«Libero Pensatore» (sempre)

Nell’erogazione di servizi pubblici, la cura dei morti (servizio pubblico generalmente erogato dalle Aziende sanitarie) dovrebbe costituire un’attività aliena da speculazioni, attenta al contesto di fragilità, invece di costituire l’opportunità per “arrotondamento” (procacciamento) indebito da parte del personale infedele; personale disposto ad espletare il servizio nella camera mortuaria, agevolando gli operatori economici (imprese di pompe funebri) nell’individuare i clienti: una pratica malsana, non infrequente alle cronache giudiziarie.

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L’illecita cura dei morti

L’illecita cura dei morti

Nell’erogazione di servizi pubblici, la cura dei morti (servizio pubblico generalmente erogato dalle Aziende sanitarie) dovrebbe costituire un’attività aliena da speculazioni, attenta al contesto di fragilità, invece di costituire l’opportunità per “arrotondamento” (procacciamento) indebito da parte del personale infedele; personale disposto ad espletare il servizio nella camera mortuaria, agevolando gli operatori economici (imprese di pompe funebri) nell’individuare i clienti: una pratica malsana, non infrequente alle cronache giudiziarie.

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La sez. giurisdizionale Lombardia della Corte dei conti, con la sentenza n. 190 del 6 dicembre 2024, condanna un amministratore locale per l’uso improprio dei permessi per l’esercizio delle funzioni amministrative, ex art. 79 del d.lgs. n. 267/2000: un abuso in assenza dei requisiti di legge, ovvero false attestazioni dell’effettivo esercizio del mandato nei giorni richiesti, oltre ad altri profili di danno[1].

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L’eccesso improprio di permessi e altri reati

L’eccesso improprio di permessi e altri reati

La sez. giurisdizionale Lombardia della Corte dei conti, con la sentenza n. 190 del 6 dicembre 2024, condanna un amministratore locale per l’uso improprio dei permessi per l’esercizio delle funzioni amministrative, ex art. 79 del d.lgs. n. 267/2000: un abuso in assenza dei requisiti di legge, ovvero false attestazioni dell’effettivo esercizio del mandato nei giorni richiesti, oltre ad altri profili di danno[1].

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La sez. staccata Latina del TAR Lazio, con la sentenza 20 maggio 2024 n. 352, estende il diritto di accesso del consigliere comunale oltre ogni limite, al punto da consentire una presa visione degli atti concorsuali in itinere, ingerendosi sul procedimento di scelta del dipendente pubblico, dove la procedura selettiva esige da una parte, la certezza dell’anonimato delle prove, dall’altra, la trasparenza delle procedure a tutela dell’interesse pubblico del buon andamento e dell’imparzialità (ex art. 97 Cost.), specie in un’area a rischio corruttivo, individuata direttamente dal legislatore, ai sensi della lettera d), del comma 16, dell’art. 1 della legge n. 190/2012, «concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale»)[1].

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ll diritto troppo espanso del consigliere comunale

ll diritto troppo espanso del consigliere comunale

La sez. staccata Latina del TAR Lazio, con la sentenza 20 maggio 2024 n. 352, estende il diritto di accesso del consigliere comunale oltre ogni limite, al punto da consentire una presa visione degli atti concorsuali in itinere, ingerendosi sul procedimento di scelta del dipendente pubblico, dove la procedura selettiva esige da una parte, la certezza dell’anonimato delle prove, dall’altra, la trasparenza delle procedure a tutela dell’interesse pubblico del buon andamento e dell’imparzialità (ex art. 97 Cost.), specie in un’area a rischio corruttivo, individuata direttamente dal legislatore, ai sensi della lettera d), del comma 16, dell’art. 1 della legge n. 190/2012, «concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale»)[1].

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La sez. III Quater, del TAR Lazio, Roma, con la sentenza 11 aprile 2024 n. 7105, interviene per negare l’accesso ai dati attinenti agli effetti avversi delle inoculazioni (punture) del vaccino anti Covid-19/SARS-CoV-2 in un determinato ambito territoriale, basando il diniego (ritenuto) legittimo dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) su un aspetto di natura procedimentale non attinente a documenti formati (ossia, sull’esigenza di una elaborazione) e sulla loro natura riservata.

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L’accesso negato ai dati Covid-19

L’accesso negato ai dati Covid-19

La sez. III Quater, del TAR Lazio, Roma, con la sentenza 11 aprile 2024 n. 7105, interviene per negare l’accesso ai dati attinenti agli effetti avversi delle inoculazioni (punture) del vaccino anti Covid-19/SARS-CoV-2 in un determinato ambito territoriale, basando il diniego (ritenuto) legittimo dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) su un aspetto di natura procedimentale non attinente a documenti formati (ossia, sull’esigenza di una elaborazione) e sulla loro natura riservata.

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La sez. giur. Veneto della Corte dei Conti, con la sentenza n. 341 del 19 dicembre 2022 (relatore Consigliere Massa), interviene per condannare un economo e responsabile dell’ufficio finanziario di un Ente locale per l’indebita appropriazione di somme prelevate dal bilancio comunale (autoliquidazione di compensi aggiuntivi allo stipendio, operazioni di cassa ed economali) nell’arco di alcuni anni (sino alla data del suo trasferimento presso altra PA): un accertamento della responsabilità erariale, una palmare infedeltà (in violazione degli artt. 97 e 98 Cost.).

Fatti

I fatti sono emersi a seguito di verifiche contabili in chiusura di esercizio e dell’avvio di un procedimento penale per ipotesi di peculato (ex art. 314 c.p., ossia sottrazione di denaro pubblico), con misura cautelare e sequestro preventivo del profitto del reato (seguiva condanna alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ed incapacità di contrattare con la PA, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, e confisca dei beni).

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Danno erariale per l’appropriazione indebita di somme del bilancio

Danno erariale per l’appropriazione indebita di somme del bilancio

La sez. giur. Veneto della Corte dei Conti, con la sentenza n. 341 del 19 dicembre 2022 (relatore Consigliere Massa), interviene per condannare un economo e responsabile dell’ufficio finanziario di un Ente locale per l’indebita appropriazione di somme prelevate dal bilancio comunale (autoliquidazione di compensi aggiuntivi allo stipendio, operazioni di cassa ed economali) nell’arco di alcuni anni (sino alla data del suo trasferimento presso altra PA): un accertamento della responsabilità erariale, una palmare infedeltà (in violazione degli artt. 97 e 98 Cost.).

Fatti

I fatti sono emersi a seguito di verifiche contabili in chiusura di esercizio e dell’avvio di un procedimento penale per ipotesi di peculato (ex art. 314 c.p., ossia sottrazione di denaro pubblico), con misura cautelare e sequestro preventivo del profitto del reato (seguiva condanna alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ed incapacità di contrattare con la PA, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, e confisca dei beni).

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  1. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico. 2. Il reato. 3. L’urbanistica. 4. La condotta corruttiva. 5. La quantificazione del danno d’immagine. 6. La difesa. 7. Il principio ne bis in idem. 8. Il danno d’immagine. 9. Sulla retroattività del criterio di quantificazione del danno. 10. Piena cognizione del giudice contabile.
  2. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico

La sez. giur. Lombardia della Corte dei Conti, con la sentenza n. 254 del 9 novembre 2022, interviene per condannare un amministratore locale al danno d’immagine (con conversione in pignoramento del sequestro conservativo su richiesta della Procura contabile ante causam), e relativo risarcimento, a favore del Comune in relazione ad una condotta corruttiva, consistente in un accordo con il privato in ambito urbanistico (l’illecita condotta nel c.d. mettersi “a disposizione”)[1], a seguito di condanna definitiva alla pena detentiva di anni tre di reclusione per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, di cui all’art. 319 c.p. commesso in qualità di assessore comunale all’urbanistica.

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Condotta illecita dell’assessore all’urbanistica e danno d’immagine

Condotta illecita dell’assessore all’urbanistica e danno d’immagine
  1. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico. 2. Il reato. 3. L’urbanistica. 4. La condotta corruttiva. 5. La quantificazione del danno d’immagine. 6. La difesa. 7. Il principio ne bis in idem. 8. Il danno d’immagine. 9. Sulla retroattività del criterio di quantificazione del danno. 10. Piena cognizione del giudice contabile.
  2. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico

La sez. giur. Lombardia della Corte dei Conti, con la sentenza n. 254 del 9 novembre 2022, interviene per condannare un amministratore locale al danno d’immagine (con conversione in pignoramento del sequestro conservativo su richiesta della Procura contabile ante causam), e relativo risarcimento, a favore del Comune in relazione ad una condotta corruttiva, consistente in un accordo con il privato in ambito urbanistico (l’illecita condotta nel c.d. mettersi “a disposizione”)[1], a seguito di condanna definitiva alla pena detentiva di anni tre di reclusione per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, di cui all’art. 319 c.p. commesso in qualità di assessore comunale all’urbanistica.

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