«Libero Pensatore» (sempre)

La trasparenza deve trovare un proprio riscontro istruttorio nel processo decisionale (la motivazione), e, allo stesso tempo, la trasparenza viene assolta con la pubblicazione/diffusione dei dati, informazione e documenti e la partecipazione al procedimento (accesso partecipativo e documentale), secondo il modello FOIA, la legge del procedimento amministrativo e del diritto di accesso.

Nel video un primo intervento sulla trasparenza

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Trasparenza e motivazione a presidio della legalità

Trasparenza e motivazione a presidio della legalità

La trasparenza deve trovare un proprio riscontro istruttorio nel processo decisionale (la motivazione), e, allo stesso tempo, la trasparenza viene assolta con la pubblicazione/diffusione dei dati, informazione e documenti e la partecipazione al procedimento (accesso partecipativo e documentale), secondo il modello FOIA, la legge del procedimento amministrativo e del diritto di accesso.

Nel video un primo intervento sulla trasparenza

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Il caso

La sez. Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza 9 luglio 2021, n. 19588, interviene sui doveri di condotta, profili che si possono paragonare anche a quelli del dipendente pubblico, dove l’obbligo di fedeltà, ex art. 2015 cod. civ., deve conciliarsi con il mantenimento di un comportamento corretto e trasparente verso il datore di lavoro, specie quando la violazione è immediatamente percepibile ex se come illecita[1].

La questione affronta il licenziamento per giusta causa di un dipendente che avrebbe consentito in qualità di impiegato responsabile «numerose operazioni irregolari in posizione di conflitto di interessi… senza effettuare le dovute valutazioni ai fini della normativa antiriciclaggio».

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Operazione di riciclaggio e c.d. minimo etico

Operazione di riciclaggio e c.d. minimo etico

Il caso

La sez. Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza 9 luglio 2021, n. 19588, interviene sui doveri di condotta, profili che si possono paragonare anche a quelli del dipendente pubblico, dove l’obbligo di fedeltà, ex art. 2015 cod. civ., deve conciliarsi con il mantenimento di un comportamento corretto e trasparente verso il datore di lavoro, specie quando la violazione è immediatamente percepibile ex se come illecita[1].

La questione affronta il licenziamento per giusta causa di un dipendente che avrebbe consentito in qualità di impiegato responsabile «numerose operazioni irregolari in posizione di conflitto di interessi… senza effettuare le dovute valutazioni ai fini della normativa antiriciclaggio».

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Gli incentivi per le funzioni tecniche sono catalogati nell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 e attengono a quelle attività aggiuntive che presentano una “particolare complessità” tale da richiedere un quid ulteriore, tipica espressione di quelle prestazioni professionali e specialistiche che esigono un grado di capacità che va oltre all’ordinaria, valutazione rimessa all’Amministrazione e specificatamente al Responsabile del procedimento, individuato nel titolare della competenza: il dirigente, ovvero colui che assume le funzioni dirigenziali negli enti privi della dirigenza o responsabile del servizio[1].

In questo senso, la disciplina si presenta derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione, non costituiscono spesa per il personale ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la nuova normativa dell’art. 33, comma 2 del d.l. n. 34/2019 (e ss.mm.ii)[2], da considerarsi di stretta interpretazione non suscettibile di estensione analogica, dovendo rientrare in una previsione regolamentare e in presenza di una procedura di gara.

Allo stesso tempo, l’adozione del regolamento risulta una condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo[3], giacché – nella sistematicità della legge – il regolamento è la fonte destinata ad individuare le modalità ed i criteri della ripartizione, oltre alla percentuale, che comunque non può superare il tetto massimo fissato dalla legge[4].

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Gli incentivi per funzioni tecniche tra affidamenti diretti informali e comparazioni formali, cercando una nozione compatibile di “gara”

Gli incentivi per funzioni tecniche tra affidamenti diretti informali e comparazioni formali, cercando una nozione compatibile di “gara”

Gli incentivi per le funzioni tecniche sono catalogati nell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 e attengono a quelle attività aggiuntive che presentano una “particolare complessità” tale da richiedere un quid ulteriore, tipica espressione di quelle prestazioni professionali e specialistiche che esigono un grado di capacità che va oltre all’ordinaria, valutazione rimessa all’Amministrazione e specificatamente al Responsabile del procedimento, individuato nel titolare della competenza: il dirigente, ovvero colui che assume le funzioni dirigenziali negli enti privi della dirigenza o responsabile del servizio[1].

In questo senso, la disciplina si presenta derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione, non costituiscono spesa per il personale ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la nuova normativa dell’art. 33, comma 2 del d.l. n. 34/2019 (e ss.mm.ii)[2], da considerarsi di stretta interpretazione non suscettibile di estensione analogica, dovendo rientrare in una previsione regolamentare e in presenza di una procedura di gara.

Allo stesso tempo, l’adozione del regolamento risulta una condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo[3], giacché – nella sistematicità della legge – il regolamento è la fonte destinata ad individuare le modalità ed i criteri della ripartizione, oltre alla percentuale, che comunque non può superare il tetto massimo fissato dalla legge[4].

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La sez. controllo Liguria della Corte dei Conti, con la delibera n. 28 del 27 marzo 2020, risponde (ritenendolo inammissibile) ad un quesito di un’Amministrazione locale vertente sull’applicabilità, ad una fondazione, della normativa in materia di contratti pubblici e di assunzione del personale.

Nel caso di specie, l’Amministrazione:

  • detiene una partecipazione in una Fondazione “Teatro sociale di onlus”, senza scopo di lucro, che «persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale nel campo della tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089 e della promozione della cultura e dell’arte (art. 10 c. 1 lett. a) n. 7 e n. 9 D.lgs. 4.12.1997)»;
  • la fondazione ha gestito la ristrutturazione dell’immobile del teatro, impiegando circa € 7.000.000 di fondi pubblici e che la stessa ha percepito, nel periodo 2018 – 2019, contributi in conto spese pari a circa € 100.000, corrisposti dai Comuni aderenti.

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La fondazione in partecipazione, organismo di diritto pubblico (e sedute in videoconferenza ai tempi del COVID-19)

La fondazione in partecipazione, organismo di diritto pubblico (e sedute in videoconferenza ai tempi del COVID-19)

La sez. controllo Liguria della Corte dei Conti, con la delibera n. 28 del 27 marzo 2020, risponde (ritenendolo inammissibile) ad un quesito di un’Amministrazione locale vertente sull’applicabilità, ad una fondazione, della normativa in materia di contratti pubblici e di assunzione del personale.

Nel caso di specie, l’Amministrazione:

  • detiene una partecipazione in una Fondazione “Teatro sociale di onlus”, senza scopo di lucro, che «persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale nel campo della tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089 e della promozione della cultura e dell’arte (art. 10 c. 1 lett. a) n. 7 e n. 9 D.lgs. 4.12.1997)»;
  • la fondazione ha gestito la ristrutturazione dell’immobile del teatro, impiegando circa € 7.000.000 di fondi pubblici e che la stessa ha percepito, nel periodo 2018 – 2019, contributi in conto spese pari a circa € 100.000, corrisposti dai Comuni aderenti.

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La terza sez. Bari del T.A.R. Puglia, con la sentenza 6 febbraio 2020 n. 205, interviene per definire i caratteri dell’organismo di diritto pubblico, analizzando le modalità di gestione di eventi fieristici da parte di una società privata.

La figura dell’“organismo di diritto pubblico” è stata introdotta nell’ordinamento nazionale per allargare la nozione di “Amministrazione aggiudicatrice” tenuta o meno al rispetto delle regole di evidenza pubblica nell’affidamento di pubbliche commesse, facendo ricorso a criteri elastici di definizione che trovano la propria collocazione nell’art. 3, comma 1, lettera d) del D.lgs. n. 50/2016, trattando in tale definizione «qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV:

1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale (c.d. requisito teleologico);

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Organismo di diritto pubblico e gestione di servizi fieristici

Organismo di diritto pubblico e gestione di servizi fieristici

La terza sez. Bari del T.A.R. Puglia, con la sentenza 6 febbraio 2020 n. 205, interviene per definire i caratteri dell’organismo di diritto pubblico, analizzando le modalità di gestione di eventi fieristici da parte di una società privata.

La figura dell’“organismo di diritto pubblico” è stata introdotta nell’ordinamento nazionale per allargare la nozione di “Amministrazione aggiudicatrice” tenuta o meno al rispetto delle regole di evidenza pubblica nell’affidamento di pubbliche commesse, facendo ricorso a criteri elastici di definizione che trovano la propria collocazione nell’art. 3, comma 1, lettera d) del D.lgs. n. 50/2016, trattando in tale definizione «qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV:

1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale (c.d. requisito teleologico);

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