richiedente.

Successivamente, a seguito di una sentenza favorevole alla parte ricorrente, l’Ente assegnava un’abitazione e sottoscriveva il relativo contratto.

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Risarcimento derivante dal diniego dell’assegnazione di alloggio

Risarcimento derivante dal diniego dell’assegnazione di alloggio

La mancata assegnazione dell’alloggio

La sez. II del TAR Piemonte, con la sentenza 4 aprile 2022 n. 316, accoglie la richiesta di risarcimento del danno derivante dal diniego (illegittimo) di assegnazione di un alloggio di edilizia sociale.

La questione prende l’avvio dalla mancata consegna (ripetuti dinieghi) di un alloggio di emergenza abitativa da parte di un Ente locale, giustificata dalla morosità pregressa (una precedente assegnazione), dal sovradimensionamento dell’immobile di proprietà rispetto al nucleo, dalla dichiarazione ISEE non veritiera, tutte condizioni che certificavano la mancanza dei requisiti richiesti dalla disciplina regolamentare, oltre (riferiva l’Ente civico) la mancata collaborazione partecipativa del richiedente.

Successivamente, a seguito di una sentenza favorevole alla parte ricorrente, l’Ente assegnava un’abitazione e sottoscriveva il relativo contratto.

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