La prima sezione del T.A.R. Veneto, con la sentenza n.826 del 16 marzo 2010, ha affrontato la delicata materia delle riprese audio-visive a seguito del ricorso presentato da alcuni consiglieri che si sono visti negare le registrazione (ergo pubblicità dei lavori consiliari) di una seduta consiliare da parte del Presidente del Consiglio (sulla base dei poteri conferiti dalla legge).
Le argomentazioni dei consiglieri
Le richieste addotte a fondamento del ricorso richiamavano:
a. il concetto di “trasparenza” dell’attività amministrativa, e in particolare quella attinente ai “rapporti politici” disciplinati dal Titolo IV, della Costituzione (ex artt. 48 – 54 Cost.) secondo cui “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di esercitarle con disciplina e onore”, dovendo sostenere che ogni limitazione del diritto di informazione strumentale alla partecipazione, ingiustificatamente (in quanto non sorretto da esigenze di tutela di interessi costituzionalmente prevalenti), costituisce grave violazione del dovere di disciplina;
b. in assenza di un regolamento dispositivo sulla questione varrebbero i principi generali dell’ordinamento, secondo cui vanno trattati in seduta segreta gli argomenti posti all’o.d.g., riguardanti specificatamente persone individuate o facilmente individuabili (cioè, quando si tratta questioni di natura personale e la decisione dipenda dalla valutazione discrezionale che di esso siano chiamati a dare i componenti dell’organo collegiale mentre la seduta dovrebbe tornare ad essere pubblica quando il tema attenga a profili d’interesse pubblico, anche se riferibili a soggetti ben individuati, si evidenzia);
c. la video-riproduzione dovrebbe essere consentita in assenza di espressi divieti, atteso che è consentito/lecito tutto ciò che non è vietato;
d. non esisterebbe una tutela dell’immagine del singolo consigliere quando la discussione si appresta ad essere di natura squisitamente pubblica (rectius di interesse pubblico), pur interessando direttamente la posizione personale d’un soggetto individuato o facilmente individuabile;
e. il consigliere esercitando la funzione assegnatagli dalla legge diventerebbe personaggio “pubblico”, per cui il normale diritto alla c.d. privacy resta attenuato, essendo cedevole rispetto al concorrente diritto del cittadino di essere informato dell’attività dei consiglieri eletti;
f. la funzione del Presidente della seduta (Sindaco o Presidente del Consiglio Comunale) sarebbe quella di assicurarne il regolare e pacifico svolgimento dei lavori (ex art.39 del Dec. Lgs. 267 del 2000) che non verrebbe compromesso dalle dalla ripresa e registrazione.
g. l’unico scopo della ripresa-registrazione sarebbe quello di assicurare la documentazione della seduta, all’unico fine di informarne i cittadini, con formale impegno degli operatori (di cui dovranno essere indicate le complete generalità) di non servirsi del materiale raccolto per fini di lucro e/o di vantaggio economico, sia personale che del gruppo d’appartenenza;
h. un divieto potrebbe argomentarsi solo in presenza di una seduta segreta.
Piena legittimazione dei consiglieri
L’amministrazione resistente poneva, come primo motivo difensivo, la mancanza di legittimazione dei singoli consiglieri all’impugnazione del diniego alla video-ripresa dei lavori del Consiglio Comunale, in quanto tale atto non inciderebbe, di per sé, sul diritto alla funzione del consigliere comunale, secondo il ben noto discrimine enunciato in via generale dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2001 n. 358); tesi respinta “posto che la videoripresa della seduta dell’organo consiliare per certo costituisce una forma di documentazione delle modalità di esercizio del munus di ciascun consigliere comunale e – pertanto – altrettanto assodatamente sostanzia un interesse in capo ai consiglieri comunali a veder diffusa nella collettività l’attività da loro svolta; né va sottaciuto che la possibilità, garantita senza discriminazioni di sorta a ciascuno degli eletti, di poter visionare i filmati delle precedenti sedute consiliari può costituire un supporto documentale utile per richiamare alla memoria il contenuto di precedenti dibattiti ovvero di decisioni già assunte, rendendo in tal modo più agevole lo svolgimento del mandato ricevuto dal corpo elettorale” (Cfr. T.A.R. Veneto, sez.II, 24 febbraio 2010, n.528).
Riprese ammissibili con Regolamento o autorizzazione del Presidente del consiglio
Il Tribunale regionale, in prima battuta, richiama una pronuncia del Garante risalente all’11 marzo 2002, con la quale si stabilisce che:
a. è consentito alle pubbliche amministrazioni di trattare taluni dati di carattere sensibile (quali ad esempio le opinioni espresse dai consiglieri nell’ambito delle sedute) nei limiti in cui ciò risulti necessario ad assicurare il rispetto del principio di pubblicità dell’attività istituzionale, fermo restando comunque quanto previsto dall’art. 23 comma 4, della legge n. 675 del 1996 (ex ante Codice c.d. riservatezza ex Dec. Lgs. n.196 del 2003) per i dati idonei a rivelare lo stato di salute;
b. gli articoli 10 e 38 del T.U.E.L. garantiscono espressamente la pubblicità degli atti e delle sedute del consiglio comunale.
c. il regolamento sancisce le modalità e gli eventuali limiti al regime di pubblicità delle sedute consiliari, intendendo per ciò anche le ipotesi di riprese televisive;
d. sussiste una obbligo di informare i partecipanti alla seduta dell’esistenza delle telecamere, della successiva diffusione delle immagini (precisando, eventualmente, anche i tempi e le modalità di programmazione dei servizi), nonché degli altri elementi previsti dall’art.10 della Legge n.675;
e. la diffusione delle immagini delle sedute comunali da parte della televisione locali deve ritenersi in generale consentita, anche senza il consenso degli interessati, sulla base di quanto disposto dall’art. 25 della legge n.675 e dal Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica;
f. sussiste un diritto degli interessati di prendere visione delle riprese effettuate durante le sedute consiliari.
Dalla lettura del testo redatto dal Garante emerge che le riprese televisive devono essere disciplinate dal regolamento, ovvero nel regolamento del consiglio si possono stabilire i limiti e le modalità delle riprese; argomentazione confermata anche da un parere del Ministero dell’Interno (datato 20 dicembre 2004) ove si legge che “in assenza di una esplicita previsione regolamentare, l’ammissione della registrazione può essere regolata, caso per caso, dal Presidente” dell’organo consiliare nell’esercizio dei poteri di direzione dei lavori dell’assemblea medesima, “in stretta correlazione alle esigenze di ordinato svolgimento dell’attività consiliare”.
(ESTRATTO, Videoriprese dei lavori consiliari, La Gazzetta degli enti locali, 25 marzo 2010).